I soldi veri arriveranno dall'aumento dell'Iva. Ma i telegiornali raccontano che partirà una spietata caccia a chi non paga le tasse. Così il governo maschera la realtà della manovra
La partita delle tasse secondo Berlusconi si gioca così: prima si piange miseria, prossimo default o bancarotta, casse vuote e rovina, poi lo Stato pigro, esitante, pavido promette una manovra severa e la prevede a tempo breve, superando in solerzia tutti gli altri Stati europei. Si succedono riunioni degli esperti e dei ministri competenti, e la manovra assume la forma di operazione di guerra che non guarda in faccia nessuno.
Tasse per tutti questa volta, anche per i ricchi, colti dal balzello di solidarietà nazionale e da raffiche di articoli e discorsi sul dovere dei cittadini, di tutti cittadini, di soccorrere la patria in pericolo. Sta a vedere, dicono i democratici riformisti di sinistra, che questa volta anche il Cavaliere di Arcore ha capito che bisogna rinunciare alla demagogia, alla politica di classe, e chiedere sacrifici a tutti.
La svolta sembra quasi rivoluzionaria. Non lo è il modo di presentarla alla pubblica opinione: non se ne capisce niente come al solito. I telegiornali di regime vanno avanti per delle mezz'ore a elencare cifre, tagli, previsioni, pareri di professori insigni, ma un cittadino di media cultura non ne capisce niente: un'intera nazione dalle Alpi al Lilibeo finge di occuparsi della famosa, miracolosa manovra che il mondo intero ci invidia.
I commessi del governo addetti ai giornali confezionano interviste popolari, colte a volo fra i banchi della verdura di un mercato e un negozio di parrucchiere per chiedere il parere del popolo. È uno spettacolo miserrimo ed esilarante. Gli interpellati preparati in precedenza rispondono con delle frasi prive di senso ma che esprimono appoggio alla manovra governativa ed esortazioni al dovere comune nell'ora del bisogno.
Nessuno che dica che della manovra ha capito poco o nulla, anche perché il premier e i suoi aiutanti e consiglieri la cambiano di continuo, sempre rimandano a prestissimo l'ora della verità.
Comunque pare che questa volta qualcosa venga tagliato sul serio: la pletora delle province e dei comuni microscopici, i costi della politica e il famigerato parco macchine, le migliaia di auto blu di funzionari grandi e piccoli.
Ma a un certo punto della gazzarra sulle tasse, argomento inviso a un popolo di noti evasori, il Cavaliere di Arcore capisce che è l'ora di intervenire con la bonarietà e la saggezza dell'uomo "che non mette le mani nelle tasche degli italiani".
E cosa ti annuncia? Che i miliardi mancanti per quadrare il bilancio statale saranno trovati colpendo, ma questa volta severamente, l'evasione fiscale, cioè il rifiuto di milioni d'italiani di pagare le tasse a tutti noto, anche alla Guardia di Finanza, e da nessuno perseguito.
Voi direte che è la scelta di un premier populista e imbroglione ma non privo del cinismo occorrente al governo delle nazioni. Qual è il ragionamento retrogrado ma vincente del nostro? Le tasse vanno imposte alla massa dei contribuenti, che sono come noto i poveri o i ceti medi.
Le tasse esemplari di giustizia come quelle di solidarietà sono lodevoli a parole, ma le tasse che servono sono le imposte indirette che colpiscono tutti automaticamente; per la propaganda servono anche le tasse che non si è riusciti a far pagare, quelle degli evasori che però si promette questa volta di tosare a dovere.
Ed ecco le informazioni sulle tecniche raffinate e implacabili con cui saranno colpiti gli evasori per una somma enorme che risolve tutte le questioni di bilancio. Nel Settecento l'avventuriero veneziano Giacomo Casanova girava l'Europa e le sue corti suggerendo ai governanti di ricorrere alle lotterie per sfruttare l'ingenuità popolare e la sua speranza di facile ricchezza.
Adesso da noi partirà la campagna contro gli evasori. Vi parteciperà, crediamo, anche il ministro Tremonti che sugli evasori italiani e sui loro metodi ha scritto interessanti libri.