L'isola vuole dimenticare la cronista fatta saltare in aria per le sue inchieste sui corrotti. La sua battaglia contro criminalità organizzata e grandi evasori non interessa ai maltesi, soddisfatti del boom economico. Nonostante sia finanziato dal riciclaggio di denaro sporco
Le onde d’urto dell’assassinio, a Malta, di Daphne Caruana Galizia si stanno propagando in tutto il mondo. Non nell’isola dove la giornalista è stata fatta saltare in aria. Dopo poche ore di triti luoghi comuni da parte delle autorità politiche, il Paese si è mobilitato lungo le sue linee bipolari di sempre.
Nei suoi articoli, Daphne era solita chiamarle “le due Malte”. La prima Malta, una piccola minoranza abituata a leggere i suoi articoli tutti i giorni, è infuriata e indignata dal fatto che l’avidità sia diventata una religione nazionale, capace di spalancare le porte ai dittatori azeri e alle varie mafie, che qui riciclano il loro denaro sporco. L’altra Malta, la grande maggioranza, è infuriata e indignata dal fatto che l’immagine da cartolina dell’isola nel mondo sia infangata da gente che scrive articoli di una certa natura. La spaccatura culturale presente nel Paese non è mai stata più pronunciata di così. Il governo laburista - forte del sostegno di cui gode da parte della maggioranza - ha girato la pagina dell’assassinio di Daphne e ha assunto la modalità “business as usual”.
Tutto procede come sempre. L’opposizione nazionalista - per tradizione paladina di buona governance e trasparenza - ha appena eletto un nuovo leader che si compiace di non aver pagato le tasse. Entrambe le componenti parlamentari si stanno precipitando ad allontanare il più possibile l’agenda nazionale dalle criticità sollevate dalla morte di Daphne. Le proteste della rete della società civile - un gruppuscolo di volontari disorganizzati di mezza età - attirano una piccola e altalenante percentuale di superstiti sostenitori del partito nazionalista, imbarazzati dall’atteggiamento equivoco dei nuovi vertici del loro vecchio partito. I leader che hanno elettrizzato i sostenitori della missione anti-corruzione di Daphne sono estranei alla leadership del Paese: Antonio Tajani, che a Strasburgo ha mobilitato l’intero spettro dell’opinione politica affinché si schieri e protesti contro l’assassinio di una giornalista, e il vescovo di Malta Charles Scicluna, il primo in circa 40 anni ad aver fatto dichiarazioni forti e pungenti sulle controversie politiche, chiedendo interventi specifici a un governo quanto mai indeciso.
[[ge:rep-locali:espresso:285303175]][[ge:rep-locali:espresso:285302421]]Buona parte della popolazione locale, però, resta poco colpita dalle manifestazioni europee di cordoglio e si aggrappa allo slogan usato dal partito laburista in occasione delle elezioni anticipate del giugno scorso, indette a sorpresa dopo che Daphne aveva reso note le presunte mazzette intascate dalla famiglia del premier maltese, Joseph Muscat, e versate dalla famiglia di Ilham Aliyev dell’Azerbaijan. Lo slogan è «l-aqwa ?mien»: «questi sono i tempi migliori». Senza dubbio, gli utili derivanti dai servizi finanziari, dalle scommesse online e dalla vendita di passaporti a equivoci milionari hanno favorito il boom maltese. Adesso sono davvero poche le persone che avrebbero voglia di veder la bolla sgonfiarsi.
E, se tenere segreto il riciclaggio di denaro sporco da parte di mafie e dittatori serve a far durare questi «tempi migliori», ebbene allora ben venga. Così la pensano molti.
uasi certamente la situazione si aggraverà. Il danno reputazionale inflitto a Malta dai Panama Papers, dai Malta Files e adesso dai Paradise Papers sta spaventando gli investitori di prim’ordine che erano soliti avvalersi dei servizi maltesi a causa della reputazione irreprensibile a livello europeo dell’isola, ormai infangata. Gli intermediari finanziari confessano che stanno procedendo a far subentrare alla loro attività trasparente una clientela più oscura, che solo pochi anni fa non avrebbe mai superato un test di due diligence.
Questo gioco è pericoloso ed è difficile immaginare che cosa dovrà ancora accadere perché il Paese e la sua classe politica si risveglino dal torpore nel quale si trovano e dal quale fingono che non stia accadendo nulla.
Daphne Caruana Galizia, praticamente da sola, si è schierata contro la rapida trasformazione di Malta, diventata negli ultimi cinque anni una colonia a tutti gli effetti di varie reti della criminalità organizzata. E sempre da sola ha affrontato anni di demonizzazione. Fino al 16 ottobre: il giorno in cui hanno deciso di farla saltare in aria.
Manuel Delia è un blogger politico indipendente di Malta, che scrive su manueldelia.com