I nazionalisti del Vecchio continente continuano a servire gli interessi di Usa e Russia. Ma la loro apparente concordia nasconde un importante conflitto di interesse

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È strano, il nazionalismo dei populisti europei. Insistono che siano patrioti, ma sono contenti di servire gli interessi degli Stati Uniti di Donald Trump e della Russia di Vladimir Putin. Certo, condividono interessi con questi due: tutti vogliono distruggere o almeno indebolire l’Unione europea. Ma i populisti devono chiedersi: Trump e Putin vogliono indebolire l’Unione per “liberare” i singoli paesi? O vogliono usare la crisi dell’Ue con lo scopo di indebolire anche tutti i paesi che vi aderiscono?

Le elezioni per il Parlamento europeo del prossimo maggio rappresentano un momento critico per rispondere a questa domanda. Steve Bannon, amico stretto di Trump, oltre che personaggio di grande peso della destra estrema statunitense, ha dichiarato apertamente che in vista delle elezioni sta organizzando una campagna unitaria dei partiti del conservatorismo estremo nel Vecchio continente. Le organizzazioni americane intorno a Bannon sono ricche, e certamente possono offrire aiuti consistenti ai partiti disposti a servire gli interessi di Trump. Ma sembra che questa interferenza da parte di un potere esterno non disturbi le passioni nazionaliste di questi partiti in Italia, Austria, Ungheria, Polonia, Germania, Francia, Paesi Bassi ... o altrove. Molti di questi partiti hanno ricevuto “aiuti” da fonti russe in cambio di un sostegno a Putin anche in altri modi. Ancora una volta, non vedono contraddizioni tra questo e il loro acceso nazionalismo.

Che negli Stati Uniti Trump e la sua cricca vogliano demolire l’Ue non è un segreto: lo sbandierano ai quattro venti. Durante il referendum in Gran Bretagna sull’appartenenza all’Ue, Bannon e altri hanno dato manforte alla campagna per il “leave” sui social media per influenzare l’elettorato, e subito dopo la vittoria elettorale di Trump due illustri leader della campagna, Nigel Farage e Arron Banks, si sono precipitati negli Usa per essere accolti calorosamente da lui. Tuttavia, questo non è accaduto soltanto perché Trump voleva che il Regno Unito uscisse dall’Ue, ma perché sperava che la Brexit innescasse un effetto domino, che avrebbe potuto portare alla disgregazione totale dell’Ue.

In un’intervista pubblica con Michael Gove, altro leader della campagna a favore della Brexit e oggi illustre membro del governo britannico, Trump si è congratulato per la decisione del Regno Unito di uscire dall’Ue e ha preannunciato che parecchi altri paesi ne avrebbero presto seguito l’esempio. Poi, quando questa estate si è recato in visita nel Regno Unito, il presidente Usa ha criticato il primo ministro Theresa May per aver cercato di raggiungere un compromesso con l’Ue. «Pensavo che l’avrebbero disgregata», ha twittato. Più tardi, in quella stessa visita, ha dichiarato che l’Ue è «nemica» degli Usa: in inglese il termine adoperato (foe) è un po’ meno forte di “acerrimo nemico” (enemy). (Putin, al confronto, è stato definito “avversario”.)

In Gran Bretagna molte persone sono rimaste sconvolte quando Trump ha criticato in modo così evidente la massima autorità di un paese amico presso il quale era in visita, e ancor più quando si è rifiutato di esprimere critiche nei confronti di Putin, dal quale si sarebbe recato subito dopo. In verità, però, un ripudio siffatto delle consuete norme diplomatiche di comportamento è tipico di Trump e della sua cerchia. Richard Grenell - nominato da poco dal presidente ambasciatore degli Stati Uniti in Germania - ha annunciato che sfrutterà la sua posizione per aiutare «i conservatori ad acquisire maggior potere» in quel paese. Pur non avendo fatto il nome di un gruppo particolare, è improbabile che alludesse al partito moderato dei Cristiano-democratici della cancelliera Angela Merkel.

