Il ministro Madia difende il “suo” Freedom Information Act. Ma ammette: "Si può migliorare". Le osservazioni di Alessandro Gilioli: "Si inizi dall’assurda norma del silenzio-diniego"
Caro direttore, con l’articolo dal titolo “Trasparenza sì, purché opaca” apparso sullo scorso numero, il Freedom of Information Act (Foia) che stiamo introducendo in Italia è presentato come un testo “beffa” per le limitazioni previste alla possibilità di accedere ai documenti posseduti dalle amministrazioni. Ma non è cosi. Tutte le legislazioni degli altri Paesi che disciplinano il Freedom of Information Act prevedono un bilanciamento di interessi che determina alcuni limiti al “diritto di sapere”, come avviene negli Usa, nel Regno Unito e nella Germania con regole talvolta persino più restrittive; è il caso della legislazione britannica che tra le eccezioni al diritto di accesso include «la formulazione o lo sviluppo delle politiche di governo».
La discussione che si sta animando attorno alla introduzione del Freedom of Information Act in Italia è la conferma più evidente di un grande salto in avanti. Oggi ci confrontiamo su come migliorare il Foia, come renderlo più efficace, ma la sua introduzione non è più in discussione. Sulla trasparenza stiamo colmando un forte ritardo, culturale e normativo, tra la legislazione italiana e quella in vigore nei paesi anglosassoni.
In base alla legislazione attuale, un cittadino può accedere ai documenti della pubblica amministrazione solo se può dimostrare di avere un interesse diretto rispetto a ciò che richiede. Il caso tipico è di chi ha partecipato a un concorso e chiede di visionare gli atti della commissione d’esame. Con l’introduzione del Foia - la cui disciplina è contenuta nel decreto legislativo sulla trasparenza, in corso di approvazione - ogni cittadino potrà richiedere alla pubblica amministrazione dati e documenti a prescindere da un interesse specifico. Introduciamo quindi una novità straordinaria, certamente sul piano normativo, ma soprattutto sul piano culturale perché si riconosce per la prima volta ai cittadini il “diritto di sapere” che trova un limite, esclusivamente, davanti alla tutela di superiori interessi pubblici e privati. Qualora l’amministrazione neghi l’accesso ovvero ometta di rispondere entro il termine di trenta giorni, sarà possibile presentare ricorso al Tar.
Su questo, come su altri aspetti, si tratta di individuare il miglior punto di equilibrio possibile: il confronto, anche pubblico, può certamente contribuire a migliorare il testo. Nelle scorse settimane c’è già stato un incontro con i rappresentanti di
Foia4Italy da cui sono emerse utili indicazioni; l’esame del provvedimento passa ora alle commissioni parlamentari. Spetterà quindi al Parlamento dare il proprio contributo e offrire al Governo eventuali soluzioni migliorative.
Il Foia è una innovazione fondamentale, parte di una strategia complessiva in materia di trasparenza. Nell’ultimo anno l’Italia ha scalato otto posizioni nel ranking mondiale per l’apertura dei dati pubblici (
Global Open Data Index); la stessa
Transparency International ha riconosciuto che«le pubbliche amministrazioni stanno diventando via via più aperte e trasparenti». L’indice Desi 2016 ha registrato i progressi del nostro Paese in questa materia. Con l’iniziativa
Soldipubblici e con i siti
openexpo e
opencantieri, il governo sta trasformando singole buone pratiche in un sistema che utilizza gli open data per assicurare il controllo sociale sull’utilizzo delle risorse pubbliche. Del resto la trasparenza non è un adempimento burocratico, ma una grande politica pubblica, indispensabile per combattere la zona grigia che va dallo spreco all’illecito e uno strumento di cooperazione virtuosa con i cittadini.
Risponde Alessandro GilioliRingraziamo il ministro Madia della replica ma soprattutto ci felicitiamo del fatto che anch’ella ritenga migliorabile ?il testo approvato in via preliminare dal governo. Perché, appunto, i margini di miglioramento sono molti: a iniziare dall’assurda norma del silenzio-diniego, che consente alla pubblica amministrazione di non rispondere alle richieste dei cittadini senza addurre alcuna motivazione e senza alcuna sanzione per il proprio silenzio.
È poi evidente che consentire solo il ricorso al Tar contro questo silenzio-diniego è estremamente disincentivante per i cittadini, dati i costi e i tempi dei ricorsi stessi; ed è piuttosto singolare costringere i cittadini a ricorrere in tribunale - pagando un avvocato - per conoscere dati che dovrebbero essere pubblici. Di nuovo, ?si crea una situazione di disparità e sbilanciamento tra Stato ?e cittadini, considerati dei sudditi che si possono ignorare.
È inoltre indispensabile che nella legge sul Foia le eccezioni vengano definite in modo molto più chiaro e circoscritto: nell’attuale formulazione la vaghezza dei campi per i quali lo Stato si riserva la non risposta è così ampia da consentire di inserirvi quasi tutto, beffando - appunto - i cittadini richiedenti.
Al momento, quindi, considerare questa norma «una novità straordinaria», come fa Madia, è un’affermazione molto avventurosa. Siamo ancora in tempo, tuttavia, perché le correzioni necessarie siano apportate, così come richiesto ?non solo da Foia4Italy ma anche dal Consiglio di Stato.