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31 ottobre, 2025Il ministro per la Sicurezza nazionale invoca la pena capitale per i "terroristi". I detenuti stesi a terra, a pancia in già e con le mani legate dietro la schiena
Non è la prima provocazione di questo genere e, probabilmente, neanche l’ultima. Ma il ministro dell’estrema destra israeliana, Itamar Ben-Gvir, si è fatto — di nuovo — riprendere mentre visitava un carcere israeliano con decine di palestinesi stesi a terra, a pancia in già e con le mani legate dietro la schiena.
Tutti “terroristi”, secondo il ministro della Sicurezza nazionale. "Questi individui della Nukhba (le forze speciali dell'ala militare di Hamas, ndr) sono venuti a uccidere bambini, donne, i nostri neonati. Guardateli oggi”, dice indicando uno dei detenuti mentre trema. "Chiedete a qualsiasi terrorista che è stato nella mia prigione se vorrebbe tornare — aggiunge, rivendicando come propria la prigione —. Hanno paura, tremano e il numero degli attacchi è diminuito drasticamente”.
Ma a Ben Gvir questo trattamento non basta: “C’è ancora qualcosa da fare: la pena di morte per i terroristi”. L’evocazione della pena capitale era stato l’ultimatum del ministro lanciato al governo Netanyahu per mantenere il suo appoggio. Solo quattro giorni fa, il 27 ottobre, il Parlamento israeliano ha incardinato un disegno di legge — con la discussione che dovrebbe partire la prossima settimana — che introdurrebbe la pena di morte per chi è accusato di terrorismo. Ma, soprattutto dal 7 ottobre 2023, è aumentata l’indeterminatezza con cui Israele ha usato l’accusa di terrorismo.
Per esempio, secondo una recente inchiesta delle due testate investigativa israeliane +972 Magazine e Local Call, i detenuti palestinesi attualmente nelle carceri israeliane sarebbero in gran parte civili: secondo i due media, un quarto dei circa 6 mila palestinesi arrestati a Gaza è stato identificato dall’esercito di Tel Aviv come combattente. E, quindi, terroristi.
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