«Il Pd prende in giro gli elettori con le alleanze: così si fa un favore alla destra»

“Il ragionamento di Enrico Letta è già una ammissione di sconfitta. È come se dicesse: tanto siamo destinati a perdere, mettiamoci insieme per qualche seggio in più”. Dialogo con il politologo Roberto D'Alimonte

"Oggi è come se il Pd dicesse tanto siamo destinati a perdere, quindi alleiamoci". Roberto D’Alimonte, politologo, docente ordinario alla facoltà di Scienze politiche alla Luiss di Roma, fondatore del Centro studi elettorali della stessa università, è netto. Ci sono pochi giorni per chiudere gli accordi: entro il 14 agosto la consegna dei simboli, entro il 22 le liste e le alleanze. E su questa corsa alle elezioni D’Alimonte legge con scetticismo la linea pronunciata da Enrico Letta durante l’assemblea del partito (”Il Pd risponderà per il Pd”). In questa “estate molto calda” tutto può succedere fino al 25 settembre. Tutto, sottolinea, anche un’alleanza Berlusconi-Calenda.

 

Professore, elezioni alle porte e mai come negli ultimi anni c'è stata una ricerca disperata del centro. Circola infatti la convinzione che il centro moderato sia lo spazio che tutti debbano conquistare per vincere. Un'idea fuori tempo o una strada possibile?
«Per definizione il centro è la posizione che sta in mezzo. Spesso questa è la posizione che consente di sfruttare il fatto che nessuno abbia la maggioranza dei seggi. Facciamo un esempio concreto. Ipotizziamo che alle prossime elezioni né la sinistra né la destra vincano il 51% dei seggi, ecco che un polo di centro avrebbe la possibilità di decidere chi governa il paese, avrebbe quello che gli economisti chiamano un’utilità marginale elevata. Il centro ha anche un’altra funzione che abbiamo visto nell’Italia della Prima Repubblica e nella Francia attuale: consentire la governabilità del paese in presenza di estreme radicali o anti-sistema».

 

Roberto D'Alimonte

Ma cosa si intende oggi per Centro?
«Non può essere il centro Prima Repubblica nel senso del ruolo avuto dalla Democrazia Cristiana, allora era un centro difensivo in presenza partiti estremi e anti-sistema. Oggi non ci sono queste condizioni. Non si può parlare di Fratelli d’Italia come un partito anti-sistema e non se ne vedono a sinistra. In realtà il centro di oggi è invocato da chi vuole condizionare la formazione di governi avendo a disposizione un pacchetto di voti e di seggi che fa la maggioranza».

 

Cosa pensa di un cartello elettorale di centro. Azione, Italia Viva e altri?
«Mettere insieme Calenda, Renzi e altri non è cosa facile. Chi sarebbe il frontman di questo cartello? Chi ne gestirebbe la campagna elettorale e in particolare la comunicazione? Come verrebbe gestita la clausola del 3% visto che quella di Calenda è l’unica formazione sicuramente sopra questa soglia e le altre potrebbero stare sotto il 3% e ritrovarsi a portare voti a Calenda nel caso in cui la coalizione sia sopra il 10%. Più che difficoltà politiche vedo problemi antropologici e tecnici. Inoltre, questo cartello si alleerebbe con il Pd o punterebbe a fare il terzo polo di centro?».

 

Questa necessità di smarcarsi dalla sinistra e dalla destra è figlia un po' di questo tempo, rimanda al Movimento Cinque Stelle dove per anni la nenia è stata: “Non siamo di destra e non siamo di sinistra". Ma sono davvero categorie così superate?
«Non sono categorie superate. Servono ancora a milioni di persone per orientarsi in un mondo sempre più complicato e più fluido. Essere a favore del matrimonio egualitario è un valore di sinistra, essere contro il suicidio assistito è un valore di destra, la tassazione progressiva è di sinistra, la flat tax è di destra, il diritto ad abortire è sinistra, il suo contrario è destra e così via. Sono i populisti a voler fare di tutta l’erba un fascio per destrutturare il sistema di valori e di legami politici. Detto questo, è vero che la crisi delle democrazie occidentali legata a fenomeni come la digitalizzazione, la globalizzazione, l’immigrazione hanno creato delle opportunità per mescolare temi che una volta appartenevano all’uno o all’altro campo. Faccio un esempio. Una volta apertura agli immigrati e difesa dello stato sociale erano temi di sinistra, oggi tanti partiti di destra mettono insieme difesa dello stato sociale e lotta alla immigrazione. Perché ci sono elettori per i quali entrambi i temi sono salienti».