È plausibile, invece, che si riferisse ad Alternativa per la Germania, il partito xenofobo e ostile all’Ue. Non è insolito per i diplomatici statunitensi interferire nella politica di un paese, malgrado quello che è previsto dall’etichetta della diplomazia ufficiale. Particolare, invece, è l’annuncio ufficiale di quello che hanno intenzione di fare. Ciò non dipende da una presunta correttezza e trasparenza dell’Amministrazione Trump, bensì dall’arroganza di quanti sono fiduciosi di vincere, e di conseguenza si sentono autorizzati a disprezzare e offendere senza timore di ritorsioni. Anche l’annuncio ufficiale dei piani di Bannon, volti ad aiutare i partiti di estrema destra affinché conseguano la vittoria nelle elezioni del Parlamento europeo nel 2019, è un esempio ulteriore a riprova di questo atteggiamento.

Quando ha lanciato la sua guerra commerciale contro la Cina, l’Ue e altre zone del pianeta, Trump ha detto: «Le guerre commerciali sono un bene, perché le si può vincere. Come Bannon, anche il presidente americano sembra credere che interferire nelle elezioni degli altri paesi sia positivo, perché si può dare concretamente una mano affinché vincano i loro favoriti.

Putin e i suoi collaboratori agiscono con maggiore discrezione. Il presidente russo non si è espresso sulla Brexit a livello ufficiale, ma in seguito abbiamo appreso che l’ingerenza dei russi ha pesato molto sul referendum britannico. Nelle settimane antecedenti al voto, Farage e Banks hanno ricevuto l’ambasciatore russo in Gran Bretagna parecchie volte e sembra che Banks (che accumula soldi grazie a miniere di oro e di diamanti) abbia offerto alla Russia numerose concessioni minerarie. La sua donazione di oltre otto milioni di euro alla campagna nel Regno Unito dei sostenitori della Brexit - sebbene illegale, visto che erano stati imposti tetti alle spese di entrambe le parti coinvolte nel referendum, e benché sia rimasta segreta per molti mesi - è stata di fatto la donazione più grande di sempre nella storia della politica britannica. All’inizio di quest’anno, però, la Commissione elettorale del Regno Unito, incaricata di vigilare sulla correttezza dello svolgimento delle elezioni, ha multato l’organizzazione pro-leave di Farage e Banks per quel reato. In ogni caso, né il governo né il partito laburista all’opposizione - oggi favorevoli entrambi alla Brexit - desiderano approfondire con altre inchieste il ruolo avuto dalla Russia. (Questa circostanza è in contrasto stridente con gli Stati Uniti, dove invece proseguono le indagini sul ruolo di primo piano che le istituzioni russe hanno avuto nella campagna elettorale del presidente Trump.)

È risaputo, inoltre, che la Russia offre aiuti di vario genere ai partiti di destra ostili all’Ue e ai governi da loro amministrati in vari paesi, come Fidesz, partito di governo in Ungheria, o Diritto e giustizia, partito di governo in Polonia, o il partito di estrema destra Österreichische Freiheitspartei che ora fa parte della coalizione di governo in Austria, o la Lega in Italia. Tutti questi raggruppamenti caldeggiano un approccio più morbido nei confronti della Russia per ciò che concerne l’invasione dell’Ucraina e alcuni di loro ambiscono ad allacciare rapporti più stretti con Mosca rispetto all’Occidente in generale e all’Ue in particolare. Nella sua prima dichiarazione ufficiale dopo la nomina a presidente del consiglio dell’attuale coalizione al governo in Italia, Giuseppe Conte ha auspicato una maggiore apertura in politica estera alla Russia.

È assai probabile che Trump, Putin o entrambi mettano lo zampino ovunque vi sia un movimento esplicitamente ostile all’Ue con il pretesto di offrire aiuto. Lo fanno perché vogliono indebolire e, se possibile, disgregare, l’Unione europea. Perché una cosa è chiara: l’Ue rappresenta un blocco economico forte, perfettamente in grado di sfidare il predominio globale degli Stati Uniti o della Russia. Ne è esempio la reazione di Trump alla multa di quattro miliardi di euro che la Corte di giustizia europea ha inflitto a Google per comportamento scorretto nei confronti delle leggi sulla concorrenza nell’Ue.

