I programmi di prima serata assomigliano sempre più a sequestri di persona: una durata infinita in nome degli ascolti
C’era una volta la prima serata. A dire il vero un tempo c’era anche solo il primo canale, e per fortuna le cose si sono allargate e le scelte pure. Ma a un certo punto la situazione è leggermente sfuggita di mano. Si comincia con allegria a guardare la televisione dopo cena, come da tradizione. Si sceglie una rete, verso le nove e venti di sera. E si resta lì, indefessi, come eroi della visione forzata fino alle due di notte. Davanti allo stesso programma. Che fagocita come la balena di Pinocchio ogni spazio teorico per una, non diciamo seconda, ma almeno terza serata possibile, rilanciando a ripetizione fino a che con sadismo inusitato non porta a casa lo share del desiderio.
Non si capisce bene cosa sia successo né quando, ma il risultato è che ormai l’intrattenimento pur di conquistare gli ascolti da vittoria, si è allargato come una macchia oleosa nonostante da più parti si sentano vocine da tiepido dissenso e da show che era è diventato un sequestro di persona in piena regola. Il vizietto ha preso piede praticamente sull’intero palinsesto ma il sabato sera è semplicemente sfacciato. Così i vip di “Ballando con le stelle” agitano rumbe e cha cha ben oltre la mezzanotte cercando di tenere le palpebre sollevate come le punte.
Ma la durata bulimica dà il suo meglio con le squadre di “Amici”, lo show di Canale 5 che ormai la sta tirando talmente in lungo che probabilmente il vincitore di questa edizione verrà decretato con un brindisi a base di cappuccino e cornetto. E se lo spettatore indomito è deciso a non mollare per un insano principio di fedeltà alla causa (persa), i ragazzi delle due squadre vengono esposti dopo quattro ore di diretta come gli orsi ballerini del circo, puntando più sull’arte della sopravvivenza che su quella delle arti.
L’apoteosi di questa gara all’ultimo punto di gradimento è andata in onda quando all’1.37 di notte è stato chiesto di intonare “The Show Must Go One”, una sorta di canto del cigno in nome della resistenza sul palco a ogni costo, prima del crollo, definitivo, in vista dell’ormai imminente pranzo della domenica. Il bello di questa novella versione di “Non si uccidono così anche i cavalli?” è che spettatori e concorrenti si appoggiano gli uni agli altri uniti da una stessa messa in scena, cercando di misurare le forze e senza avere dalla loro parte l’irresistibile fascino di Jane Fonda.
Alla fine poi, il risultato non è neppure esaltante. Uno sforzo titanico per ottenere una sconfitta (o una vittoria) di misura, dove la differenza di ascolti in nome dei quali si è tirato la corda in questo modo, si misura in un pugno. Sempre che a qualcuno, vista l’ora, sia rimasta la forza di stringerlo.