Prima era arrivata l’apertura dell’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente Steve Witkoff. Poi la conferma, direttamente da Donald Trump: “Domani (18 marzo, ndr) parlerò con Putin della fine della guerra”, ha detto ai giornalisti sull’Air force one, l’aereo presidenziale, di ritorno a Washington dalla Florida. Il colloquio telefonico tra il presidente degli Stati Uniti e il suo omologo russo sarà il secondo dall’insediamento del tycoon. Si terrà dopo settimane di contatti intensi tra l’amministrazione statunitense con le controparti russa e ucraina. Witkoff, che il 13 marzo ha incontrato di persona l’inquilino del Cremlino, ha detto alla Cnn che “le distanze tra le due parti si sono ridotte” e si è detto fiducioso che ci possano presto essere “progressi reali” nelle trattative. Intanto Kiev – dopo aver annunciato nuove armi in proprio possesso capaci di colpire il territorio russo – ha attaccato nella notte con droni alcune infrastrutture della regione russa di Astrakhan.
"Abbiamo possibilità di porre fine alla guerra"
“Abbiamo lavorato molto nel weekend – ha detto il presidente statunitense –. Vogliamo vedere se possiamo porre fine a questa guerra. Forse ci riusciremo, forse no, ma penso che abbiamo ottime possibilità. Parleremo di terre, parleremo di centrali elettriche. Penso che ne abbiamo già discusso molto da entrambe le parti, Ucraina e Russia. Ne stiamo già parlando”, ha sottolineato, precisando che diversi territori “sono molto diversi da come erano prima della guerra” e che anche per questo si sta già discutendo di dividere “certi beni” tra Mosca e Kiev. “Vedremo – ha aggiunto il tycoon – se avremo qualcosa da annunciare”.
Sul tavolo delle trattative, come primo passo verso una “pace duratura”, c’è la proposta di tregua di 30 giorni accettata dall’Ucraina dopo gli incontri della scorsa settimana, a Gedda, con i funzionari statunitensi; colloqui – quelli in Arabia Saudita – che hanno riavvicinato le parti, dopo la lite tra Trump e Zelensky e le minacce del presidente statunitense di staccare la spina a qualsiasi aiuto (militare e di intelligence) verso Kiev. Secondo l’inviato di Trump, Witkoff, il colloquio Trump-Putin darebbe “un impulso positivo ai negoziati sull’Ucraina, perché dimostrerebbe la volontà reciproca di raggiungere una pace duratura” che prevederà concessioni territoriali da parte di Kiev. Concetto ripetuto in un’intervista all’Abc dal consigliere americano per la Sicurezza nazionale, Michael Walts, secondo cui l’Ucraina dovrà rinunciare ad “alcuni territori e alla prospettiva di entrare nella Nato. Riusciremo a cacciare tutti i russi da ogni centimetro di terra ucraina, inclusa la Crimea? - si è chiesto -. È realistico?”. Intanto, secondo il New York Times, l'amministrazione Trump avrebbe deciso di ritirarsi dall'organismo - istituito nel 2023 dall'Unione europea - per indagare sui crimini di guerra in Russia.
Attacco con droni sulla regione russa di Astrakhan
Anche se Zelensky si dice certo che Putin voglia “sabotare la diplomazia”, Kiev resta in attesa di capire le mosse della controparte russa. Tuttavia, sul fronte militare la situazione rimane la stessa. Nella notte le forze armate ucraine hanno effettuato un massiccio attacco con droni contro le infrastrutture, tra cui un grande complesso di carburante ed energia, della regione russa di Astrakhan. L'offensiva – ha riportato l’agenzia di stampa russa Tass – ha causato un incendio, una persona è rimasta ferita e gli impianti dove erano presenti dei lavoratori sono stati evacuati. Ma ci sono altre due novità. La prima è che Zelensky ha deciso di cambiare il capo di stato maggiore dell’esercito, con Andriy Gnatov che andrà a sostituire Anatoly Barhyelevych. La seconda è stata la presentazione del primo vero missile a lungo raggio ucraino, il Long Neptune. L’arma più potente schierata finora, perché in grado di colpire obiettivi fino a mille chilometri (tradotto: può raggiungere Mosca che, finora, è stata attaccata solo con droni).
Macron: "L'Ucraina è un Paese sovrano"
Intanto, mentre Trump si appresta a parlare con Putin, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer – dopo la riunione da remoto dei “volenterosi” di sabato 15 marzo – stanno lavorando a un piano per inviare una forza di interposizione militare in Ucraina (anche se rimangono tante distanze: la premier Giorgia Meloni ha già detto che l’Italia non manderà proprio soldati). Idea, quella di schierare militari europei ai confini russi, che è stata bocciata drasticamente dal Cremlino. Per il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, consisterebbe in “una dichiarazione di guerra”. “Macron e Starmer – ha ribadito su X – fingono di essere stupidi. Di volta in volta gli viene detto che i peacekeeper devono provenire da Stati non appartenenti alla Nato. Ditelo e basta: se volete dare aiuti militari ai neonazisti a Kiev, ciò significa guerra con la Nato. Consultatevi con Trump, feccia”. Parole rimandate al mittente dall’inquilino dell’Eliseo, secondo cui l’operazione non può dipendere “dal consenso della Russia” ma la decisione spetterà all’Ucraina, “che è un Paese sovrano”.