Trentatreenne, socialista, musulmano, nato in Uganda da genitori di origini indiane. Ha vinto le primarie democratiche con una campagna che ha messo al centro i diritti sociali

Chi è Zohran Mamdani, il candidato sindaco più a sinistra della storia di New York

"Abbiamo fatto la storia. Lotterò per una città che funziona, che sia accessibile, che sia sicura". Zohran Mamdani, 33 anni, ha vinto le primarie del Partito democratico e sarà il candidato sindaco a New York. Soltanto pochi mesi fa, era considerato un outsider, con poche chance di battere Andrew Cuomo, il grande favorito. Durante la campagna elettorale, l'ex governatore dello Stato di New York ha provato a insistere sulla mancanza di esperienza del suo sfidante: "È stato nel governo per 27 minuti. Ha approvato tre leggi. È questo tutto ciò che ha fatto". 

 

Eppure a Zohran Mamdani, nella sua breve carriera (se non altro per ragioni anagrafiche), non mancano né risultati concreti, né una visione chiara. Dopo la laurea in African Studies al Bowdoin College, ha lavorato come consulente per la prevenzione dei pignoramenti immobiliari, aiutando proprietari di case a basso reddito – in particolare afroamericani e latini – a non perdere le loro abitazioni. È in questo contesto che nasce la sua vocazione politica: "Vedevo ogni giorno gli effetti concreti della disuguaglianza", ha raccontato. "Era impossibile restare neutrale". Eletto deputato statale nel 2020, ha introdotto un programma pilota che ha reso gratuiti alcuni autobus cittadini e promosso progetti di edilizia pubblica, misure contro gli sfratti e campagne di protezione per gli inquilini nel Queens.

 

Al centro della sua piattaforma ci sono misure chiare, concrete e radicali: trasporti pubblici gratuiti, congelamento degli affitti regolamentati per quattro anni, assistenza medica gratuita per i bambini, costruzione massiccia di nuove abitazioni a canone calmierato e persino la creazione di supermercati comunali con beni essenziali a prezzi ridotti. Come si finanzia un programma del genere? Anche qui, la risposta è semplice: tasse, soprattutto per i ricchi. Mamdani propone di aumentare le imposte per le grandi aziende e per chi guadagna più di un milione di dollari l’anno. Un programma ambizioso e radicato al territorio: "Oggi le persone che hanno costruito questa città, quelle che la fanno funzionare ogni giorno, non possono più permettersi di chiamarla casa". Non ha paura di dire cosa vuole e, secondo lui, nessuno dovrebbe averne: "Possiamo vivere liberi e senza fame. Possiamo pretendere ciò che ci spetta".

 

Allo stesso modo, non ha avuto paura di rendere la sua fede musulmana una parte visibile della campagna elettorale. Ha visitato moschee e diffuso un video elettorale in urdu sulla crisi del costo della vita a New York. "Sappiamo che stare in pubblico come musulmani significa anche rinunciare alla sicurezza che a volte possiamo trovare nell’ombra", ha detto durante un comizio questa primavera. Non si è neanche risparmiato nell'assumere posizioni nette su temi divisivi di politica estera. Ha usato senza indugi la parola genocidio per descrivere ciò che sta avvenendo a Gaza. Su Israele ha detto: "Non sono a mio agio nel sostenere uno Stato che ha una gerarchia di cittadinanza basata sulla religione. Credo che l’uguaglianza debba essere garantita in ogni Paese, come dovrebbe essere qui". Parole che lo hanno messo in rotta di collisione con l'establishment democratico, incarnato dal suo rivale alle primarie, Cuomo, che si è definito un fiero sostenitore di Tel Aviv. Nonostante ciò, Mamdani ha scelto di concentrare la sua comunicazione sui temi economici.

 

Nelle interviste ha sempre ribadito la necessità di tornare a parlare dei problemi quotidiani delle persone e di farlo in maniera chiara. Durante i comizi, ripete come un mantra i suoi tre principali punti programmatici e spesso fa finire i suoi ritornelli al pubblico come il frontman di una band: "Chi conosce il nostro programma?", ha chiesto durante un incontro elettorale in un comedy club di Brooklyn. "Congelare…" — "…gli affitti!", ha continuato la folla. "Rendere gli autobus…" — "…gratuiti e veloci!", — "Garantire l’asilo…" — "…per tutti!". Una scena che sintetizza la forza della sua comunicazione: semplice, partecipativa, facile da ricordare. 

 

Impossibili da dimenticare sono anche il suo volto, l'umorismo con cui ha conquistato sempre più spazio sui social e la sua storia personale, così eclettica da essere, in fondo, canonicamente newyorkese. Nato a Kampala, Uganda, è arrivato a New York all'età di sette anni e soltanto nel 2018 è diventato cittadino americano. Per un po' di tempo la famiglia ha fatto la spola tra Queens e l'Africa, con Zohran al seguito, che all'epoca cantava brani rap sotto il nome d’arte di Mr. Cardamom e vendeva i suoi mixtape per meno di un dollaro nei parcheggi dei taxi di Kampala. Esperienza che, racconta scherzando, lo "ha aiutato a gestire il rifiuto". L'interesse per la politica e l'inclinazione verso l'arte sono opera della genetica, che ha operato una sintesi tra i suoi genitori. Il padre, Mahmood Mamdani, è un rispettato accademico marxista alla Columbia University. Sua madre, Mira Nair, regista, ha lavorato con attrici e attori del calibro di Lupita Nyong’o e Denzel Washington ed è stata candidata all’Oscar. Prima di entrare in politica, Mamdani ha anche lavorato alla colonna sonora di uno dei film di Nair: "Il nepotismo e il duro lavoro ti portano lontano", ha commentato ironico. 

 

L'ironia è un elemento chiave del suo successo comunicativo. In uno dei suoi format più riusciti su TikTok, si aggira per le strade di New York con un microfono in mano e, con tono leggero e autoironico, intervista i passanti - inclusi i sostenitori di Donald Trump. Non cerca mai lo scontro, ascolta, prova a comprendere e magari a convincere. "La tua energia è…", bofonchia uno degli intervistati, in cerca di un modo per controbattere, prima di arrendersi con un sorriso e un pollice alzato. In un altro video si tuffa nelle acque gelide di Coney Island in giacca e cravatta, esce dall’oceano tremando e dice: "Sto congelando… come gli affitti se sarò il prossimo sindaco di New York!".

 

Va fatto il solito disclaimer: New York non sono gli Stati Uniti e Mamdani è solo il candidato, non è detto che diventi sindaco. Ma il suo esperimento impone una riflessione, soprattutto per la sua popolarità nella generazione Z. Tra i 18-34enni, gli ultimi sondaggi lo davano al 60% delle preferenze. Piace ai giovani e non è scontato, soprattutto in un momento storico in cui una parte di loro (gli uomini) si sta spostando sempre più su posizioni conservatrici. Uno degli slogan più fortunati dei forum online dell'estrema destra americana è "The Left Can't Meme", ("la sinistra non sa fare i meme"), a ndicare le difficoltà dei progressisti nel produrre contenuti divertenti per via delle costrizioni del cosiddetto politicamente corretto. A Zohran Mamdani, si è visto, la simpatia non manca. La sua vittoria è la dimostrazione che la sinistra non solo sa memare, ma, quando fa la sinistra, può perfino vincere. 

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