Intervista

Ilya Ponomarev: «Vladimir Putin è un bullo e un mafioso. Ma non è pazzo: è un manipolatore»

di Sabrina Pisu   30 maggio 2022

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È l’unico deputato russo ad aver votato contro l’annessione della Crimea nel 2014. E per questo da anni vive in esilio. «Lo zar ha perso questa guerra ed è già iniziato il conto alla rovescia anche per lui»

Un no per tentare di fermare il corso della Storia. È quello contro l’annessione della Crimea pronunciato, il 18 marzo del 2014 nella Duma, la Camera bassa dell’assemblea federale russa, da Ilya Ponomarev, all’epoca deputato al suo secondo mandato, indipendente e di centro-sinistra. Il suo è stato il solo voto contrario: 445 i sì. Aveva capito: «L’annessione avrebbe portato a un grande scontro militare tra Russia e Ucraina», dice, collegato da un luogo segreto per motivi di sicurezza. Quel «no» lo ha reso un «traditore della patria» costringendolo all’esilio: «Putin mi ha fatto sapere che voleva neutralizzarmi. Io non ho mai accettato di lasciare la Russia, hanno aspettato che fossi in viaggio per lavoro e non mi hanno più permesso di rientrare».

Ilya Ponomarev, che alterna il suo impegno politico con l’attività di imprenditore nei settori di energia e nuove tecnologie, era in quel momento negli Stati Uniti, in California: «Sono rimasto bloccato lì per un anno e mezzo, per sopravvivere ho lavorato con diverse startup hi-tech». Da lì guardava all’Ucraina: «Volevo andarci subito perché lì si stava facendo la Storia, volevo mettere le mie competenze imprenditoriali a favore del Paese, farlo crescere». Dal 2016 vive a Kiev, all’inizio della guerra si è unito alle Forze di difesa territoriale dell’esercito ucraino: «Non combatto contro la Russia, ma contro Putin, come fecero i tedeschi antifascisti contro Hitler», racconta Ponomarev che fa parte del Free Russia forum, nato su iniziativa di Garry Kasparov, ex campione mondiale di scacchi e dissidente, per riunire e organizzare l’opposizione russa.

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«La Russia sta uccidendo solo civili», continua: «L’offensiva è bloccata, la loro capacità di avanzare limitata al momento, prima c’erano un migliaio di morti al giorno ora ce ne sono un centinaio. Gli ucraini hanno completamente liberato il nord dell’Ucraina, ma ci sono ancora problemi nel sud». E resta l’incubo dei bombardamenti aerei.

«Gli ucraini parlano di una grande controffensiva, ma non credo che ci sarà perché l’esercito ucraino non può controllare i cieli», spiega Ponomarev, convinto che la strategia russa sia quella di «rendere la popolazione civile stanca della guerra in modo che inizi a chiedere ai leader di sottomettersi alle richieste russe. Ma questo non accadrà».

Ma chi è davvero Putin agli occhi di uno che lo ha conosciuto da vicino? «È un mafioso, un bullo, ha bisogno di prevalere, mostrare di essere il maschio dominante. E non è un pazzo come vuole far credere, ma manipola tanto i russi, con la presunta minaccia costituita dalla Nato, quanto i leader dell’Occidente, con quella nucleare. E credo sia più un cleptocrate che un imperialista, come molti sostengono. È pronto a distruggere vite e economie per assicurarsi la sottomissione alle sue regole».

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L’obiettivo finale di Putin è, secondo Ponomarev, quello di «restaurare l’Unione Sovietica senza niente di sovietico né di socialista, perché Putin è, ovviamente, anticomunista, ciò che ha in mente è una sorta di “Unione di Repubbliche sovrane slave” facendo leva anche sul sentimento nostalgico russo». Ponomarev era convinto che la Bielorussia sarebbe stata la prima a essere conquistata «perché era l’obiettivo più facile, la Russia la controlla già in larga misura. Alla Bielorussia sarebbe seguita la Transnistria, le regioni di Donetsk e Lugansk e l’Ossezia del Sud». Ma invece ha scelto di iniziare dall’Ucraina: «Credo sia frutto di un errore di calcolo, Putin ha pensato che il presidente Zelensky fosse debole, che la sua popolarità fosse in calo, che fosse arrivato al potere come “presidente della pace” senza essere in grado di portarla, e che sarebbe bastata qualche spinta per fare crollare il sistema politico ucraino, portando al potere come presidente o leader ad interim dell’Ucraina personaggi come Viktor Medvedchuk (politico filo-russo e amico di Vladimir Putin, arrestato dai servizi segreti ucraini il 13 aprile scorso, ndr). Un piano che è fallito miseramente».

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Ma c’è anche una preoccupazione politica che lo ha portato all’invasione perché l’Ucraina rappresentava una «minaccia esistenziale»: «Non poteva permettere che avesse successo con le riforme sociali ed economiche, perché sarebbe diventata un esempio per i russi, che avrebbero creduto che fosse necessario fare la stessa rivoluzione per prosperare». Tuttavia, «Putin ha perso questa guerra ed è già iniziato il conto alla rovescia anche per lui». A decretarne la fine il malcontento dei russi e dei magnati che si sono visti congelati i beni: «Lo scenario più probabile è quello di violenti disordini popolari nel corso della seconda metà dell’anno, causati dal malessere economico e acuiti dalle spese militari. E se le élite si troveranno ad affrontare anche un pericolo immediato, che viene dal loro stesso popolo, inizieranno a organizzarsi per rimuovere Putin dall’alto». Per questo Ponomarev insiste sull’efficacia delle sanzioni insieme a una strategia: «L’Occidente deve indicare alle élite russe quali sono le vie d’uscita, cosa fare per liberarsi dalle sanzioni. E deve, inoltre, dire apertamente che vuole la fine di questo regime in Russia». Perché, secondo Ponomarev, il futuro della Russia  è «nella Nato e nell’Unione Europea».