Nel capoluogo campano il 44 per cento degli edifici è a rischio sisma. Ma le istituzioni allargano ?le braccia. E puntano, come sempre, sulla fortuna

La terra ha tremato di nuovo e di nuovo case private ed edifici pubblici si sono sgretolati. Sgretolati come se da noi, in Italia, non si conoscessero i concetti di messa in sicurezza, analisi, studio e prevenzione. Come se i fondi stanziati in seguito alle catastrofi che ricordiamo con dolore fossero serviti ad altro. Come se nessuna consapevolezza ci sia: si scava tra le macerie, si seppelliscono i corpi e tanto deve bastare. Ci vediamo al prossimo terremoto. Ci vediamo per scavare ancora e con più rabbia e impotenza. Ci vediamo in chiesa per i funerali che verranno. E speriamo che accada come ora, quando a scuola non ci sono studenti, quando per le vacanze gli uffici pubblici sono sotto organico. Possibile mai che ci si debba augurare che quando la terra tremerà di nuovo lo faccia con un occhio al calendario? Lo faccia di notte, momento in cui i nuclei familiari sono solitamente uniti? Possibile che dopo ogni tragedia tutto venga sistematicamente dimenticato, archiviato, rimosso?

La storia della scuola Romolo Capranica di Amatrice è emblematica di un modo di concepire la cosa pubblica non solo da parte di chi ne è consapevole (e, magari, colpevole), ma anche di chi subisce senza consapevolezza, senza sapere come intervenire. Più volte sono stati stanziati fondi per la messa in sicurezza della Romolo Capranica che avrebbe dovuto ridurre i rischi per l’edificio nel caso di evento sismico. Dei fondi stanziati per la ristrutturazione e messa in sicurezza pare si siano in parte perse le tracce, ma la cosa più assurda è che i lavori che si intendeva finanziare non potevano essere portati a termine perché sulla scuola c’erano vincoli di tipo architettonico, quindi mai si è parlato di adeguamento strutturale in caso di sisma, ma sempre e solo di generica ristrutturazione. Un cane che si morde la coda e che diventa una bestia devastatrice: documenti pubblici riportano la pericolosità della Capranica in caso di evento sismico, ma nulla si è fatto in questi anni per spostare altrove gli studenti che evidentemente hanno rischiato la vita.

Questa vicenda mostra anche come nell’inefficienza si è tutti pari. Io che mi occupo di mafie sento continuamente discorsi e domande su quanto le organizzazioni criminali possano essere consustanziali a territori più che ad altri. Il Sud Italia è la culla naturale delle più feroci consorterie criminali che al Nord non avrebbero potuto nascere: falso. Falsissimo. Le mafie, nate al Sud, fanno affari al Nord. La leggenda del Nord efficiente e del Centro Italia che tutto fa a norma, che tutto fa secondo le regole, è un racconto furbo da esportazione che alla prova dei fatti si palesa come un modo, l’ennesimo per rendere prassi assurde accettabili.

E così, in un territorio esposto ad altissimo rischio sismico, le strutture pubbliche erano fuori da ogni mappatura seria e impossibilitate a essere messe a norma: lo stesso accade a Napoli. Paolo Barbuto per “Il Mattino” ha documentato un numero impressionante di edifici in cattivo e cattivissimo stato: «Siamo stati in luoghi dai quali avevamo solo voglia di scappare», scrive, «e invece lì dentro ci sono nostri concittadini che trascorrono tutta la vita e che alla sera (ci ha spiegato Lucia, settant’anni tutti trascorsi ai Quartieri) pregano: “Gesù abbraccia tu questo palazzo e mantienilo in piedi anche stanotte”. Amen».

A Napoli il 44 per cento degli edifici (adibiti ad abitazione e in qualche modo aperti al pubblico) è considerato a rischio, a rischio per tecniche di costruzione, per materiali utilizzati e per manutenzione mai avvenuta. Barbuto riporta la testimonianza di un uomo che racconta come il palazzo dove abita fosse stato puntellato da tubi Innocenti dopo il terremoto del 1980 e poi nessuno sarebbe andato né a controllare lo stato dell’edificio, né a progettare lavori. Così con gli anni l’impalcatura sarebbe stata rimossa, poco per volta, dagli stessi inquilini. Questa è la storia di una città che da un terremoto, oggi, sarebbe annientata, rasa al suolo. Marco Pannella è stato tra i pochi a paventare il pericolo eruzione del Vesuvio e soprattutto a denunciare la totale mancanza di informazione e di un piano di evacuazione. Ma è andata bene “fino a mmo’”, diranno e quindi si fa finta di niente. Napoli e l’Italia fanno conto come sempre sulla ciorta, la fortuna, il caso. Il fatalismo che si fa regola da sempre e per sempre in un paese, come ha detto Pannella: «Malato di necessità di menzogna».