Il paese è spaccato in due e la Casa Bianca usa il ministero dell’interno per gli interessi del Presidente. Colloquio con Janet Napolitano, ministra alla sicurezza dell'amministrazione Obama
«In caso di sconfitta, mi chiedo se Donald Trump sarà capace come da tradizione di dire al suo elettorato: “Joe Biden è anche il vostro presidente”, evitando così che la gente scenda in strada a protestare». Janet Napolitano, ministra della Sicurezza Interna durante il primo mandato di Barack Obama, con L’Espresso esprime tutto il suo disappunto sulle politiche messe in atto dall’attuale inquilino repubblicano della Casa Bianca: dall’immigrazione, alla sicurezza, alla gestione delle recenti manifestazioni del movimento Black Lives Matter. Docente di Public Policy all’università di Berkeley in California, Napolitano non si sbilancia sulle chance di vittoria del partito democratico alle presidenziali il prossimo novembre e preferisce uno scaramantico “tocchiamo ferro”.
Nel 2008 il suo nome circolava tra i papabili alla vicepresidenza. Sarebbe stata la prima donna. Dopo dodici anni, i democratici si augurano che possa diventarlo Kamala Harris. Cosa ne pensa? «Ne sono entusiasta. Conosco la senatrice Harris, rappresenta la California, lo stato in cui vivo. È intelligente, ha esperienza, saprà dare man forte al ticket. È interessante come il fatto che sia una donna nera quasi non conti. La giudicano per le competenze, non tanto per il genere».
Il Segretario di Stato Mike Pompeo ha detto che “l’America è più sicura con Trump”. È d’accordo? «No! E non sono l’unica a pensarlo. Finanche funzionari che hanno lavorato nell’amministrazione Trump, hanno detto chiaramente che gli Stati Uniti sono meno sicuri rispetto a quando c’era Obama. L’ex capo di gabinetto del ministero della Sicurezza Interna, Miles Taylor, ne ha parlato in una lettera aperta al Washington Post (dal titolo “Al ministero dell’Interno ho visto in prima persona quanto Trump sia pericoloso per l’America”, ndr).
Nel suo ultimo libro “Quanto siamo sicuri?” sostiene che ci sia bisogno di migliorare la risposta alle intrusioni informatiche da parte di soggetti stranieri. Come vede le prossime elezioni? «Sono preoccupata; secondo l’intelligence i russi stanno ancora cercando di interferire. Nonostante il dipartimento dell’Interno abbia fatto tanto per migliorare la risposta alle ingerenze informatiche straniere, il sistema elettorale è in mano alle amministrazioni locali e non tutte hanno messo in sicurezza i loro apparati. Le interferenze avvengono in diverse forme, ad esempio diffondendo disinformazione sui social. È avvenuto nelle elezioni del 2016, accade ora. Non ho certezza che non abbiano interferito nelle elezioni europee, la faccenda non riguarda solo gli Stati Uniti».
Come giudica la risposta dell’amministrazione alle proteste Black Lives Matter? «Mi ha fatto soffrire vedere come il ministero dell’Interno sia stato usato contro manifestanti che avevano il diritto costituzionale di protestare. Penso che ci siano stati momenti di violenza e che andassero fermati. Ma è compito della polizia locale, non del governo federale. È interessante notare quello che è successo a Kenosha, in Wisconsin. Gli agenti hanno aperto il fuoco colpendo un nero alle spalle; invece durante le proteste il ragazzo bianco che con un’arma ha ucciso due manifestanti e ferito un altro, camminava accanto alla polizia indisturbato».
Uno dei temi più controversi del primo mandato Trump è stato l’immigrazione. Come lo giudica? «Le azioni intraprese alla frontiera sud-occidentale non appartengono al nostro sistema di valori. Ha praticamente interrotto il processo di richiesta di asilo. Se eletto, Biden proseguirà la politica di Obama. Sostiene la necessità di avere confini forti, ma crede anche nel valore che l’immigrazione ha per gli Stati Uniti. Cercherà di coinvolgere il Congresso in una riforma necessaria delle leggi sull’immigrazione».
Come sarebbe l’America guidata da Biden? «Vedremmo i primi cambiamenti da subito nei rapporti internazionali. Biden crede nell’ordine internazionale creato dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella Nato, nell’Oms, nella Banca Mondiale e nel Fondo Monetario Internazionale. Cercherà di rinsaldare i legami indeboliti da Trump».
Il paese è spaccato. Se presidenza e Congresso avranno colori diversi, come riusciranno a governare? «L’ambiente politico è diviso e lo è Washington. Rimane però il senso comune dei valori americani. Se Biden diventerà presidente e i democratici non controlleranno il Congresso, bisognerà trovare il modo di governare con i repubblicani. Sappiamo quanto sia difficile. Quando Obama si insediò, il leader repubblicano al Senato dichiarò che l’obiettivo numero uno sarebbe stato quello di impedire un secondo mandato. Allora come oggi il paese attraversava una profonda recessione. Chiunque avrebbe pensato che la priorità sarebbe stata far ripartire l’economia. Un atteggiamento che abbiamo visto ripetersi».
Lei ha lavorato a stretto contatto con Biden. «È amichevole, empatico, dedicato al servizio pubblico. Ha la profondità di esperienze che Trump non aveva. Inoltre, riuscirebbe a mettere in piedi uno staff eccellente e questo è fondamentale».
La rivedremo sul palcoscenico della politica nazionale? «Mai dire mai. Per il momento mi godo il lavoro all’università. Quest’anno avevo preso un sabbatico, volevo viaggiare. Sappiamo, poi, com’è andata».