Sul fine vita i migliori alleati di Giani sono i governatori leghisti. Fontana: "Il governo deve darci delle linee guida" - Il video

Il presidente della Lombardia ha ancora una volta incalzato l'esecutivo e il suo partito affinché si legiferi sul suicidio assistito, dopo la scelta del Cdm di impugnare la legge della Toscana

Che le opposizioni si scaglino contro il governo fa parte del normale gioco delle parti: la minoranza contesta le scelte della maggioranza. Ma quando le critiche arrivano da pezzi grossi del secondo partito della maggioranza di centrodestra – in questo caso, i governatori leghisti del Nord – allora la questione diventa inevitabilmente politica. Non è un mistero: il lombardo Attilio Fontana e il veneto Luca Zaia, sul fine vita, hanno posizioni diverse rispetto al proprio segretario, Matteo Salvini, e alla maggior parte degli esponenti della maggioranza di governo.

Questa volta la miccia che ha acceso la polemica è stata la scelta del Consiglio dei ministri di impugnare per conflitto d’attribuzione di fronte alla Corte costituzionale, lo scorso 9 maggio, la legge della Toscana approvata lo scorso febbraio, che ha fatto della regione guidata da Eugenio Giani la prima in Italia a normare l’eutanasia passiva. “Io l’ho sempre detto e lo ribadisco – ha detto Fontana a margine di un evento a Palazzo Lombardia, a Milano – il governo deve darci delle sue linee guida" sul fine vita. Perché, ha aggiunto, “noi così siamo costretti ad assumere dei provvedimenti senza un’indicazione specifica”.

Gli scontri in Lombardia nel centrodestra

Proprio a causa dell’assenza di indicazioni specifiche in Lombardia, lo scorso febbraio si era scatenato uno scontro per la scelta, dell’assessore al Welfare Guido Bertolaso, di dare il proprio via libera al primo caso in regione di suicidio medicalmente assistito, quello di “Serena” (nome di fantasia), paziente lombarda affetta da sclerosi multipla progressiva. In quell’occasione a mettere nel mirino Bertolaso era stata Fratelli d’Italia che, per bocca dell’assessore alla Sicurezza Romano La Russa, fratello del presidente del Senato Romano, aveva accusato Bertolaso di aver deciso senza mandato politico e, soprattutto, senza rispettare l’opinione del Consiglio regionale, che a novembre aveva bocciato prima ancora di votare la proposta di legge sul fine vita ritenendola una questione di competenza statale. In quell’occasione Fontana avrebbe votato con le opposizioni di centrosinistra (il voto era stato segreto, ma una serie di dichiarazioni facevano propendere per quest’interpretazione).

 

Quella di Fontana, per lo meno sul tema del fine vita, è una posizione che si smarca dal suo partito e, per estensione, dal governo a cui oggi chiede di lavorare a una legge che, finalmente, metta fine al vuoto normativo che va avanti dal 2019, quando la Corte costituzionale ha chiesto al Parlamento di intervenire, individuando anche i quattro criteri in presenza dei quali è possibile ricorrere al suicidio assistito: patologie irreversibili, sofferenze intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di prendere decisioni libere e consapevoli.

In compagnia di Zaia

Ma la fronda include anche Zaia, che anzi è spesso più rumoroso del suo collega Fontana. In un’intervista al Corriere della Sera rilasciata all’indomani del ricorso del governo contro la legge toscana, il presidente veneto era stato particolarmente chiaro: “Lo dico come premessa: bisogna uscire da questa ipocrisia, tutta italiana, di far finta che il tema del suicidio assistito — o come preferisco chiamarlo, la gestione del fine vita — non esista. Esiste eccome. Il governo ascolti le regioni che di questo argomento, loro malgrado, si devono occupare quotidianamente per poter dare risposte adeguate”. “Con coerenza — ha aggiunto — il governo impugna una legge per rivendicare la propria competenza, con altrettanta coerenza dovrebbe fare questa legge di propria competenza. Perché non è un problema politico. Si convochino le regioni per affrontare il tema. Altrimenti finirà per accadere di nuovo ciò che è successo a Eluana Englaro: un padre che ottiene la sospensione dell’alimentazione artificiale con una sentenza di Tribunale. Un Paese civile non dovrebbe gestirla così”.

 

Zaia era stato anche promotore di una legge sul fine vita nel suo Veneto; misura che però non aveva superato il voto in Consiglio regionale (anche a causa dell’astensione di una consigliera del Partito democratico dell'area più cattolica, Anna Maria Bigon, che ha contribuito ad affosare la misura).

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