I servizi intercettano il leader socialista e un giornalista e lo scandalo rivela gli affari tra l’azienda che utilizza il malware predator e i piani alti dell’Esecutivo

La tragedia greca è di ritorno. Proprio nell’estate in cui, dopo 12 anni terribili, Atene esce dalla supervisione economica dell’Unione europea, il fato colpisce ancora. E non è solo l’imprevista crisi energetica che sconquassa qualsiasi piano di virtuosità fiscale e riporta lo spettro della povertà tra le fila di una classe media che aveva appena cominciato a credere nella riscossa. A fare malevolo capolino è l’antico vizio delle grandi dinastie politiche greche: lo spionaggio degli avversari politici, alimentato da un’effervescente collusione con il settore privato, che spesso sfocia in corruzione, per consolidare il potere conquistato nelle urne.

 

Kyriakos Mitsotakis è il premier che aveva promesso di abolire i vizi del passato come nepotismo e corruzione e che ha finito invece per dare loro nuova vita. La pietra dello scandalo è stata il tentativo di hackeraggio con un software illecito del telefonino dell’europarlamentare e leader del partito socialista Nikos Androulakis, spiato per settimane da parte dei servizi segreti greci. Uno spionaggio dietro cui si annidano una serie di accordi, favori e relazioni improprie tra governo e imprenditori privati che potrebbero portare la Grecia ad elezioni anticipate entro la primavera.

 

Ad accendere la miccia di quello che è ormai definito il “Watergate greco” è stato il giornalista finanziario Thanasis Koukakis, collaboratore del Financial Times e della versione greca di Cnn, noto per le sue indagini su potenti banchieri. Nel giugno del 2020 i servizi segreti lo hanno posto sotto sorveglianza in quanto «minaccia alla sicurezza nazionale». «Mi sono reso conto di essere intercettato perché la batteria del mio telefonino finiva troppo presto e perché ogni volta che chiamavo la persona rispondeva direttamente senza che il telefono squillasse», ha raccontato in un’audizione davanti al Parlamento europeo a fine agosto. Così ha immediatamente chiesto all’Authority per la privacy se fosse monitorato. Le intercettazioni cessano nel giorno della denuncia. Intanto l’agenzia pubblica ha un anno per rispondergli ma nel marzo 2021 il governo cambia la legge, vigente da 26 anni, proibendole di informare Koukakis sulle sue intercettazioni. In quegli stessi giorni lui riceve un’email che chiede «conosci questa storia?» e poi un link su cui cliccare. Siccome si trattava di una notizia finanziaria di cui non sapeva nulla clicca e, nel giro di pochi minuti, entra in azione Predator, un software per l’estrazione dei dati condannato dalla Ue che invia le informazioni a Intellexa, un’azienda cipriota basata ad Atene.

 

Koukakis non è il solo. Almeno altre 48 persone ricevono lo stesso link. Tra questi il leader dei socialisti Nikos Androulakis, che però non lo apre. Scoprirà il tentativo di compromissione dei suoi dati solo qualche settimana dopo, quando il Parlamento europeo controlla i telefoni di tutti i deputati dopo le rivelazioni di utilizzo di software impropri come Pegasus e Predator in almeno altri tre Paesi europei. «Non mi sarei mai aspettato di essere sotto sorveglianza», ha detto Androulakis prima di rivolgersi alla magistratura e di chiedere una commissione d’inchiesta nel Parlamento greco e anche nell’Eurocamera.

 

Ma lo spionaggio tra famiglie politiche greche ha radici lontane. Tra il 1988 e il 1991 Konstantinos Mitsotakis, padre di Kyriakos, diventato primo ministro nel 1990, e la figlia Dora Bakogianni, sorella di Kyriakos Mitsotakis, hanno intercettato centinaia di telefoni tra cui quello dell’allora leader dell’opposizione Andreas Papandreou. «Nel 1989 il giorno prima dell’elezione, Mitsotakis aveva rubato il programma di governo di Papandreou ed è così che ha messo insieme il suo governo», racconta l’europarlamentare di Syriza Stelios Kouloglou: «Poi nel 1994 Mitsotakis avrebbe dovuto essere processato da un tribunale speciale ma Papandreou (anche lui grande utilizzatore di intercettazioni contro gli avversari politici) lo perdonò». Con il passare degli anni sono cambiati gli strumenti ma non le abitudini: la differenza è che, con l’irruzione di Syriza, la politica greca non è più solo una faccenda tra poche famiglie.

«Mitsotakis ha cominciato a controllare le attività dei dirigenti del Pasok quando è iniziata la battaglia per la leadership del partito socialista», spiega Stelios Kouloglou: «L’obiettivo era quello di influenzare la scelta a favore di figure più vicine a Nuova democrazia, screditando invece il leader designato, su cui circolavano pettegolezzi di un cattivo comportamento nei confronti della moglie. Lo spionaggio è poi finito due o tre giorni dopo la sua elezione». «Non fosse stato per Androulakis probabilmente lo scandalo non sarebbe mai uscito», ha sottolineato Koukakis: «Sarebbe rimasta una notizia locale».

