Il caso
La vittoria di Javier Milei in Argentina fa esultare l'ultradestra in tutto il mondo
Vuole «far saltare in aria la banca centrale», dollarizzare l’economia. È favorevole alla vendita di organi, non ha tempo per le mezze misure. L’estremista liberale ha battuto al ballottaggio l’avversario di centrosinistra e governerà il Paese. E riceve subito i complimenti da Salvini, Orban e Vox
«Oggi inizia la fine del declino argentino, inizia la ricostruzione», ha detto Javier Gerardo Milei durante il discorso che ha fatto a Buenos Aires davanti alla folla accorsa per festeggiare la sua vittoria la ballottaggio per le elezioni presidenziali, domenica 19 novembre. Contro l’avversario di centrosinistra, già ministro dell’economia Sergio Massa. Battuto di oltre 11 punti. Anche grazie all’appoggio dell’ex presidente Mauricio Macri e di Patricia Bullrich, avversaria di centrodestra sconfitta il 22 ottobre, Milei ha vinto su Massa in quasi tutto il Paese, nonostante alle primarie fosse in svantaggio. «Il modello di decadenza è giunto al termine. Non si può tornare indietro. L'Argentina ritornerà al posto che non avrebbe mai dovuto perdere nel mondo. Lavoreremo fianco a fianco con tutte le nazioni del mondo libero, per contribuire a costruire un mondo migliore».
Il leader del partito La Libertad Avanza durante il suo speech ha anticipato anche la direzione che intende dare al suo governo, promettendo agli argentini di porre fine «al sistema di privilegi per alcuni che impoverisce la maggioranza della popolazione. La situazione in Argentina è critica, i cambiamenti necessari sono drastici. Non c’è spazio per gradualità o mezze misure».
«Da domani spetta al neo-presidente garantire la trasmissione delle certezze», ha risposto Massa subito dopo aver preso coscienza della sconfitta. Ricordando a Milei le responsabilità che si assume nei confronti dei cittadini che l'hanno votato. E suggerendogli di «mettere in atto i meccanismi per una transizione democratica». Che avverrà entro il prossimo 10 dicembre, quando il governo attuale concluderà il mandato e l'idolo dell’ultradestra sarà ufficialmente il presidente dell’Argentina. A quarant’anni dalle elezioni del 1983 che riportarono la democrazia nel Paese. In un momento molto critico per la Repubblica argentina, stremata dalla povertà e dalla crescita dell’inflazione. Di nuovo vicina alla bancarotta.
Dopo una carriera politica fulminea - solo nel 2021 ha ottenuto un seggio come deputato nazionale per la Capitale - e una campagna elettorale eccentrica ed estrema, condotta con una motosega in mano per simboleggiare i tagli alla spesa pubblica e quelli ai ministeri che si propone di fare, Javier Milei è arrivato alla Casa Rosada. Ma non avrà né governatori né maggioranze al Congresso, necessitando, quindi, di trovare accordi per far approvare le leggi che proporrà al Parlamento. E di fatto diventando il rappresentante al vertice una struttura politica molto debole.
«Congratulazioni e buon lavoro al nuovo presidente dell’Argentina», ha scritto Matteo Salvini su X per festeggiare l’elezione dell’outsider della politica. Come lui la maggior parte dei leader delle destre si sono congratulati con il neo-presidente spesso paragonato a Jair Bolsonaro e Donald Trump: «Congratulazioni a Javier Milei per la grande corsa alla presidenza dell’Argentina. Tutto il mondo stava guardando! Sono molto fiero di te. Trasformerai il tuo Paese e davvero renderai di nuovo grande l’Argentina», ha scritto l’ex presidente Usa. «Vi auguro la forza e la perseveranza per lavorare per l'Argentina e per la libertà», ha aggiunto il primo ministro ungherese Viktor Orban. «Oggi si apre per gli argentini e per tutta l’America Latina un cammino di futuro e di speranza, che in Spagna celebriamo con speciale gioia», ha scritto Santiago Abascal, il leader del partito di estrema destra spagnolo Vox.