l risveglio è complicato. Lo si capisce dalla poca voglia di parlare e dai commenti affidati a caldo sui social network. I telefoni dei parlamentari romani del Pd squillano a vuoto, solo qualche dirigente di partito lascia un commento il giorno dopo la sconfitta.
Così dopo vari tentativi risponde Patrizia Prestipino membro della Direzione nazionale del PD e segretaria del circolo dell'Eur, uno di quelli annullati dal commissario Orfini. "Era tutto già previsto" commenta così il 32,8 per cento di Giachetti, "ma se su Roma potevamo aspettarcelo, il dato di Torino ci impone una riflessione ulteriore sul modello di partito. - Ma di fronte ad una sconfitta così, non si può che essere ottimisti per ricominciare".
Meno delicato è stato Stefano Pedica che nella nottata appena trascorsa è stato tra i primi a chiedere il congresso romano anticipato. La sua è un'accusa netta ed un invito ad "allontanare dal partito chi si faceva fotografare a cena con i Buzzi di turno. Allo stesso tempo, bisogna far capire ad alcune persone che non basta solo presentarsi come renziani o turbo renziani della prima, seconda o terza ora per avere posizioni di potere, bisogna sentirsi del Pd e del centrosinistra. Adesso, bisogna ricreare un partito e cancellare le aree di potere che hanno rovinato il Pd romano".
Il dito oggi è puntato contro Matteo Orfini e i sub commissari che avrebbero dovuto traghettare il Pd dai giorni funesti dell'inchiesta Mafia Capitale fino alle amministrative, cercando di limitare i danni. Eppure c'è chi sul territorio da mesi accusa un sistema che ha badato più a fustigare che a ricucire quel che rimaneva dopo lo tsunami dell'inchiesta giudiziaria. Non lesina critiche neppure Marco Miccoli, battagliero deputato del Pd ed ex segretario del partito cittadino che ravvisa nella cacciata di Marino l'origine del malcontento. "Lo abbiamo deciso noi di andare al voto. Quelli come me, ed altri come i militanti di Donna Olimpia, che avevano consigliato di non farlo sono stati attaccati e isolati. E, dopo aver chiuso il circolo 'ribelle', ci e' stato impedito anche di essere seggio alle primarie. Ora c'è da ricostruire il partito partendo da quella classe dirigente che nei municipi e' stata attaccata. Nel Pd romano e nel Pd laziale il 'lanciafiamme' e' poco. Orfini e' responsabile della disfatta ma non e' il solo: chi lo ha sostenuto non provi a salire sul carro dei ripulitori".
Di avviso contrario è il diretto interessato. Matteo Orfini in un'intervista rilasciata a La Stampa ha negato che la cacciata di Marino abbia avuto ripercussioni sulla sfiducia che i romani hanno dimostrato verso il Pd. Tuttavia il Commissario non fa autocritica neppure oggi additando tra le cause della disfatta l'avere affidato i rapporti con i quartieri popolari (dove il Pd sparisce nel segreto dell'urna) al "notabilato più deteriore". In un lungo post su Facebook lo stesso Orfini ha poi annunciato il congresso del Pd romano entro ottobre e provato ad abbozzare un'analisi sui motivi della disfatta: "Chiunque abbia girato la città in questa campagna elettorale sa che i romani in periferia non ci criticavano per aver dimesso Ignazio Marino, ma per averlo eletto."
Ma se Roma piange, Cartagine non ride, verrebbe da dire. E la sconfitta di Piero Fassino a Torino impone al Pd una riflessione in più sul perchè quello di Renzi non sia più il partito a vocazione popolare. E' Roberto Morassut, assessore all'Urbanistica durante la giunta Veltroni, ad allargare il ragionamento anticipando probabilmente quelle che saranno le riflessioni della Direzione nazionale di venerdì. "Il tema di fondo è il funzionamento di questo partito dove non c'è più una libera circolazione delle idee, c'è un pluralismo finto di mille correnti che non esprimono un'idea e non hanno collegamento con la società – analizza il deputato - Non possiamo pensare di andare avanti solo con la figura trainante di Renzi. A Roma bisogna trovare le forme giuste per riportare la politica in mezzo alla gente e su come organizzare l'opposizione sulle cose".
Oggi, inizia un giorno nuovo per il Movimento 5 stelle, ma inevitabilmente anche per il Pd.