Politica
31 ottobre, 2025Da una parte, gli attacchi alla Corte dei conti per lo stop alla delibera Cipess; dall'altra, il voto al Senato sulla separazione delle carriere: lo scontro tra politica e magistratura, che il nostro Paese conosce da più di 30 anni, ora è passato a un livello superiore
Lo scontro tra politica e magistratura, che il nostro Paese conosce da più di 30 anni, ora è passato a un livello superiore. Dopo lo stop della Corte dei conti al progetto del Ponte sullo Stretto, Giorgia Meloni, parlando di “invasione” dei giudici sulle scelte del governo, ha usato parole più dure del leader della Lega Matteo Salvini, che ha legato buona parte della sua attività da ministro dei Trasporti a quell’opera.
La presidente del Consiglio ha collegato due questioni, sostenendo che “la riforma costituzionale della Giustizia e la riforma della Corte dei conti rappresentano la risposta più adeguata a un’intollerabile invadenza che non fermerà l’azione del governo”. Ora l'esecutivo aspetterà le motivazioni dei magistrati contabili (che arriveranno entro 30 giorni dal provvedimento) e risponderà alle osservazioni non escludendo poi di fare un nuovo passaggio in Consiglio dei ministri sul progetto del Ponte sullo Stretto, che considera un'opera strategica per il Paese.
Proprio il giorno dopo queste dichiarazioni della premier, il 30 ottobre, il Senato ha approvato in modo definitivo la riforma della Giustizia che modifica l’articolo 104 della Costituzione: d’ora in poi un magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera se fare il pubblico ministero o il giudice. Viene riformato anche l’organo di autogoverno della magistratura, il Csm: ce ne saranno due, con i membri estratti a sorte. Per il centrodestra questo limiterà il potere delle correnti nella magistratura – e le correnti sono sia di destra che di sinistra –, per Pd, Avs e 5 Stelle lo aumenterà.
Lo scontro tra governo e magistratura è destinato ad aumentare: dopo l’approvazione della riforma sulla separazione delle carriere ci sarà con ogni probabilità un referendum confermativo nel 2026. A chiederlo potranno essere 500 mila cittadini, cinque consigli regionali o 1/5 dei parlamentari di una delle due camere. E proprio i parlamentari hanno già avviato la raccolta firme: il centrodestra mobilitato per il sì dice formalmente che non sarà un referendum politico, su Meloni. Pd, Avs, 5 Stelle mobilitati per il no, la vedono in modo opposto. Antipasto, delle elezioni politiche.
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