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3 novembre, 2025Ieri un altro attacco contro un imbarcazione di presunti narcos. Washington conduce esercitazioni militari e tentativi di sbarco a Porto Rico. Dietro le minacce statunitensi l'obiettivo di un regime change
Gli Stati Uniti entreranno in guerra con il Venezuela? “Ne dubito, non credo”, dice Donald Trump alla Cbs. Poi, quando gli viene chiesto se Nicolas Maduro abbia i “giorni contati”, il presidente Usa risponde: “Direi di sì”. Ora non è neanche così implicito l’obiettivo di Washington nella suo attivismo contro Caracas: un regime change. Usando come pretesto la guerra ai narcos — in fondo, per Trump il cartello di Soles è direttamente collegato al regime di Maduro — per puntare direttamente a rovesciare il governo venezuelano.
La tensione nel mar dei Caraibi aumenta di giorno in giorno, con i raid statunitensi contro imbarcazioni di presunti narcotrafficanti che non si fermano: solo ieri — 2 novembre — sono state uccise altre tre persone, che si sommano alle altre 61 uccise nelle scorse settimane e che hanno portato l'Onu a condannare le "esecuzioni extra-giudiziali" di Washington. “Questi narcoterroristi stanno portando droga sulle nostre coste per avvelenare gli americani nel loro stesso Paese, e non ci riusciranno. Il dipartimento li tratterà esattamente come trattiamo Al Qaeda”, ha scritto sui social il segretario alla Difesa, Pete Hegseth. “Continueremo a rintracciarli, localizzarli, dar loro la caccia ed eliminarli”.
Nelle prossime ore, di fronte alle coste del Venezuela, è atteso l’arrivo della portaerei americana Ford, che si aggiunge al nutrito gruppo di navi militari già schierate. In questi giorni, poi, sono proseguite le esercitazioni militari di marines a Porto Rico — che è “Stato libero associato degli Usa” e si trova a meno di 800 chilometri dal Venezuela — con video pubblicati sui social dal Commando Sud con anfibi, militari ed elicotteri che simulano sbarchi: “Le forze statunitensi sono dispiegate nei Caraibi a supporto delle priorità del presidente per contrastare il narcotraffico e proteggere la patria”, si legge nel testo del post.
C’è chi in questi giorni si spinge a fare equazioni e parallelismi con Cuba durante la guerra fredda. Perché Caracas è una stretta alleata di Mosca, e perché negli scorsi giorni Maduro ha chiesto aiuto a Vladimir Putin. “Monitoriamo attentamente ciò che accade. Vogliamo che tutto resti pacifico e che non sorgano nuovi conflitti nella regione”, ha detto ieri il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, che prova a essere cauto pur ammettendo di essere “effettivamente in contatto con i nostri amici venezuelani”, a cui sono legati con “diversi obblighi contrattuali”. L’ultimo firmato lo scorso 21 ottobre dopo che Trump aveva ammesso di aver autorizzato operazioni della Cia in territorio venezuelano. Nel “cortile di casa” sudamericano, per citare la dottrina Monroe.
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