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6 novembre, 2025Abdelhamid Dbeiba rivendica l'arresto del generale, mentre in Italia si riaccende lo scontro politico. Il governo sostiene di essere stata da subito a conoscenza delle accuse mosse da Tripoli, le opposizioni attaccano
“Nessuno è al di sopra della legge”. Il riferimento è a Osama Almasri, e a dirlo è il premier libico Abdelhamid Dbeiba che, dopo l’arresto del generale a Tripoli — accusato di torture e dell’omicidio di un detenuto — rivendica che “per la prima volta dal 2011 non esiste attualmente alcun detenuto al di fuori dell'autorità giudiziaria", ha aggiunto definendo questo risultato "un traguardo nazionale importante", dopo anni di opposizione da parte di vari gruppi armati.
L’ipotesi che circola è che, più che un sussulto legalitario, l’arresto di Almasri sia stata la conseguenza di un regolamento dei conti con le vare milizie che governano da anni il Paese; l’epilogo delle tensioni che, da mesi, oppongono il premier libico alla Rada, la forza di deterrenza speciale anticrimine e antiterrorismo di cui il generale era uno dei leader.
L’arresto di Almasri ha riacceso in Italia lo scontro politico. Con le opposizioni che si sono scagliate contro il governo, che ha scelto di espellere Almasri cono un volo di Stato, dopo averlo arrestato sotto mandato di cattura delal Corte penale internazionale. E con il governo che ha provato a rimandarle al mittente. “Quanto sta accadendo in queste ore in Libia dimostra che la scelta di liberarlo e consegnarlo alle autorità di Tripoli non era garanzia di impunità, anzi”, ha detto ieri il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Che oggi rilancia, in un’intervista a Il Foglio. Per il titolare del Viminale, l’opposizione “dovrebbe chiedere scusa al governo chi, per malafede o più probabilmente per scarsa conoscenza dei fatti e degli atti, aveva sostenuto che avevamo rimpatriato un soggetto pericoloso per assicurargli impunità. Se avessero letto con attenzione tutti gli atti finiti dinanzi alla competente giunta parlamentare — ha continuato — avrebbero rilevato che fra gli elementi che furono valutati al momento del rimpatrio ci fu anche una richiesta di estradizione di Almasri da parte dell’autorità giudiziaria libica, per processarlo per gli stessi reati”.
Una ricostruzione, sostengono invece oggi molti osservatori, che sembrerebbe cozzare con le date allegate negli atti con cui il tribunale dei ministri ha indagato sulla liberazione del torturatore libico. Con la richiesta di estradizione di cui parla Piantedosi che arrivata dopo il rimpatrio. Insomma, quel che è certo è che il caso Almasri non è mai finito.
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