Da piccoli lottavano contro i monopoli. Ora invece?i colossi della Net Economy si proteggono ?facendo lobbying. E le autorità nazionali tacciono
Francesco Crispi da giovane era repubblicano e rivoluzionario. Da vecchio diventò monarchico e uno dei presidenti del consiglio più conservatori che l’Italia abbia mai avuto. Questa involuzione non è tipica solo degli umani. Anche le imprese seguono lo stesso modello: da giovani sono rivoluzionarie e contrarie a qualsiasi forma di barriere all’entrata. Quando diventano mature, generalmente perdono la capacità di innovare, ma acquistano quella di fare lobbying, che usano per bloccare l’entrata di nuove imprese, maggiormente innovative. È successo a Microsoft. Agli inizi degli anni ’80 era una delle imprese più innovative, che cercava tra mille difficoltà di infrangere il dominio di Ibm nei personal computer. Alla fine degli anni ’90, era diventata un’impresa dominante, perseguita dall’antitrust americana.
È ora la volta di Google, Amazon, e Facebook. All’epoca della causa antitrust contro Microsoft non esistevano ancora (Facebook) o erano neonate (Amazon e Google). Oggi sono giganti mondiali, che minacciano la libera concorrenza. Ma se questa è la normale evoluzione, in qualche garage stanno già nascendo le imprese che renderanno questi tre giganti obsoleti. Perché dovremmo preoccuparci?
Perché non siamo sicuri che queste nuove start-up godano ancora delle condizioni per svilupparsi, come fu possibile a Google, Amazon, e Facebook. Nella storia è impossibile studiare i controfattuali, ma siamo sicuri che i nuovi giganti sarebbero emersi senza la causa antitrust a Microsoft? I più giovani lettori forse non ricordano Netscape, Lotus e WordPerfect (i progenitori di Internet Explorer, Excel e Word). Morirono uccise dallo stradominio di Microsoft. Senza l’intervento dell’antitrust americana la stessa sorte poteva capitare a Google, Amazon e Facebook.
Ma l’antitrust americana oggi sembra silente. Ha rinunciato ad iniziare una causa contro Google, nonostante l’ufficio studi avesse prodotto sufficienti evidenze per intervenire. La causa intentata contro Amazon dalla Authors United, il sindacato degli scrittori, pare non abbia futuro. E non sembra ci siano ancora minacce serie per Facebook.
Un'ipotesi rassicurante è che il dominio di queste nuove imprese non costituisca ancora un pericoloso monopolio. Un’alternativa molto più preoccupante è che dai tempi della causa a Microsoft siano cambiati due aspetti.
Il primo è il dominio mondiale delle imprese americane. A fine anni Novanta, era ancora indiscusso. Proprio per questo gli americani potevano permettersi di limitare il potere dei loro giganti nazionali, senza mettere in discussione il dominio mondiale delle loro imprese. Oggi non è più così. In Cina esistono Baidu, Alibaba e Renren, le versioni locali di Google, Amazon e Facebook, che dominano il mercato cinese, e potrebbero sfidare i colossi americani su quello internazionale. Se da un lato la concorrenza cinese riduce il rischio di un monopolio a livello mondiale, riduce ancora di più il desiderio di intervenire dell’antitrust americana. Un conto è limitare il potere di Microsoft a vantaggio dell’americana Google, un altro limitare quello di Google a vantaggio della cinese Baidu.
Il secondo aspetto ad essere cambiato è la capacità di lobbying di questi giganti. Microsoft non aveva lobbysti a Washington fino all’inizio della causa antitrust, i nuovi giganti, invece, hanno imparato a fare lobbying fin da piccoli. Nel 2014 Google ha speso 18 milioni di dollari in attività di lobbying, più del doppio di Microsoft e più di tutte le altre imprese tecnologiche e di comunicazione. Amazon ha fatto di meglio: tramite Jeff Bezos, il suo fondatore, si è comprata il “Washington Post”: un potentissimo strumento di lobbying. Solo la più giovane Facebook è ancora indietro in questo campo, con “solo” 9 milioni spesi in lobbying lo scorso anno.
Il potere di lobbying di questi giganti è meno forte in Europa. Non a caso l’antitrust europea si è già mossa, anche se non è chiaro se a favore delle imprese o dei consumatori europei. Con imprese globali, c’è un disperato bisogno di un’autorità antitrust a livello mondiale. Ma manca un potere politico globale per crearla.