Nel dibattito finale prima del voto, il candidato repubblicano non ce la fa a sembrare presidenziale. E minaccia di non accettare il risultato della consultazione elettorale

È più forte di lui. Donald Trump non ce la fa a sembrare presidenziale nemmeno quando si impegna. Nell'ultimo dei tre dibattiti presidenziali, in quello che avrebbe dovuto essere il momento della rimonta, a domanda specifica del giornalista Chris Wallace dell'emittente conservatrice Fox News, Trump risponde che si riserva il diritto di non accettare il risultato delle elezioni presidenziali.

«Vi lascerò col fiato sospeso», ha sottolineato, mettendo così in dubbio l'intero sistema elettorale americano, ovvero il Dna della democrazia più importante del mondo. Erano giorni che continuava a sostenere che le elezioni potrebbero essere manipolate e subire brogli elettorali. Inevitabile la domanda. Negativamente esplosiva la riposta. Che anziché riscattare l'uomo dalle ultime due settimane di sondaggi in caduta libera ne sottolinea il carattere emotivo e rancoroso. E diventa l'ennesima ragione per cui la stampa americana invita a non votarlo.

[[ge:rep-locali:espresso:285236144]]Dibattito chiuso. Tutti le altre questioni passano automaticamente in secondo piano. Ed è un peccato perché per una volta il dibattito, almeno nella prima mezz'ora, aveva assunto l'aspetto di uno scontro tradizionale tra candidati presidenziali su posizioni notoriamente opposte. Aborto, immigrazione, controllo delle armi e scelta dei giudici costituzionali: questi i temi iniziali del confronto in cui Trump, in netto e scontato contrasto con Clinton, si era addentrato sostenendo in modo pacato, per una volta, posizioni tipiche del partito repubblicano.

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Ovvero: scelta di giudici conservatori che smantelleranno il diritto all'aborto su scala nazionale e lo renderanno una questione statale; nessun controllo sulla vendita delle armi nonostante i continui massacri di ragazzi e bambini; un muro con il Messico che tenga alla larga dal Paese gli “hombre” cattivi.

Ma poi a partire dalla politica estera, passando per la questione del trattamento delle donne per arrivare alla gestione dell'economia, Trump ha iniziato a perdere la calma mentre Clinton, in completo giacca e pantaloni bianco, glaciale e sorridente come sempre, la consolidava. E ha ricominciato a mentire (l'economia americana, ad esempio, ben lungi dall'essere in declino, è in ripresa), a interrompere l'avversaria con i suoi “non vero” e a tirare su con il naso.
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Non ha riconosciuto il fatto ormai acclarato che la Russia abbia cercato di interferire nella campagna presidenziale americana hackerando i siti e le email dei democratici. Ha invece sostenuto di non sapere se sia stata la Russia o un altro Paese, aggiungendo che sì, condannava tali azioni ma che in ogni caso Vladimir Putin ha una considerazione maggiore di lui di quanto non abbia di Clinton che «ha surclassato in intelligenza in ogni modo». Nel fare un simile commento ha però servito un destro perfetto a Clinton che ha controbattuto che «Putin preferirebbe in effetti un suo fantoccio alla Casa Bianca».
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Hillary, nonostante la preparazione (finalmente!) del rivale e a dispetto di quel solito atteggiamento aggressivo e strafottente non gli ha concesso mai un momento di tregua, rispondendo punto su punto, e affrontando gli insulti e le falsità con astuzia. Ha così dimostrato di avere la tempra per guidare la potenza mondiale in questi tempi particolarmente complicati, a dispetto perfino dei suoi cambi di opinione sul libero commercio (tema che una volta godeva del sostegno dell'opinione pubblica) e dei passi falsi della fondazione Clinton.

Trump ha poi fatto scoppiare l'ilarità in sala (che pur aveva giurato di rimanere silenziosa e che era per altro, per una volta, in maggioranza conservatrice) e la rabbia via Twitter quando ha affermato che “Nessuno ha più rispetto delle donne di me!”.

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A dimostrazione di quanto ridicola fosse questa affermazione, dopo due settimane di nastri che testimoniano il suo pesante atteggiamento maschilista, ci ha pensato Trump stesso. Trentacinque minuti dopo avere pronunciato queste parole, negli ultimi minuti del dibattito, mentre Clinton parlava, non ha resistito a esclamare “Che donna cattiva!”. Dimostrando a 19 giorni dal voto, se ancora ce ne fosse bisogno, un temperamento emotivamente vendicativo e confermando per l'ennesima volta il suo lato sessista.

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