L’appello

«Di questo passo ci metteremo 124 anni a raggiungere gli obiettivi verdi: serve accelerare coinvolgendo i cittadini»

di Vittorio Cogliati Dezza   12 luglio 2022

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L’Italia deve velocizzare l’installazione di nuovi impianti per le rinnovabili. Ma semplificare e alleggerire gli impedimenti burocratici non basta. È sul territorio che si gioca la partita

Accelerare si può. Ad una condizione.

Accelerare nell’installazione di nuovi impianti di rinnovabili è necessario. Ce lo dice l'Europa, con gli obiettivi al 2030 fissati dal Fitfor55 ed il RePowerEU, e ce lo dice il buon senso di fronte alla catastrofica siccità di quest'anno. Ma l’Italia continua a viaggiare ad un ritmo troppo lento. Secondo le proiezioni di Legambiente se proseguissimo alla velocità degli ultimi tre anni ci vorrebbero 124 anni per raggiungere gli obiettivi europei.

Lo scenario con cui dobbiamo misurarci è chiaro. Come spesso succede nei periodi di rapida e profonda trasformazione si è accorciata la distanza temporale tra presente e futuro. “Il futuro è subito” gridavano a Glasgow i Fridays for Future.

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La notizia straordinaria di questi mesi, pur così drammatici, è che accelerando nell’installazione delle rinnovabili si possono portare a casa molteplici risultati positivi: indipendenza energetica, riduzione emissioni climalteranti, riduzione del costo dell’energia, nuovi posti di lavoro, qualità ambientale e salute. Non è poco!

La partita quindi si gioca subito. Altrimenti, con buona pace per il nostro ministro della transizione ecologica, non sarà la transizione a provocare il “bagno di sangue”, ma la sua timida realizzazione, a vantaggio degli attuali grandi player dei combustibili fossili. Non so se sia lecito essere ottimisti, ma certamente oggi abbiamo l’opportunità concreta per accelerare. I segnali non mancano.

Lo vediamo in alcuni emendamenti presentati dall’onorevole Muroni al Decreto Aiuti, che contribuiscono a semplificare le regole e gli adempimenti per eolico e bioetanolo. Lo vediamo nelle prospettive disegnate da Elettricità Futura, l’associazione di settore di Confindustria, secondo cui è praticabile l’installazione di 85 nuovi GW di rinnovabile al 2030, con 309 miliardi di euro di investimenti al 2030 e 470.000 nuovi posti di lavoro tra filiera e indotto, con la riduzione del 75% delle emissioni di CO2 del settore rispetto al 1990.

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Lo vediamo, ad esempio in Emilia Romagna, con la legge sulle comunità energetiche. Ma per realizzare il vero cambio di passo serve il coinvolgimento dei territori, che rischiano di essere il collo di bottiglia, ed agire con i commissariamenti sarebbe controproducente. Semplificare e alleggerire gli impedimenti burocratici è necessario, ma non sufficiente. Ed oggi è proprio sul territorio che si gioca la partita, come spesso ha ripetuto il Forum Disuguaglianze e Diversità. Occorre coinvolgere le amministrazioni locali e le persone, realizzando in modo diffuso e sistematico il dibattito pubblico, organizzato a misura di progetto e prima che il progetto sia esecutivo, come luogo di incontro tra i bisogni e i saperi del territorio, l’interesse generale del Paese e l’efficienza dell’impianto.

Se la comunità è soddisfatta delle soluzioni ingegneristiche, quella sarà sicuramente la soluzione ottimale. Non c’è un modo solo per fare gli impianti. La partecipazione non è un lusso, ma è la garanzia di fare le cose bene e presto.

Vittorio Cogliati Dezza è membro del Coordinamento Forum Disuguaglianze e Diversità