La sentenza su Carminati è solo l’ultima. Lo stesso era accaduto nel caso della Banda della Magliana e dei clan di Ostia
Le organizzazioni criminali non sono mafiose a meno che non parlino campano, siciliano, calabrese o pugliese. Questo dicono le sentenze. Se parlano romano, sono semplici bande criminali anche se la loro azione criminale si regge sul possesso di armi, sugli omicidi, sulle intimidazioni, sul controllo del territorio, su estorsioni e omertà.
Il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416-bis) è stato introdotto nel codice penale solo nel 1982 in seguito all’omicidio del Generale Dalla Chiesa ed è stato modificato due volte: ad agosto 1992 in seguito alle stragi di Capaci e via D’Amelio e nel 1996 quando fu introdotto il riutilizzo dei beni sequestrati per finalità sociali.
La parte centrale della norma è questa: «L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri». Vale la pena, però, soffermarsi anche sull’ultimo capoverso: «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso».
«Comunque localmente denominate» significa che se non hanno un nome di battesimo locale, non sono associazioni di tipo mafioso. Eppure anche Massimo Carminati un nome al sodalizio criminale di cui fa parte lo aveva dato: «È la teoria del mondo di mezzo, compa’: ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto, e noi stiamo nel mezzo».
L’associazione mafiosa romana l’abbiamo per mesi chiamata il Mondo di mezzo, ma ora scopriamo che non esiste e se esiste l’abbiamo tutti sopravvalutata. Qualcuno potrà obiettare che il nome deve essere universalmente riconosciuto: tutti ma proprio tutti devono sapere che quella data organizzazione criminale esiste, che ha quel nome e la deve temere in quanto tale.
Ha forse senso che io rammenti a chi mi legge che la camorra non si è mai definita tale, ma si è sempre chiamata Sistema? Ha forse senso che io rammenti a chi mi legge che la mafia che noi chiamavamo mafia si è sempre definita Cosa Nostra? Ha forse senso che io rammenti che la ’ndrangheta preferisce definirsi Onorata Società? Ha forse senso che io ricordi a chi mi legge che la Società Foggiana è una mafia cruenta, che tiene in scacco il Foggiano senza che a pochi chilometri se ne abbia sentore? Vorrei sia chiaro che il diritto emergenziale è una sconfitta per tutti. Il carcere duro è una sconfitta per tutti, perché la detenzione ha lo scopo di riabilitare, rieducare, reinserire e non certo di isolare. Vorrei sia chiaro inoltre che, ampliare i confini in cui il diritto emergenziale possa essere applicato è una ulteriore sconfitta, ma al tempo stesso dobbiamo fare i conti con la presenza in Italia di organizzazioni criminali tra le più pericolose al mondo, che negli ultimi decenni sono diventate oltremodo potenti, hanno allargato i propri confini e hanno fornito ad altre organizzazioni criminali il loro know how criminale.
Nel 2010 in prima serata su Raitre raccontai fino a che punto il Nord Italia fosse infiltrato dalla ’ndrangheta, raccontai di come avvenissero riti di affiliazione nella insospettabile Lombardia. Furono in tanti ad accogliere con stupore il mio racconto eppure c’erano indagini, c’era un processo importantissimo scaturito dall’operazione Crimine-Infinito condotta dalle Dda di Reggio Calabria e di Milano. Oltre 200 persone arrestate e condannate per associazione per delinquere di stampo mafioso. Quando ne parlai in tv un quotidiano raccolse firme contro di me colpevole (io!) di dare del mafioso al Nord.
La sentenza che stabilisce che Mafia Capitale non è mafia arriva ultima, arriva dopo la sentenza che stabilisce che la Banda della Magliana non è mafia, che l’operazione Anco Marzio sul litorale romano non ha nulla a che vedere con la mafia, che il clan Fasciani di Ostia non è mafia. Chi sa cosa sarebbe accaduto a Mafia Capitale se Massimo Carminati fosse nato a Reggio Calabria, a Casalnuovo di Napoli o nel Foggiano. E se avesse magari parlato con accento napoletano, calabrese o siciliano.