In caso di elezioni anticipate, con l'attuale legge elettorale, pentastellati e forzisti perderebbero la quota maggiore di eletti
Agli osservatori più attenti non può essere sfuggito un elemento centrale degli interventi del presidente Conte in Aula questa settimana: l'offerta di una riforma della legge elettorale in senso proporzionale. È un elemento centrale perché lo scenario del voto, per quanto altamente improbabile sul breve termine e impossibile nel semestre bianco che si aprirà a inizio agosto di quest'anno, rimane comunque sullo sfondo, suggerendo e plasmando l'azione di partiti e leader in questa fase di instabilità politica.
È infatti evidente che
la minaccia delle elezioni anticipate abbia giocato un ruolo anche in questa crisi di governo. In primo luogo perché in caso di elezioni una parte significativa degli attuali membri di Camera e Senato faticherebbe a rientrare in Parlamento. Un po' per la riduzione del numero dei parlamentari (da 945 a 600), un po' per la perdita di consenso del loro partito rispetto al 2018, le proiezioni YouTrend stimano che
gli eletti del Movimento 5 Stelle potrebbero passare dai 338 delle scorse politiche a una novantina, e quelli di Forza Italia da 158 a una cinquantina.
Dall'altra parte, perché l'attuale sistema, il Rosatellum (per due terzi proporzionale e per un terzo collegi uninominali), impone la formazione di coalizioni di più partiti per giocarsi la vittoria nei collegi. Un ritorno al proporzionale lascerebbe invece le mani libere ai partiti, consentendo loro di giocare ciascuno la sua partita e di pesare i voti dopo le elezioni.
Quella proporzionale è una prospettiva che potrebbe avere tre grandi effetti. Disarticolare il centrodestra, sottraendo il valore aggiunto della coalizione collegio per collegio. Facilitare la formazione di liste moderate o centriste, in grado di correre da sole e offrire poi i propri seggi a alleanze post-elettorali in Parlamento, liberandole dal gioco di contrattazione per le candidature con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Favorire, in ultima analisi, la stessa nascita di una “lista Conte”, che potrebbe partecipare alle elezioni priva di vincoli di coalizione, con l'obiettivo di giocare poi un ruolo di primo piano nei successivi equilibri parlamentari.
Chi ricorda la storia politica recente rammenterà che era questo lo schema tattico di Scelta Civica, la lista ispirata da Mario Monti alle elezioni politiche del 2013. In quel caso l'operazione non funzionò, perché esplose il M5S e implose il PD di Bersani. Ma per Giuseppe Conte potrebbe rappresentare uno scenario desiderabile.
Lorenzo Pregliasco, YouTrend