Un enorme flusso di denaro, praticamente raddoppiato rispetto al 2016 nonostante la pandemia. La mobilitazione dei donatori per i dem ha raccolto quasi il doppio dei Repubblicani. Ma restano le ombre sui fondi oscuri protetti dall'anonimato

Washington DC - Passa dal portafogli la riscossa delle donne americane in politica. La campagna elettorale dei record - la più costosa della storia - ha infatti registrato un consistente aumento dei finanziamenti corrisposti da donne per le donne. A fare la differenza, il partito di appartenenza. «Abbiamo rilevato enormi flussi di denaro a favore delle democratiche che si candidano al Senato e spesso sorpassano le loro controparti maschili», spiega all’Espresso Grace Haley, responsabile delle ricerche su genere e razza per il Center for Responsive Politics. Secondo il watchdog, che traccia il flusso di denaro nelle casse dei partiti, sono quasi 14 in totale i miliardi di dollari in circolo per sostenere i candidati alla Casa Bianca, al Senato e alla Camera, e altre voci come ad esempio i vari referendum statali,  durante questa incredibile tornata elettorale.

null
Qual è il programma economico di Joe Biden
27/10/2020
Se le progressiste si avvicinano a colmare il divario di genere (almeno nelle donazioni), lo stesso non si può dire per le conservatrici. «Le donne repubblicane hanno grosse difficoltà a raccogliere fondi simili a quelli degli uomini» , continua Haley. In casa dem a giovare è stato senza dubbio l’ingresso in squadra della senatrice Kamala Harris, candidata alla vice presidenza, con conseguenti donazioni femminili raddoppiate dopo l’annuncio. 

Che le elezioni 2020 avrebbero registrato un nuovo picco di spesa era quasi scontato: è un trend che difficilmente si potrà invertire se non cambieranno le regolamentazioni. Quello che però ha stupito è che la cifra complessiva «sia praticamente raddoppiata rispetto al 2016; si tratta di un enorme balzo in avanti», ci dice Brendan Quinn, responsabile delle attività esterne del Center for Responsive Politics.

Dietro queste cifre astronomiche ci sono ovviamente i Super Pac (i potentissimi e influenti i gruppi di appoggio esterni), i grandi donatori vicini a entrambi i partiti, ma anche i piccoli donatori, quelli che per intenderci hanno donato meno di 200 dollari. Proprio questi ultimi si sono mobilitati come mai prima, nonostante la pandemia e le conseguenti difficoltà economiche. Nel dettaglio,  i democratici hanno raccolto 1,7 miliardi, i repubblicani si sono fermati a uno. «I piccoli donatori rappresentano una percentuale sempre più ampia  della raccolta fondi complessiva - spiega  Quinn - Ciò è dovuto in parte alla facilità delle donazioni online». Basta un clic per donare anche solo un dollaro. Questa rivoluzione digitale negli anni ha portato alle casse dem più che a quelle repubblicane decine di milioni di dollari. Pensiamo al successo della piattaforma dem Actblue. L’organizzazione, balzata agli onori della cronaca durante la campagna elettorale di Bernie Sanders nel 2016, ora è diventata uno strumento di cui si avvale ogni candidato e permette di disegnare in poche mosse una pagina di fundraising con il link alle donazioni. È stata considerata, se vogliamo, la risposta blu allo strapotere dei grandi donatori che insieme ai Super Pacs rappresentano il 50% della spesa totale. 

null
La destra americana è il simbolo del populismo plutocratico
26/10/2020
Entrambi i candidati, intanto, possono contare sui mega assegni di generosi miliardari. È stato Joe Biden, secondo il rapporto del watchdog, il primo a sfiorare un miliardo di dollari in donazioni, a metà ottobre, con 938 milioni contro i 596 di Donald Trump. Nel team repubblicano giocano i titani dei casinò Sheldon e Miriam Adelson che hanno “investito” nella vittoria rossa ben 183 milioni, attraverso il super Pac “Preserve America”, la cifra più alta che una coppia abbia mai donato durante un unico ciclo elettorale. Per Biden, invece, è sceso in campo l’ex sindaco di New York e candidato alla presidenza Michael Bloomberg. Il magnate ha regalato 107 milioni di dollari al partito per poi continuare supportando gli sforzi di Biden in Florida, Ohio e Texas. In generale, se per gli assegni più robusti i repubblicani hanno potuto contare su energia e risorse naturali, ma anche agroalimentare, i democratici, invece, hanno fatto affidamento sul settore delle comunicazioni e dell’elettronica. Ed ovviamente sullo star system Hollywoodiano, il cui sostegno però è arrivato più tardi rispetto a quanto accaduto con Barack Obama o Hillary Clinton. Ad entusiasmare le celebrity nello sprint finale, ancora una volta la californiana Kamala Harris. In prima fila per lei Reese Witherspoon e Kate Hudson.

Social
Cosa si dice delle Elezioni Usa 2020 su TikTok
2/11/2020
Con circa 93 milioni di elettori che hanno già espresso la propria preferenza, con voto anticipato o per corrispondenza, queste elezioni hanno davvero tutte le caratteristiche per passare alla storia. A non cambiare, rispetto al passato, sono le ombre che accompagnano le attività e le motivazioni dei gruppi di potere dei Super Pac. «Sulla carta sono trasparenti. Sono tenuti a rivelare chi dà loro i soldi, ma abbiamo scoperto due scappatoie. La prima - ci spiega Brendan Quinn - è che possono accettare soldi da gruppi non-profit, che non sono tenuti a rivelare i loro donatori.  E poi ci sono anche quelli che noi chiamiamo “Super Pac pop-up”, ovvero quelli che si formano a ridosso delle elezioni. Spendono grandi somme di denaro in poco tempo, riuscendo a non rivelare chi sono i loro donatori fino a dopo le elezioni».

Fondi oscuri protetti dall’anonimato, che facilita l’influenza che questi possono avere sui processi decisionali della politica. Grazie ai Pac, liberi di sponsorizzare le loro cause e raccogliere fondi, a patto che questi non concordino i loro messaggi con i candidati, i grandi donatori riescono a dribblare la legge, pensata per limitare la cifra che un privato può donare direttamente a una campagna. 
 
Ma come viene usato questo mare di denaro? «Gran parte va alla pubblicità, televisiva in primis, ma anche allo staff della campagna elettorale, ad esempio, o al mantenimento degli uffici», dice Quinn. «Se moltiplichiamo queste voci per tutti i 50 stati dell’Unione, è facile capire perché le casse dei candidati siano sempre al limite. È così costoso candidarsi perché tutti raccolgono sempre più fondi e spendono sempre di più. È un circolo vizioso. Bisogna raccogliere sempre più denaro ad ogni ciclo elettorale per tenere il passo con il proprio avversario». Quello che è certo è che queste ingenti disponibilità hanno cambiato il modo in cui i candidati gestiscono le elezioni. «Molti di loro, una volta eletti, devono spendere molte ore ogni settimana per raccogliere fondi già in previsione del prossimo turno». Un’intero ingranaggio a ciclo continuo. «Penso che sia possibile una versione differente delle elezioni americane senza tutto questo flusso di denaro, ma avrebbe un aspetto molto diverso, i candidati sarebbero meno visibili agli elettori, senza i miliardi di dollari spesi in pubblicità».