Politica
20 novembre, 2025Il consigliere regionale lombardo, che ha partecipato alla Global Sumud Flotilla, è stato intervistato da Daniele Mastrogiacomo durante l'evento per i 70 anni del nostro settimanale
Gaza è stato il cuore al centro del dialogo di Daniele Mastrogiacomo con il consigliere regionale lombardo, Paolo Romano, che negli scorsi mesi ha partecipato alla missione della Global Sumud Flotilla e che ha passato diverse notti in un carcere israeliano. "L'elemento che più mi colpisce ancora oggi è che quella che ho trovato lì, in Israele, non è più una democrazia. Le percosse, la privazione di alimenti e di assorbenti, dimostrano che lo stato di diritto lì non c'è più — ha raccontato Romano durante la festa dei 70 anni de L’Espresso —. C'è un pezzo di società israeliana che lotta per i diritti, ma la maggioranza e le istituzioni di quel Paese non hanno più un comportamento democratico".
Quando Mastrogiacomo gli ha fatto notare che nel Partito democratico esistono una pluralità di sensibilità sulla Palestina, Romano ha risposto: nel Pd "le posizioni di chi ancora oggi difende in modo ridicolo il genocidio di Israele a Gaza sono una su cento, sono molto minoritarie ma sono tanto riprese sui giornali. Dovremmo organizzare una conferenza tematica per far emergere le posizioni maggioritarie della base del partito — ha sottolineato —. Dobbiamo puntare sul boicottaggio, come strumento per dire a quel pezzo di Israele che prova a tenere in piedi i diritti umani che la comunità internazionale è con loro”.
Poi è tornato a parlare di Israele: "Il 66% degli israeliani crede sia giustificabile lo sterminio dei villaggi palestinesi e una percentuale simile crede che non sia stata usata abbastanza violenza — ha aggiunto —. E la stessa violenza l'abbiamo trovata nel modo in cui siamo stati trattati noi della Flotilla. E nelle loro parole, la libertà di stampa in Israele è sotto scacco, la teoria propagandistica di Pallywood, che nega lo sterminio a Gaza. Ho parlato con soldati che credono sia giusto uccidere i bambini, perché li considerano futuri terroristi”.
"Il piano della finta pace di Trump genera il ritorno della spirale della vendetta — ha concluso —. Non si può dire a chi ha perso la famiglia che non avrà un processo. Davanti a queste premesse, chiunque sarebbe disposto alla vendetta. Se non c'è una pace giusta, non si interrompe la spirale di violenza, sia per le vittime palestinesi sia per la sicurezza dei civili israeliani. Trump non sta con Netanyahu per questioni ideologiche, ma per interessi economici, per questo dobbiamo parlare con la società americana".
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