Partiti
Il governo Draghi ha già spaccato la sinistra. Ecco come il nuovo esecutivo stravolge tutto
Leu si divice tra chi voterà la fiducia (Articolo 1) e chi invece voterà contro (Sinistra Italiana). E si velocizza la creazione di un movimento con ex 5 Stelle e De Magistris
Non è un big bang, ma neppure un innocuo petardo. Diciamo che si tratta di un piccolo ordigno che però lancia schegge e frammenti in tutte le direzioni. Parliamo dell’esplosione di Leu: Roberto Speranza (Articolo 1) vota sì al governo Draghi e punta a rientrare nel Pd ; Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana), con il suo piccolo bacino di voti, fa invece rotta verso una neo-galassia radicale che potrebbe comprendere fuoriusciti grillini, il movimento di De Magistris e altre micro-formazioni. Una sorta di Rivoluzione Civile 2.0 senza la zavorra di un leader come Antonio Ingroia e sotto la leadership di un Masaniello populista che sa conquistare il consenso, come Luigi De Magistris (tutti sanno che lì si finirà ma non lo ammettono neppure sotto tortura).
L’obiettivo non sarà quello di costruire “un quarto polo, ma una presenza più forte in una coalizione con Pd e M5S”, dice Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana. Che motiva il suo no a Draghi: “È un governo più spostato a destra e verso il nord. Sarebbe insano lasciare alla destra di Giorgia Meloni il monopolio dell’opposizione, anche in termini di equilibri parlamentari. Certo, quanto accaduto sembra accelerare una spinta presente da tempo in Art.1 al ritorno nel Pd. Però noi, a differenza di altri, non prenderemo provvedimenti disciplinari verso chi, contravvenendo al voto massiccio della nostra assemblea nazionale, ha deciso di votare sì”.
“Dobbiamo ragionare in una logica diversa – argomenta invece Sandro Ruotolo, giornalista sotto scorta, già candidato con Antonio Ingroia nel 2013, nel 2020 eletto senatore nel collegio di Napoli 7 con una coalizione larghissima dal M5S a Italia Viva, che non è di Leu, ma con Loredana De Petris, capogruppo del Misto, ha partecipato alle consultazioni al Quirinale - e rispondere al drammatico appello del capo dello Stato. È un governo di emergenza, per affrontare pandemia, vaccini, recovery. Sono stato eletto come indipendente di centrosinistra e quindi cerco di rappresentare tutti. Non è il momento di pensare alle forze politiche”.
Forse non sarà il momento, ma è un fatto che lo Tsunami Draghi ha prodotto effetti concatenati, per cui anche il destino di micro-partiti può assumere un senso se si collega a processi più vasti. Una calamita (o una calamità, dipende dai punti di vista) può essere proprio l’ex-sindaco di Napoli che si candida a guidare la Calabria. Qui, dopo la scomparsa della presidente Jole Santelli e la decapitazione per via giudiziaria dell’ex-presidente dem Mario Oliverio (prosciolto da ogni accusa ma fuori dai giochi) la partita sarà tra recordman di consenso: Natale Irto per il Pd, Mario Occhiuto del centrodestra e Luigi De Magistris che ha già attratto nella sua orbita l’icona della sinistra radicale, l’ex-sindaco di Riace, Mimmo Lucano e l’ex-capo della protezione civile Mario Tansi.
Sarà dunque una battaglia casa per casa, voto per voto e la lista di De Magistris sarà certamente competitiva: “Il Pd candida Irto senza aver consultato nessuno. Noi decideremo insieme alla rete di Calabria Aperta, ma a me sembra che la candidatura di De Magistris sia più vitale e in grado di determinare una nuova dinamica”, dice Fratoianni. Massimiliano Smeriglio, europarlamentare, ex vice-presidente della regione Lazio con Zingaretti, esponente di spicco dell’area civica della sinistra romana è contrario al governo Draghi e molto critico sulla conduzione della crisi da parte del Pd: ”Che la Calabria diventi o no un laboratorio non so. Quel che è certo è che c’è un’area di sinistra che starà fuori da un governo che mette insieme europeisti e sovranisti di destra (impensabile nella Germania della Merkel) e che dovrà trovare il modo di coordinarsi e aggregarsi, per rilanciare la coalizione. E quindi con persone come De Magistris bisogna parlare”.
Tutti dichiarano che comunque resteranno nell’ambito della fantomatica Alleanza per lo Sviluppo sostenibile guidata da Giuseppe Conte: “Per noi va bene, ma bisogna chiedere al Pd che non l’ha voluto candidare a Siena”, dice Fratoianni. “Conte? Candidatura stravalida, mi fido di lui”, aggiunge Ruotolo. Il fatto è che, per adesso, nel principale bacino elettorale dell’alleanza che è il Sud convergono fattori di crisi e divisione, diversi tra di loro, ma tutti letali perché estranei a tale prospettiva come De Magistris in Calabria e Antonio Bassolino a Napoli. In aggiunta, il ministero per il Sud che in tempi elettorali è una straordinaria risorsa di potere da mettere sul piatto, passa dalle mani di Peppe Provenzano (Pd) a quelle di Mara Carfagna (Forza Italia).