Trump ha twittato: «Si sono approfittati davvero degli Stati Uniti, ma non lo faranno ancora a lungo!». Intendeva forse dire che i tentativi suoi e di Putin di distruggere l’Ue avrebbero conseguito successo nel volgere di poco, rendendo impossibile a un’istituzione europea qualsiasi di intraprendere azioni legali contro una società americana? O intendeva dire che dopo l’intervento di Bannon a sostegno dei partiti populisti di destra questi partiti useranno il parlamento europeo per ostacolare tutti i provvedimenti di questo tipo? In ogni caso, di sicuro Trump non ha inteso dire che voleva affrancare dall’Unione i singoli Stati europei così che possano essere loro a infliggere separatamente sanzioni alle società americane.

Da questi aiuti di vario genere, offerti da Stati Uniti e Russia, si comprende chiaramente che cosa i populisti europei di destra abbiano da far guadagnare ai loro partiti, ma i cittadini che li appoggiano per il loro presunto patriottismo farebbero bene a porsi una domanda: che cosa abbiamo da guadagnarci, se le istituzioni europee perderanno la capacità di tutelarci quando i nostri interessi entreranno in conflitto con quelli di Stati Uniti o Russia?

È assai plausibile che la maggior parte dei leader di quei partiti non intenda distruggere l’Ue sul serio, perdendo i benefici che derivano dall’appartenenza al più importante blocco commerciale del mondo. Ma, oltre a trarre giovamento dal sostegno che i loro partiti ricevono da Usa e Russia, sicuramente trovano vantaggioso fare dell’Ue il bersaglio della loro collera xenofoba, e probabilmente sono contenti che lo status quo resti come è. In fondo, i governi britannici lo fanno da decenni: hanno sempre usato l’Ue come qualcosa contro cui puntare il dito e da biasimare, esaltando l’orgoglio nazionale. Non hanno mai incoraggiato la cittadinanza a prendere in considerazione i benefici derivanti dall’appartenenza all’Ue. Infine, l’ostilità dell’opinione pubblica nei confronti delle istituzioni europee provocata da questo atteggiamento ha esacerbato l’allarmismo generale per il numero di immigrati in forte aumento, ha portato a un’ondata incontrollabile di gesti ostili che adesso stanno spingendo il paese ad allentare nel minor tempo possibile non soltanto le relazioni con gli altri paesi europei, ma anche i rapporti con molti altri con i quali gli Stati membri dell’Ue hanno accordi commerciali. I leader populisti dovrebbero ora osservare che ne sarà del futuro della Gran Bretagna, in che modo l’ingerenza statunitense e quella russa influiranno nel portare quel paese fuori dall’Ue, e chiedersi quindi se vogliono davvero rischiare di calcarne le orme.

Trump, Putin e i loro sodali hanno in comune due obiettivi politici fondamentali con la destra populista europea. In primo luogo, a livello sociale sono conservatori: sono contrari agli stranieri in generale e agli immigrati in particolare; sono contrari a un miglioramento della situazione femminile; sono contrari ai diritti degli omosessuali e di altri gruppi svantaggiati da sempre. In secondo luogo, sono ostili all’Unione europea. In ogni caso, la loro apparente concordia intorno a questo secondo obiettivo nasconde un importante conflitto di interessi. I populisti europei puntano a distruggere l’Ue, intesa come struttura amministrativa, perché credono che essa metta a repentaglio e intacchi l’autonomia dei singoli Stati membri. Trump e Putin, invece, sono nemici dell’Ue perché essa tutela gli interessi delle economie europee in generale. Se vogliono essere presi sul serio come patrioti, i populisti europei farebbero bene a riconoscere questa distinzione. E tutti i cittadini dei paesi europei dovrebbero dubitare fortemente dei partiti le cui campagne nelle elezioni europee ricevono aiuti da forze esterne all’Ue e ostili ai tentativi dei suoi membri di collaborare aiutandosi a vicenda.

Traduzione di Anna Bissanti