Parla la leader della sinistra che pubblicamente aveva avanzato dubbi su possibili infiltrazioni straniere. E da mesi vedeva bloccate le sue risoluzioni di denuncia sulle violazioni di diritti umani in Qatar

Manon Aubry è l'eurodeputata francese, leader del gruppo di estrema sinistra “The Left", che per mesi ha cercato di portare in Parlamento una risoluzione di condanna della violazione dei diritti dell’uomo da parte del Qatar: durante i lavori di costruzione delle infrastrutture dei mondiali sono morti migliaia di lavoratori, secondo una denuncia del Guardian. Ma Aubry si è vista a ogni sessione bloccare nella sua risoluzione e nei suoi emendamenti dai deputati socialisti e dai popolari al punto da dire pubblicamente «Sono venduti!» in tempi non sospetti, adesso non ha dubbi: «Questa è solo la punta dell'iceberg». E poi aggiunge al telefono. «Andremo avanti a vedere cosa c'è sotto l'iceberg».

 

La sua certezza è che nei prossimi giorni verranno alla luce i nomi di altre persone coinvolte nello scandalo che ha visto un gruppo di parlamentari e assistenti socialisti oltre a membri di ong legati all'ex eurodeputato Panzeri vendere il proprio sostegno alla propaganda del Qatar, colpevole di gravi abusi dei diritti umani durante l'organizzazione del Mondiale di calcio, in cambio di ingenti somme di denaro. L'11 dicembre ha pubblicato su Twitter un lungo post riepilogativo di come ha vissuto le influenze del Qatar fin dall'inizio, con tanto di voti degli europarlamentari sui suoi emendamenti contro il Qatar.

 

«Era da tempo che avevo dei chiari sospetti nei confronti dei socialisti e del Ppe perché si opponevano con una durezza che non avevo mai visto prima a ogni risoluzione contro il Qatar, usando spesso le stessi tesi dell'ambasciata qatarina», ha spiegato al telefono da Strasburgo: «Ho visto in prima persona all'opera i contatti di influenza del Qatar e la maniera in cui socialisti e popolari hanno difeso gli interessi del Qatar, usando un linguaggio che non condanna mai la violazione dei diritti dell'uomo e che invece esalta dei presunti miglioramenti fatti dal Qatar ma di cui non esiste prova, e che sottolinea l’importanza delle relazioni energetiche tra Europa e Qatar».

Il punto
Qatargate, il più grande scandalo della storia dell’Europarlamento
12/12/2022

Lo ha fatto in tempi non sospetti…
«Il mese scorso nel video in cui denunciavo una situazione che non tornava mi sono infatti chiesta se il Qatar non avesse infiltrato il Parlamento».

 

Si aspettava l'estensione della rete qatarina?
«Che fosse stata addirittura costituita una banda a delinquere con il coinvolgimento della vicepresidente no. Oltre i miei peggiori sospetti».

 

Per il momento le indagini sono concentrate in campo socialista: si aspetta un allargamento ad altri gruppi?
«Mi aspetto che sia coinvolto il Ppe sulla base delle votazioni fatte in aula sul Qatar. D'altronde il vice presidente greco della Commissione europea Margaritis Schinas da mesi porta avanti la promozione del Qatar e dunque non è scorretto oggi nutrire sospetti».

 

E in Parlamento?
«Usciranno altri nomi, ma a causa dell'immunità parlamentare non sarà facile procedere se non sono colti in flagrante come nel caso di Eva Kaili. Adesso tutti stanno attenti però. Non escludo che prima o poi le autorità chiederanno al Parlamento di toglierla su qualche deputato e noi lo faremo».

 

Altri stati potrebbero essere coinvolti in questa compravendita delle influenze esterne?
«A fare lobbying pesante oltre al Qatar finora sono stati il Marocco e la Russia, ma non ho prove».

 

Cosa dovrebbe cambiare in futuro perché queste situazioni non si ripetano?
«Ovviamente dobbiamo cambiare le regole. Esiste già un registro della trasparenza in Parlamento ma non è obbligatorio registrare i propri contati, né per i parlamentari, né per i lobbisti (ndr: Fight impunity non era registrata). Le regole esistenti non sono applicate perché manca un'Authority che monitori e possa applicare sanzioni. È dall'inizio del mandato che chiediamo un'autorità indipendente che abbia i mezzi per investigare, la Commissione l'aveva appoggiata ma fino ad oggi non se ne è fatto nulla. Adesso è diventata una necessità. Dobbiamo uscirne dicendo che giammai i Paesi terzi compreranno i nostri Mep come fossero squadre di calcio. Le regole dovranno essere molto rigide perché al democrazia non è in vendita».