Il premier rinvia il decreto sul fisco al 20 febbraio, dopo la successione a Napolitano. «Così Renzi alimenta i sospetti sul patto con Berlusconi» sostiene la minoranza Pd. «Non moriremo antiberlusconiani» è la replica dei renziani

Con il 'Salva Silvio' Renzi si tiene stretto Berlusconi

Alla fine potrebbe essere, banalmente, una manovra politica. Ne sono convinti molti commentatori e la minoranza interna del Pd. L’incidente del 'Salva Silvio', l’art. 19 bis inserito all’ultimo momento nel decreto sul fisco, che stabilisce una soglia di non punibilità penale per l’evasione, non è un incidente.

Non regge la teoria della trappola fatta alle spalle del premier, il sabotaggio del patto del Nazareno, circolata nelle prime ore della polemiche, prima che Renzi si prendesse la responsabilità della scelta. E regge poco anche l’idea che si sia trattato di una norma scritta male, di una scorretta interpretazione della stampa, dell’ossessione 
antiberlusconiana che colpirebbe la minoranza Pd e alcuni quotidiani nazionali. Troppi buchi nelle ricostruzioni, troppi dubbi su chi ha scritto la norma, su quando è stata inserita, sul perché non sia stata presentata in conferenza stampa, dopo il consiglio dei ministri del 24 dicembre, quello dedicato soprattutto al jobs act.

Palazzo
Matteo Renzi cerca chi ha scritto il salva-Silvio, mentre la minoranza dem riprende vigore
6/1/2015
Però questo scrive il premier nella sua periodica mail: «Questa ossessione su Berlusconi sia da parte di chi lo ama, che da parte di chi lo odia non mi riguarda». E invece il sospetto è che sia proprio Berlusconi il punto. E che il premier avesse già in testa di rimandare, come ha annunciato ancora nella e-news, il provvedimento al 20 febbrario, cioè dopo l’elezione del prossimo presidente della Repubblica e dopo l’ennesimo voto sull’Italicum: «Mi sono dato come scadenza il 20 febbraio» scrive ancora Renzi, «in quel consiglio riporteremo anche il decreto già approvato il 24 dicembre. Un decreto che i giornali hanno salutato positivamente per giorni, salvo poi cambiare idea quando qualcuno ha avanzato l’ipotesi che contenesse una norma salva Berlusconi (ipotesi tutta da dimostrare, peraltro)».
 
Quella di Renzi è una reazione? O è invece un complicatissimo piano? Quello che è certo è l’effetto che fa una norma lasciata intravedere a Berlusconi e poi “sospesa”, una norma che non tanto avrebbe estinto la pena, le prestazioni a Cesano Boscone che comunque finiranno a marzo, ma che avrebbe assicurato la famosa agibilità politica. Con il tetto al 3 per cento, quella che il premier rivendica come «adeguata soglia di punibilità» (precisando però che nelle intenzioni sono «penali» e cioè che «il colpevole paga lo stesso, tutto, fino all'ultimo euro ma con sanzioni amministrative»), Berlusconi sarebbe tornato in pista.
 
«Noi cambiamo il fisco per gli italiani, non per Berlusconi» fa però il duro Renzi. Bastone e carota. «Senza fare sconti a nessuno, nemmeno a Berlusconi che sconterà la sua pena fino all'ultimo giorno». Per la sinistra Pd, tempi e toni sono però sospetti. Per Alfredo D’Attorre, ad esempio, rinviare al 20 febbraio è «una decisione sbagliata che rischia di aumentare fortemente polemiche e sospetti», perché «temi come l’evasione e la corruzione devono avere il massimo dell’urgenza», ed è certo strano bloccare tutto così. Stefano Fassina si concentra sul merito del provvedimento, difeso dal premier: «La propaganda di palazzo Chigi è indecente, offensiva dell’intelligenza degli italiani. Il decreto è peggio di un condono: l’impianto del provvedimento, a prescindere da Berlusconi, premia la grande evasione».

[[ge:espresso:palazzo:1.193725:article:https://espresso.repubblica.it/palazzo/2015/01/05/news/matteo-renzi-la-norma-l-ho-voluta-io-ma-nessun-inciucio-fermo-tutto-1.193725]]Uno che parla chiaro, al Corriere della Sera, è Francesco Boccia: «Sarebbe più diginitoso e più coraggioso riconoscere Berlusconi come interlocutore politico e dire sì alla grazia, invece di infilare un codicillo in uno strumento normativo e nascondere la manina. Renzi ha scelto la via del patto del Nazareno? Vada fino in fondo e poi si confronti nel Pd».
 
Per tutti, la replica dei renziani è sempre la stessa. «Caro Fassina, rassegnati», twitta il deputato Ernesto Carbone, «sono finiti i tempi in cui, ossessionato da Berlusconi, perdevi ed eri contento. Fattene una ragione».


A rigettare però «tutto il corredo di interpretazioni complottistiche» è Matteo Orfini, il presidente del Pd, che viene dalla sinistra del partito ma è da tempo molto vicino al premier. «Sull'ormai famoso decreto fiscale del 3% è evidente che l'errore è stato corretto non appena è stato individuato» dice al Messaggero, «la ratio del provvedimento non è sbagliata. Si tratta di evitare di far scattare conseguenze penali per errori di modesta entità ma senza fare sconti a chi froda il fisco. Ora bisogna scrivere in modo tecnicamente corretto la giusta linea». Serve tempo, evidentemente. Fino al 20 febbraio. E pazienza che anche dalle parti di Forza Italia, così, il fine sembra un altro: «Renzi farebbe bene a portare subito in Consiglio dei ministri il provvedimento, se è davvero convinto che vada modificato, piuttosto che ritirarlo via stampa e rinviare il tutto a fine febbraio» dice a Repubblica Saverio Romano, deputato forzista, «siccome anche lui sa che è una legge giusta erga omnes, farà bene a mantenerla. Ma qui tutto è irrituale, caotico e di conseguenza ambiguo».
 
 
Twitter: @lucasappino

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