A una settimana dai primi raid israeliani sull’Iran, la guerra tra Tel Aviv e Teheran non dà segnali di distensione. Questa mattina, 20 giugno, un missile iraniano ha bucato la difesa aerea a Beer Sheva, nel Sud di Israele, causando sette feriti e danni ingenti, anche a un ufficio della Microsoft, oltre che a edifici residenziali. Le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno rivendicato che "il sito Microsoft di Beer Sheva è stato attaccato perché collabora con l'esercito israeliano". Ma nella notte ci sono state esplosioni anche nella residenza dell’ambasciatore norvegese nella capitale israeliana.
Raid su Teheran
Nella notte, l’Idf - con oltre 60 aerei da guerra - ha dato il via a un’ondata di attacchi su Teheran. Secondo una nota dell’Idf, tra gli obiettivi c’erano "diversi siti di produzione missilistica industriale" che in passato rappresentavano il "cuore industriale del ministero della Difesa iraniano; siti militari che producevano componenti missilistici e impianti per la produzione di materie prime utilizzate per la fusione dei motori missilistici". Gli attacchi hanno colpito anche il "quartier generale del progetto nucleare Spdn”, affermano le forze armate di Tel Aviv.
L'attesa per la decisione di Trump
Il Medio Oriente rimane ancora in attesa di capire se gli Stati Uniti entreranno o meno direttamente nel conflitto. Ieri Donald Trump ha scelto di prendersi tempo - “due settimane” - prima di decidere su un eventuale attacco, aprendo al tempo stesso alla possibilità di nuove trattative con Teheran. Anche se, questa mattina, il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha ribadito che “l’Iran non è disponibile a tenere alcun negoziato mentre continuano gli attacchi israeliani”.
Oggi pomeriggio, Araghchi è atteso a Ginevra per incontrare suoi omologhi di Francia, Germania e Gran Bretagna, oltre all'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione europea. E sempre oggi pomeriggio - alle 17 italiane, alle 11 negli Usa - Trump presiederà un’altra riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale. Che nella regione ci siano movimenti che potrebbero far presagire a un’ulteriore escalation del conflitto è testimoniato anche dal fatto che, secondo immagini satellitari analizzate dall’Afp, decine di caccia militari statunitensi sono stati ritirati da una delle più grandi basi americane in Medio Oriente, quella in Qatar, per evitare di essere sotto il fuoco di Teheran nel caso in cui decidesse di attaccare postazioni Usa.
Il Cremlino: "Regime change inaccettabile"
E sul conflitto tra Israele e Iran è intervenuto ancora il Cremlino, dopo che ieri il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jinping hanno avuto una conversazione telefonica e hanno convenuto, entrambi, sulla necessità di porre fine alla guerra. Questa mattina il portavoce del Cemlino, Dmitry Peskov, in un’intervista a Sky News ha definito “inaccettabile e inimmaginabile” un regime change in Iran e l'uccisione della Guida suprema Ali Khamenei, che "scoperchierebbe il vaso di Pandora”. “La situazione è estremamente tesa e pericolosa non solo per la regione, ma a livello globale", ha affermato Peskov, sottolineando che "ampliare il numero dei partecipanti al conflitto è potenzialmente ancora più pericoloso. Ciò porterà solo a un altro ciclo di scontro e a un'escalation della tensione nella regione”. Se “gli Stati Uniti dovessero usare armi nucleari tattiche in Iran - ha aggiunto il portavoce del Cremlino - sarà una catastrofe”.