La sindaca non lascia, il pm parla di una "sua condotta poco lineare", i carabinieri perquisiscono casa e comune, il gran leader ha fissato nelle dimissioni "il prezzo dell'onestà".  Ma nel Movimento impazzano le polemiche

Quarto, Rosa Capuozzo (M5S): "Non vado in galera per colpa di qualcun altro"

La sindaca di Quarto Rosa Capuozzo – non indagata e anzi parte lesa, ma secondo il pm Woodcock protagonista di una “condotta poco lineare” – resiste al suo posto, non si sa per quanto. Il gran leader Beppe Grillo ha fissato nelle sue dimissioni “il prezzo dell’onestà”, vista l’inchiesta della dda sui presunti condizionamenti della camorra sulle ultime amministrative; l’intendenza a Cinque stelle segue. Oggi di prima mattina i carabinieri bussano alla porta e perquisiscono, sia il comune napoletano, sia la casa della prima cittadina, mentre filtrano dalle intercettazioni frasi – peraltro decontestualizzate – in cui lei confida “non ce la faccio più, non posso finire in galera per colpa di qualcun altro”. Ma soprattutto, al di là delle novità della cronaca, in questa vicenda che squassa e mette alla prova il Movimento più di quanto i suoi strateghi avevano previsto, brilla un paragone: Stalingrado. Il mito di Stalingrado che si rovescia nel suo contrario.
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“Parma è la nostra Stalingrado”, esultava Beppe Grillo nel maggio del 2012, alla vigilia della vittoria di Federico Pizzarotti. L’inizio della rivoluzione. “Luigi Di Maio, responsabile degli Enti locali, è riuscito a trasformare un comune di cinquemila abitanti nella nostra Stalingrado”, confida oggi, quattro anni dopo, un senatore pentastellato all’agenzia Adnkronos. La speranza si è capovolta in assedio, resistenza strenua, simbolo di disfatta alle porte.
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E accanto al sapore di disfatta, quello della beffa. I paragoni che non si possono non fare con il troppo recente caso di Ignazio Marino al comune di Roma, e l’assedio che gli si stringeva intorno, e il Pd che infine sceglieva di dimetterlo; mentre i Cinque stelle, che oggi si trovano dall’altra e più scomoda parte della barricata, gridavano lindi al “tutti a casa”. Casi diversi, sotto molti punti di vista, eppure.

Non a caso adesso Grillo, dopo il direttorio che ieri – assente la sindaca – ha deciso per le sue dimissioni, torna al contrattacco via tweet. Prendendosela con il consigliere del Pd di Marsala, Cimiotta, indagato per voto di scambio, e con il sindaco dem di Brescello, Coffrini, invitato a dimettersi con il cinguettio “Brescello: ‘ndrangheta e Pd”. Come a dire: cari piddini, quelli collusi siete voi.
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Ma il fatto è che, volente o nolente, anche il Movimento ha finito per impigliarsi nelle maglie della corsa al partito pulito, che è la sua bandiera. E in quella logica, spinta a rotta di collo dai Cinque stelle, è lo stesso Grillo ad arrivare adesso in ritardo. Oggi chiede le dimissioni della Capuozzo, ma all’esplodere della polemica difendeva la sindaca “parte lesa”, portando argomentazioni di merito che, come sa o dovrebbe sapere, non valgono mai, in casi come questo. E ora nello stesso movimento taluni lamentano questo ritardo, mentre altri polemizzano su una scelta, quella di scaricare la Capuozzo, presa in modo verticistico, senza consultare la rete. Un tradimento doppio, in qualche modo, dei principi grillini.

Eppoi magari finirà tutto in un bicchier d’acqua. Ma il mondo “degli altri”, attraverso la vicenda di Quarto, si è insinuato nei Cinque stelle: non era mai accaduto. Questo elemento da solo non lo rende, come invece sostiene il deputato di Scelta Civica Librandi, “un partito della Prima Repubblica”. Ma certo accorcia le distanze: il senso di una Stalingrado, alla fine, sta tutto qui.

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