Politica
27 agosto, 2025L'esecutivo ha impugnato il provvedimento che fissa una retribuzione minima di nove euro l’ora negli appalti pubblici. "È nostro dovere costituirci in giudizio per difendere il diritto alla paga equa", ha dichiarato il presidente Giani
In quasi tutta Europa, il salario minimo è un diritto acquisito, la premessa imperativa di ogni contratto dignitoso. In Italia, l'unico Paese Ue in cui gli stipendi sono diminuiti negli ultimi trent'anni, il governo non solo non interviene ma si intromette, intralcia. A inizio agosto, l'esecutivo ha infatti impugnato la legge della regione Toscana che fissa la soglia dei 9 euro lordi l’ora per chi lavora negli appalti pubblici. In risposta, la giunta guidata da Eugenio Giani ha deciso di costituirsi davanti alla Corte costituzionale.
"La posizione del governo rispetto alla nostra legge è ideologica e a questa scelta dell’esecutivo noi rispondiamo con un atto dovuto, non solo istituzionale, ma di civiltà", ha rivendicato il governatore. Non è la prima volta che l'espandersi un diritto diventa terreno di scontro tra regione e governo. Era già accaduto per la legge sul fine vita, anch’essa impugnata e poi difesa con convinzione davanti alla Consulta.
“Decidiamo di stare dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici, di chi ogni giorno fatica a arrivare a fine mese nonostante un impiego onesto", ha spiegato il presidente Giani. "Non è una questione di bandiere politiche", precisa, "ma di giustizia sociale. È nostro dovere costituirci in giudizio per difendere il diritto alla paga equa. Porteremo avanti questa battaglia perché il lavoro deve sempre essere sinonimo di dignità e mai di sfruttamento".
Il contrasto è evidente: in Germania il compenso minimo è di 12,82 euro, in Francia di 11,65, in Italia, invece, i tentativi di riforma diventano uno stallo alla messicana tra governo, regione e Consulta. E tutto resta fermo, come i salari da trent'anni.
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