Fatiche letterarie

Buonisti, gender e sostituzione etnica. La "nuova" versione di Giorgia Meloni è un libro già letto

di Simone Alliva   12 settembre 2023

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Giorgia Meloni

Nel volume-intervista alla Presidente del Consiglio - che ambisce a riprendersi l'attenzione conquistata a destra dal generale Vannacci - si ripetono stancamente le parole d'ordine della nuova Destra. Non era facile usare così quasi trecento pagine

Giorgia Meloni confessa al direttore del Il Giornale, Alessandro Sallusti, ciò che va dicendo a chiare lettere ormai da anni, anche se si deve ammettere che accostare l’omosessualità allo scambio di vestitini tra bambini e per bambine ha una potenza drammaturgica non consueta nel teatrino della politichina. “La Versione di Giorgia Meloni”, in uscita oggi e che abbiamo letto per intero, è un perfetto bignami culturale e politico della nuova destra (quella che ha superato i tre modelli di destra italiana mussoliniana, dorotea, berlusconiana).

La leader di Fratelli d’Italia si presenta al fidato amico giornalista e con cui si dà spontaneamente del tu, come portatrice di una destra che vive nel «campo del reale. Contrapposto alle utopie della sinistra». Eppure, proprio quando si parla di diritti civili e più nel dettaglio questioni lgbt, questa realtà ancorata una versione di Giorgia Meloni istituzionale, scompare, in un numero di illusionismo degno del mago Rol. 

La Presidente del Consiglio entra in piena sintonia con l’Ungheria di Viktor Orbán: «C’è un disegno in atto per cambiare la società» è l’incipit che fa precipitare il lettore in una sorte di mondo al contrario, quello raccontato dal generale Vannacci dalla quale Meloni non ha mai preso le distanze, a leggere le sue parole sembra anzi condividere: «È l'altra faccia della medaglia buonista, una faccia mostruosa: famiglia, sesso biologico, appartenenza nazionale, fede religiosa, ogni ambito identitario è diventato improvvisamente e velocemente un problema. Tutto ciò che ti definisce, che dice chi sei, è un nemico da abbattere, viceversa tutto ciò che diluisce viene sbandierato come fosse la nuova frontiera del progresso. È un fatto».  

Nel "fatto" inserisce la difesa del cognato Lollobrigida: «Guarda, mi ha molto colpito l'enorme polemica sulle parole del ministro Lollobrigida che aveva detto di voler difendere la società italiana dal rischio di una sostituzione etnica. Apriti cielo, si è detto che le sue erano teorie suprematiste, neonaziste e, ovviamente, razziste. Solo che qualcosa non torna» Cosa? Chiede Sallusti. «Che etnia e razza sono due parole che significano cose molto diverse» nella difesa cita la Treccani e aggiunge: «La razza è cosa siamo fisicamente, l'etnia è cosa siamo culturalmente».  

In realtà la teoria della sostituzione etnica, detta anche "Piano Kalergi", riprende il presunto complotto ordito dal conte Kalergi dopo la Seconda guerra mondiale. A diffonderla è stato negli anni 90 l’austriaco Gerd Honsik, neonazista pluricondannato perché negava l’Olocausto, altro non è che la teoria del "genocidio dei bianchi" molto in voga nell'estrema destra globalizzata e transnazionale che sostiene come i migranti stiano sostituendo a livello razziale i popoli europei. Fortemente legata alla radicalizzazione che sfocia nel terrorismo, come la tentata strage di Macerata compiuta da Luca Traini nel 2018. Giorgia Meloni, che più volte da leader di opposizione aveva citato questa teoria, attirando attenzioni e critiche dai giornali stranieri oggi, per la prima volta in veste da Presidente del Consiglio, ne riparla.  

Ma non solo. Il tema di questo tempo è la famiglia, sotto attacco. Non si parla di famiglie omogenitoriali, tema caldo degli ultimi mesi dopo la cancellazione delle trascrizioni. Ma, specifica Meloni, di Famiglia “intesa come unione tra uomo e una donna”. Tutto quello che resta ai margini una “Disgregazione della società nel suo complesso. A stare appresso alla sinistra stiamo statalizzando l'istituto famiglia: via le denominazioni madre e padre, via l'identità sessuale dei figli, regole educative calate dall'alto e imposte per legge”. 

Complotti e inesistenti regole imposte (l’Italia è l’unico paese in Europa a non avere un’educazione sessuale) sono per Meloni “il nuovo corso”, dove sotto attacco è la donna. Qui sembra aver trovato una definizione alla teoria gender quella che nel 2019 confessò: «Ah guardi, io non l’ho mai capito bene. E credo neanche quelli che lo propongono, infatti ne propongono sempre di nuovi». Oggi a Sallusti confessa: «Se ci pensi bene, le teorie gender portate all'estremo non ci propongono un modello neutro, ma un modello maschile. Perfino nelle tecniche di fecondazione assistita ormai le madri possono essere fino a cinque mentre il padre rimane uno. È la donna a essere sotto attacco». 

Nel mondo al contrario di Giorgia Meloni l’educazione sessuale nelle scuole, tema caldo di queste settimane, deve essere respinta: «Io parlo di ciò che accade nei parlamenti, dove si pretende di entrare nella tua camera da letto per legiferare su quello che fai. O di avviare campagne con le quali si spiega ai bambini di sei anni cosa sia l'omosessualità facendo scambiare i vestiti tra maschietti e femminucce [...]. Personalmente ritengo che sia ancora valida la regola che ha spinto il nostro sistema scolastico a non trattare i temi legati alla sessualità a scuola, considerando, giustamente, che la materia dovesse essere, almeno per i più piccoli, di competenza delle famiglie e della loro libertà educativa. Ma il problema è che in Italia, e non solo in Italia, di questi temi non si riesce a parlare serenamente, nel merito. O sei acriticamente d'accordo con le loro tesi, spesso bizzarre, o sei automaticamente inserito nella lista degli omofobi impresentabili». 

L’omofobia esiste, dice Meloni («una piaga inaccettabile e va combattuta con forza») che nel 2009, da Ministro per la gioventù del quarto governo Berlusconi, prometteva durante un convegno Arcigay prometteva "iniziative culturali a 360 gradi", ma nella versione di "Meloni il presidente del Consiglio" il problema sembra il dissenso: «Io vengo definita omofoba senza esserlo, solo perché mi batto contro l'utero in affitto e non sono d'accordo con l'adozione da parte degli omosessuali, per ragioni che ho ampiamente spiegato e che riguardano i diritti del bambino di poter contare su un padre e una madre. E alcuni omosessuali hanno usato con me toni insultanti e minacciosi che se fossero stati utilizzati da me nei loro confronti avrebbero provocato le mie dimissioni immediate».