L'inchiesta dell'Espresso, in edicola da domenica 22 aprile, svela il sistema di società nei paradisi fiscali che ruota attorno al gigante dell'industria. Ora sotto accusa per corruzione in Brasile

Un colosso mondiale dell'industria, controllato da una dinastia familiare che ha segnato la storia dell'economia in Italia e Argentina. Un gruppo multinazionale tra i più importanti del pianeta, con 450 società operative e 75 mila dipendenti in 45 nazioni, che non è mai stato coinvolto in scandali finanziari o bancari. Dietro questo impero industriale, però, si muove una galassia di società anonime, collocate nei più riservati paradisi fiscali, ora portata alla luce da una nuova inchiesta giornalistica internazionale basata sui Paradise Papers.

L'Espresso, nel numero in edicola da domenica 22 aprile, svela le tesorerie riservate del gruppo Techint, la multinazionale dell'acciaio, petrolchimica e centrali di energia, che in Italia controlla le fabbriche siderurgiche Tenaris e gli ospedali privati Humanitas.
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L'inchiesta giornalistica si fonda sull'enorme archivio di atti delle società offshore che il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung ha condiviso con l'International consortium of investigative journalists (Icij), di cui fa parte il nostro settimanale. Tra decine di società anonime, l'Espresso documenta il ruolo di una rete di offshore che, secondo diverse indagini giudiziarie aperte in Italia, Brasile, Argentina e Svizzera, sarebbero servite a creare fondi neri in Europa e pagare tangenti in Sudamerica e in altri continenti.

Corruzione
Corruzione in Brasile, si rivede la Techint
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L'inchiesta, a cui hanno collaborato giornalisti italiani, argentini e brasiliani, ricostruisce come e perché il gruppo Techint è rimasto coinvolto della maxi-istruttoria Lava Jato, la Tangentopoli carioca, che ora scuote i palazzi del potere in nove paesi sudamericani. Dal Brasile, le indagini giudiziarie si sono allargate in Argentina, Italia e Svizzera, fino a coinvolgere direttamente la holding San Faustin, la società-capogruppo controllata dalla famiglia Rocca, la più celebre dinastia di imprenditori che opera tra Milano e Buenos Aires. L'inchiesta giornalistica analizza in particolare i conti bancari intestati a società panamensi che sono al centro, secondo le accuse dei magistrati, di vari casi di corruzione per ottenere appalti da aziende statali brasiliane come Petrobras ed Eletrobras, contratti petroliferi in Kazakhstan e altre forniture internazionali. La vicenda più delicata riguarda il consorzio di imprese che sta costruendo una nuova centrale nucleare in Brasile. Secondo i documenti esaminati da l'Espresso, alcune di queste offshore risultano ancora attive. E agli stessi presunti fiduciari fanno capo decine di società anonime ancora sconosciute ai magistrati.

Inchiesta
Soldi e potere, il tesoro della famiglia Rocca
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Interpellato da L'Espresso, il gruppo Techint ha respinto tutte le accuse, fornendo risposte dettagliate. In particolare la holding San Faustin, dalla Svizzera, spiega di aver svolto «già dal 2016 un'indagine interna» affidando a uno studio americano indipendente e alla Kmpg «l'analisi di oltre 1,7 milioni di documenti di 157 società in 32 Paesi», da cui «non è emerso nessun coinvolgimento in ipotetici reati». Anche la Techint italiana ha ordinato una verifica completa a Ernst&Young, «senza che sia emersa alcuna irregolarità». E comunque oggi, sottolinea l'azienda, le persone citate negli atti delle offshore «non ricoprono cariche nel gruppo». Nei tribunali, dunque, si annuncia uno scontro muro contro muro tra il colosso Techint e i magistrati italiani e sudamericani.