Opinioni
24 novembre, 2025Articoli correlati
Una cultura da sconfiggere. Con ogni mezzo a partire dalle leggi su femminicidio e tutele civili
Ogni 25 novembre siamo chiamati a ricordare qualcosa che non dovrebbe mai essere dimenticato: la violenza contro le donne. Siamo chiamati a riflettere sul fatto che non si tratta di un’emergenza episodica, ma di una violazione dei diritti umani tra le più diffuse al mondo e, insieme, una delle più taciute, fatta spesso di silenzi e impunità. Nonostante decenni di battaglie, i dati di questo fenomeno sono ancora sconvolgenti: quasi una donna su tre ha subito abusi nell’arco della vita. Basta questo per capire che non siamo di fronte a un problema “di nicchia”, ma a una ferita collettiva che attraversa culture, classi sociali, confini.
Quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì, nel 1999, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’obiettivo era chiaro: rompere una sorta di muro della normalizzazione. Dare voce a ciò che per troppo tempo era stato relegato ai margini, come se la violenza domestica, sessuale, psicologica fosse un fatto privato, una questione familiare, un incidente isolato. Così non è. Non lo è mai stato.
La violenza di genere è un sistema. È la conseguenza estrema di rapporti sbilanciati, di un’idea di possesso che ancora oggi resiste sotto la superficie delle nostre società. E quando questo sistema esplode nella sua espressione più feroce, prende un nome preciso: femminicidio. Un termine necessario perché fotografa un fatto: le donne vengono uccise perché sono donne. Perché si sottraggono al controllo, perché rifiutano la subordinazione, perché in troppi casi una cultura patriarcale continua a considerarle inferiori, disponibili, sacrificabili.
In queste settimane il Parlamento italiano sta compiendo due passi importanti. Uno è la legge che introduce il reato di femminicidio, già approvata dal Senato ed ora all’esame della Camera. La necessità di istituire questo reato che prevede pene severe è sostenuta con lucidità e determinazione nell’intervista a Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano, da anni in prima linea nel denunciare la necessità di riconoscere la specificità di questi crimini. L’altro provvedimento è la norma che prevede il patrocinio gratuito anche in sede civile per le donne che hanno presentato una denuncia penale: un aiuto concreto, che può fare la differenza tra la possibilità di difendersi e la condanna al silenzio.
Nel numero di questa settimana, L’Espresso dedica la copertina e un ampio dossier a questo tema. Beatrice Dondi, nel suo articolo “Una violenza goccia a goccia”, mostra come la violenza non sia solo l’esplosione che finisce nei titoli dei giornali, ma quella goccia che scava un solco ogni giorno: una parola umiliante, un controllo del telefono, un isolamento lento, una mano alzata per uno schiaffo in un salotto “perbene”. Una goccia capace di erodere nel tempo. Per questo abbiamo scelto un gesto semplice ma simbolico e necessario: pubblicare, in tutte le pagine del dossier, i nomi delle donne uccise quest’anno in Italia. Perché ognuna di loro aveva un volto, una storia, un futuro che qualcuno ha deciso di cancellare. E perché nominarle significa dire che non erano numeri, e che non lo saranno mai.
Contro la violenza però non bastano le ricorrenze. Serve un cambiamento culturale, giuridico, ma soprattutto educativo. Il nostro vuole essere un contributo nell’ambito di un impegno ad affrontare e risolvere il problema.
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