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In passato nel Pd i segretari hanno tentato di portare il partito fuori dai propri confini: ideologici, di blocco sociale di riferimento. In particolare durante il renzismo, l'idea era quella che per guadagnare il mare aperto dei consensi bisognava perdere un pezzo di sinistra tradizionale. Che ne pensa?
«Il mare aperto è un’espressione forte. Resto convinto che un Pd che dà troppo spazio alla sinistra tradizionale non abbia capacità espansiva. Quali sono i ceti di riferimento della sinistra tradizionale? Gli operai? Una volta ma oggi non più. Il Pd di oggi non è né carne né pesce, ma resta uno dei partiti su cui poggia il nostro traballante sistema. Ma così come è non vedo come possa andare molto oltre quel 20-22% che gli attribuiscono i sondaggi. La storia ci dice che durante la Seconda Repubblica il Pd ha superato le colonne d’Ercole del 33% in sole due occasioni: con Veltroni alle politiche del 2008 e tra l’altro in condizioni molto difficili e con Renzi alle Europee del 2014 (il 40%). E non è stato un caso. Veltroni e Renzi erano due leader ‘diversi’ che hanno cercato di proiettare il Pd aldilà dei confini tradizionali. Ricordo anche che prima del Pd, i vari Pds, Ds non si sono mai avvicinati al 30% e hanno sempre veleggiato più o meno dove il Pd è oggi».

 

"Le alleanze saranno solo elettorali", ha spiegato ieri il segretario Letta durante l’assemblea del PD. Poi, ognuno si assumerà le responsabilità delle proprie scelte di programma. La ritiene una strategia comprensibile all'elettorato?
«No. Questa è già una ammissione di sconfitta. È come se dicesse: tanto siamo destinati a perdere quindi alleiamoci pure per prendere qualche seggio in più ma poi ognuno per conto suo. Con questo approccio il Pd potrebbe inglobare anche il M5s nella alleanza che sta costruendo. E infatti è quello che una parte del partito, insieme agli esponenti di Art. 1, vorrebbero fare. Lo chiamano accordo tecnico. Una presa in giro per gli elettori, che andrà solo a beneficio della destra».

 

Parlando di programmi. La crisi economica e quella energetica saranno sicuramente temi elettorali. Eppure negli ultimi anni dal ddl Zan al fine vita passando per i Friday For Future, sono stati i diritti a riempire le piazze e ad agitare i cittadini. Posizionamenti netti su questi temi possono spostare voti?
«Guardi che le piazze e i cittadini di cui lei parla si riferiscono a minoranze intense che in democrazia hanno spesso un peso sproporzionato al loro numero. Temi come il ddl Zan o i rigassificatori o il termovalorizzatore mobilitano minoranze che riescono con il loro attivismo a influenzare l’agenda politica. Quanto ai programmi elettorali e a temi come la crisi economica o quella energetica occorre vedere in concreto quali saranno le posizioni dei partiti per poter valutare quale impatto possano avere sul voto».

 

Secondo lei l’esito del voto è scontato?
«Guardando ai dati di sondaggio di oggi e alle probabili alleanze che scenderanno in campo direi di sì. La destra parte decisamente in pole position. Non otterrà la maggioranza dei voti ma molto probabilmente otterrà la maggioranza dei seggi grazie al suo predominio nei collegi uninominali. Detto ciò, aggiungo che ci sono due mesi di campagna elettorale e molte cose potrebbero succedere».

 

Esistono scenari per cui questa previsione potrebbe essere ribaltata?
«Ci sono fattori come l’astensionismo e il voto al Sud, insieme ad altri, che potrebbero modificare le previsioni. Poi ci sono scenari impossibili».

 

Quali?
«Ne cito due ma per puro divertimento. Il primo è che Berlusconi si stacchi da Salvini e Meloni e faccia un polo con Calenda. In questo caso difficilmente il sistema elettorale darebbe un vincitore e il polo Calenda-Berlusconi detterebbe legge. Il secondo ancora più avveniristico è che Letta e Meloni si mettano d’accordo per presentarsi da soli . E in questo caso potrebbe succedere di tutto. Ma sono pure fantasie di un’estate molto calda».

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