 

Il premier greco si è detto estraneo ai fatti ma le sue azioni lo contraddicono. Subito dopo la sua elezione, nel luglio del 2019, nomina il nipote, l'avvocato e uomo d'affari Grigoris Dimitriatis, figlio di Aikaterini, una delle sue tre sorelle. La maggiore, Dora Bakogiannis, è stata sindaca di Atene - posto oggi occupato a sua volta dal figlio Kostas Bakogiannis - durante le Olimpiadi greche del 2004 e ministra degli esteri tra il 2006 e il 2009 nel governo Karamanlis, a capo del suo staff. Da quella posizione, Dimitriatis è in grado di controllare tutte le decisioni politiche dello zio e di negoziare per lui. Nelle stesse settimane, forte della sua maggioranza in Parlamento, Mitsotakis cambia la legge così da porre i servizi segreti direttamente sotto il controllo del suo ufficio, sottraendoli al ministero degli Interni, e ci mette a capo Panagiotis Kontoleon, un uomo di affari nel settore della sicurezza privata, con nessun precedente incarico pubblico.

 

Da quel momento il numero dei telefoni intercettati esplode: 42 al giorno per una media di 15mila telefoni sotto sorveglianza in ogni momento. E sebbene le intercettazioni siano legali in molte istanze ben presto si aggiunge agli strumenti utilizzati dai servizi segreti anche il software Predator. Il suo utilizzo improprio da parte dello Stato sarebbe stato orchestrato dal nipote, che si è dimesso insieme a Kontoleon lo scorso luglio, appena è scoppiato lo scandalo, mediante una serie di accordi e scambi di favori con imprenditori privati. «La sorveglianza di Koukakis non era necessaria al governo ma agli uomini di affari di cui si serve per usare Predator», un software che costa ufficialmente 8 milioni di euro, denuncia Kouloglou: «Si tratta di un inedito mondiale: un governo che addirittura lavora per il settore privato!».

 

I giornalisti del consorzio greco “Reporters United” hanno ricostruito il meccanismo di scatole cinesi con cui Dimitriatis potrebbe essere arrivato a fare avere ai servizi il software in questione una volta insediatosi nell’ufficio del primo ministro.

 

Nel dicembre del 2019 Dimitriatis acquista Eledyn, una società che si occupa di energia alternativa, investendo privatamente 50mila euro e ponendo la sede sociale allo stesso indirizzo in cui ha il suo ufficio legale, a Kolonaki, i Parioli di Atene. Tra gli scopi sociali di Eledyn, che verrà poi dismessa nel novembre del 2021, c’è la possibilità di partecipare ad aste pubbliche e, più in generale, a transazioni con il settore pubblico, nonostante per legge il segretario generale del primo ministro non dovrebbe esercitare nessun’altra attività professionale.

 

Il 10 gennaio 2020 Eledyn acquisisce per mille euro Canalis, una società che opera nell’ambito della produzione di elettricità: nel maggio 2021 la rivende per 166mila euro a B&F, una società di abbigliamento che fa capo a Vassilis Bitharas e il cui figlio Giorgos ne diventa amministratore. Poi, il 14 luglio 2021, B&F acquista a sua volta la società Ventus per mille euro. Ventus ha una particolarità: il venditore è Panagiotis Bitzios, ovvero il fratello di quel Felix Biggiou che tra il marzo e il giugno 2021 è amministratore di Intellexia, la società che distribuisce il software Predator in Grecia.

 

Ma le connessioni tra il governo, i servizi segreti e il settore privato non sono finite. Bitharas è anche partner a metà della Delphi Line e il suo socio è Krikel, la società che vende il software utilizzato dall’intelligence greca per le normali intercettazioni telefoniche.

 

«Il governo greco nega di avere comprato spyware ma allo stesso tempo non ha fatto nessuna indagine negli uffici di Intellexa permettendole di distruggere le prove con calma», denuncia Sophie In’t Veld, l’europarlamentare membro della Commissione che indaga sull’uso di Pegasus e degli altri sistemi equivalenti di sorveglianza che sta redigendo un rapporto sulla situazione dello spionaggio di Stato in Grecia, Polonia, Ungheria e Spagna: «Tra l’altro i mandanti sono membri del Consiglio europeo», denuncia dalla Polonia, dove si trova per indagare sull’utilizzo del malware Pegasus.

 

«Il governo greco ha agito tramite dei prestanome: d’altronde la prima cosa che ha fatto Mitsotakis salendo al governo è stata quella di scongelare i beni dei suoi compagni di affari, come Bitzios, che erano stati messi sotto sequestro per corruzione». Il premier conservatore non aveva mai fatto mistero di volere rilanciare il grande business e l’economia liberale per attrarre quegli investimenti esteri di cui la Grecia ha estremo bisogno. Ha semplicemente omesso di specificare quali sono le (a quanto pare) intramontabili regole del gioco ellenico.