La comunità arcobaleno aspetta da oltre trent’anni una legge dignitosa. Ma in Aula non trova veri rappresentanti

La maggioranza festeggia la calendarizzazione del ddl Zan in Senato e la relativa bocciatura dei calendari proposti dalla destra, ma se nel frattempo vengono a mancare i numeri per la sua approvazione o se quantomeno del doman non v’è certezza, allora dove si sta correndo e a cosa si va incontro? Quel domani è martedì 13 luglio: quando il testo passerà al vaglio del Senato, ormai nel mistero perché nel frattempo, sopra le nostre teste, si sta giocando una partita politica che ha a che fare con tutto tranne che con la vita delle persone Lgbt+.


Mentre la destra avanza alternative irricevibili in vista del voto, il Partito Democratico punta il dito verso Renzi, che con la solita spocchia ci spiega come senza la giusta mediazione (che sarebbe la sua, cioè ulteriori compromessi e rimpalli) qualcuno potrebbe bloccare questa legge necessaria.


D’altronde garantisce di agire nell’interesse della legge, ricordandoci di essere stato proprio lui a firmare le unioni civili: altra occasione in cui non non si fecero grandi scrupoli a stralciare una legge già a tratti umiliante. In poche parole la retorica resta quella per cui in un momento di pericolo “è meglio qualcosa di niente”, ma non si capisce chi dovrebbe essere il pericolo se non la fetta di voti del suo stesso partito: pochi mesi fa compatto sul testo alla Camera. Chissà se sotto al titolo di mediazione aleggiano taciti accordi di diversa natura politica per i prossimi giri di giostra.

 

Diritti
Ddl Zan, il movimento Lgbt compatto contro ogni modifica: «Basta mediazioni sulla nostra pelle»
5/7/2021

Ma la verità più triste è che questa strategia, giocata sul filo dei rasoi attraverso il ricatto passivo-aggressivo, per quanto sia viscida trova di fatto campo nelle debolezze strutturali della cosiddetta sinistra e forse, per una volta, lo stolto è chi guarda sempre e solo alla luna - ogni volta diversa- e mai al dito del Pd che la indica. Quel Pd che con la promessa di blindare la legge ha fatto compromessi e pastrocchi per acchetare i suoi stessi deputati omofobi seppur, nonostante tutto, siano proprio quei pastrocchi oggi i punti su cui si sta giocando il tiro alla fune dentro cui Italia Viva sguazza. Quel Pd da sempre consapevole che la partita più difficile sarebbe stata in Senato e che ha ugualmente scelto di cominciare il percorso alla Camera, lasciando sospettare che gli stessi promotori ci tenessero più alla propaganda che ai contenuti e ai diritti, fondamentali per milioni di persone. Quel Pd che volendo fare un esempio non ha mai avuto la forza, proprio come chiunque altro, di mettere il matrimonio egualitario nei propri programmi e che negli anni, invece di asportare i propri cancri - omotransfobici, conservatori, timorati, destrorsi -, ha sempre preferito costruirsi un’identità sul contrasto con ciò che fosse fuori da sé anziché su di sé.

 

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5/7/2021

In questo panorama desolante dove la politica si riduce a un canto delle sirene che fa da sottofondo al gioco delle sedie musicali, nessuna prospettiva risponde più ai bisogni delle persone né rappresenta il paese reale. La comunità Lgbt+ di persone in carne ed ossa che da 30 anni chiedono una legge dignitosa contro l’odio omobitransfobico e ormai molto di più, da mesi scende nelle piazze lanciando un grido di rivendicazione. Eppure chi dovrebbe rappresentarci sembra aver ascoltato chiunque tranne noi: dalle tv alle aule del parlamento sulla nostra pelle ha potuto giocare, discutere e opinare chiunque tranne noi, persino enti religiosi e paesi stranieri o esponenti di movimenti omobitransfobici. 


Però il grido è forte e chiaro: non è più il tempo in cui qualcosa è meglio di niente ma quello in cui niente è meglio di qualcosa, perché non siamo persone al servizio del pallottoliere parlamentare o fazzoletti da agitare per raccogliere consensi. Nessun pezzo può rimanere indietro, è già cominciata la resistenza e quel grido di rivendicazione rischia di trasformarsi in un grido di vendetta.