In Libia, crollati prezzo e produzione di petrolio l'interesse delle economie criminali, ?che in qualche caso coincidono con quelle istituzionali, si è spostato verso il traffico di esseri umani

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Business is business. E così, in Libia, crollati prezzo e produzione di petrolio (oggi 350.000 barili, erano 4 volte di più) l’interesse delle economie criminali, ?che in qualche caso coincidono con quelle istituzionali, si è spostato verso altri business, come il traffico di esseri umani.

Il dato è impressionante: il 35 per cento dell’attuale Pil deriva dal traffico di migranti, secondo quanto affermato ?da Eunavfor Med (la missione della Ue?nel Mediterraneo). Cioè circa 13 miliardi ?di dollari. Al tempo di Gheddafi, petrolio ?e gas davano il 90 per cento del Pil libico, ?il 95 del suo export e il 90 delle entrate.

La Libia potrebbe essere oggi considerata una sorta di “hub” per la raccolta e lo smistamento di migranti, visto che, nel solo 2015 più di un milione (dati Frontex) hanno raggiunto il Paese per poi essere trasportati dai trafficanti verso le coste italiane. Per le centinaia di milizie presenti sul territorio libico, la gestione dei flussi migratori è diventata un business irrinunciabile.
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I profitti variano in funzione del rischio ?e della domanda. Si stima che per un trafficante e il suo “team” i profitti generati da un solo viaggio si aggirino intorno ai 34.000 euro: in una settimana di traffico intenso, in cui vengono fatte partire anche 20 barche, le entrate possono raggiungere i 700.000 euro.
Il “Business model” utilizzato dai trafficanti è volto al raggiungimento di “economie di scala” e punta pertanto allo spostamento di “masse”, il più numerose possibile. Le tariffe medie dei trafficanti oscillano tra 8-12.000 dollari a persona.

È però evidente che il traffico di migranti Libia-Italia non potrebbe esistere se anche in Italia, non vi fosse chi lo fomenta e ne trae vantaggio. Se nel 2014 in Italia il giro di affari dei nuovi schiavisti è stato stimato intorno al miliardo di dollari, con oltre 170.000 arrivi via mare, nel 2015, con quasi un milione di sbarchi, il traffico pare aver fruttato quasi 6 miliardi di dollari. Cifra notevole ?se si considera che sulla base dei dati Oim (Organizzazione internazionale ?per le migrazioni) il volume d’affari totale generato negli ultimi 10 mesi dal traffico illecito di migranti nella Ue è stimato intorno ai 10 miliardi di dollari. E nonostante, come affermato sempre dall’Oim, quella dalla Libia per l’Italia rimanga la rotta più letale al mondo.
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E l’Unione europea come sta intervenendo per arginare il flusso e i traffici dalla Libia? Dopo il fallimento della missione “Eufor Libya” (inizio ad aprile 2011, costo 7.900.000 euro, doveva servire ?per evacuate gli sfollati causa guerra); dopo il semi-fallimento di “Eubam Libya” (Missione Ue per l’assistenza al controllo integrato dei confini, costo 56,5 milioni ?di euro, iniziata nel 2013, e da quella data gli sbarchi sono aumentati del 6000 per cento); dopo tutto questo, il Consiglio Affari Esteri della Ue ci riprova con “Eunavfor Med operazione Sophia”, avviata nell’ottobre scorso il cui costo ?è di 11,82 milioni di euro e il cui comando operativo è a Roma. Scopo: degradare e smantellare il modello di business che sta alla base dello sfruttamento del fenomeno migratorio. Durata prevista: 12 mesi.
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Sempre in ambito Ue vanno segnalati i fondi assegnati alla Libia dal 2011, ?fra cui: 80,5 milioni nel 2011 come assistenza umanitaria, 130 milioni nel periodo 2007 -2013 per la formazione della pubblica amministrazione libica, ?la società civile e più in generale la transizione democratica e 44 milioni accordati alla Libia nei biennio 2014 - 2015 tramite lo strumento Eni (European Neighbourhood Instrument), focalizzati sulla “governance democratica”, la promozione di una cittadinanza attiva e misure in ambito sanitario. Da non dimenticare infine i fondi assegnati ?alla Libia per progetti sull’immigrazione che, dal 2011 ad oggi, ammontano ?a quasi 60 milioni di euro.