La rivista Nature approva e pubblica lo studio del professore Andrea Crisanti che demolisce gli esami antigenici: falsi risultati nel 30 per cento dei casi. La scelta della Regione fu tra le cause del record di mortalità nella seconda ondata dell’epidemia. Isolato e attaccato dalla Lega di Luca Zaia, il docente ora è candidato del Pd

Quello studio «non è un vero studio». Anzi, «non esiste nessuno studio scientifico». E comunque «è meglio dire che non c’è». È la posizione ribadita per mesi dai vertici sanitari della Regione Veneto, per confutare la credibilità della ricerca, coordinata dal professor Andrea Crisanti, che nell’ottobre 2020 aveva segnalato e denunciato la scarsa affidabilità (in gergo tecnico, bassa sensibilità) dei cosiddetti test rapidi per il Covid. Quella prima verifica dei dati, realizzata dal docente dell’università di Padova, già direttore della sezione malattie infettive dell’autorevole Imperial College di Londra, evidenziava il grave problema dei falsi negativi: soggetti che venivano dichiarati immuni dal virus, in base ai risultati di quell’esame veloce di tipo antigenico, ma che in realtà erano infetti e quindi in grado di diffondere il contagio. Crisanti ha lanciato l’allarme sui test rapidi all’inizio della seconda ondata dell’epidemia, che in Veneto ha avuto conseguenze catastrofiche. Ma si è scontrato con i vertici dell’apparato sanitario regionale. Il direttore generale della sanità veneta, Luciano Flor, e il dg dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie, Antonia Ricci, hanno attaccato il suo lavoro parlando testualmente di «scartoffie»: «due paginette» che a loro dire sarebbero state «piene di grossolane inesattezze». Pochi giorni fa, però, lo studio di Crisanti è stato approvato e accettato dagli esperti di Nature, la rivista scientifica più prestigiosa del mondo, che ne ha autorizzato la pubblicazione.

 

Nella prima ondata dell’epidemia, tra febbraio e giugno del 2020, Crisanti aveva avuto un ruolo di primo piano nella gestione dell’emergenza in Veneto, organizzando quella massiccia campagna di tamponi molecolari (i test più precisi e affidabili) che ha avuto l’effetto di ridurre il livello dei contagi e i tassi di mortalità, soprattutto nell’area di Padova.

 

Quel «modello veneto» di buona gestione del problema, rispetto al tragico disastro di altre regioni come la Lombardia, è stato rivendicato pubblicamente dai responsabili politici della sanità e ha favorito la trionfale rielezione del governatore leghista Luca Zaia. In autunno, però, dopo lo scontro sui test rapidi, Andrea Crisanti si è visto isolare e attaccare dai massimi dirigenti della sanità veneta e dallo stesso Zaia. Quindi il docente universitario, che è direttore dell’unità di microbiologia e virologia dell’ospedale di Padova, ha accettato di candidarsi al Senato, nella circoscrizione Europa, per il Partito Democratico, alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. La pubblicazione del suo studio in una rivista del livello di Nature è una notizia di indubbio interesse pubblico, perché riguarda l’efficacia delle politiche sanitarie contro l’emergenza Covid. L’Espresso ha deciso di pubblicare questo articolo solo oggi per non interferire sulla campagna elettorale: i cittadini italiani che vivono all’estero, infatti, votano in anticipo, per corrispondenza, e hanno quindi già espresso le loro preferenze anche nella circoscrizione dove è candidato lo scienziato di Padova.

Le prime indiscrezioni sullo studio di Crisanti che segnalava la scarsa sensibilità dei test rapidi erano state pubblicate da Repubblica il 28 ottobre 2020: già in quell’articolo si leggeva come i nuovi test antigenici, sperimentati in Veneto e poi diffusi anche in altre regioni, con l’obiettivo dichiarato di sostituire i test molecolari, non riconoscessero «tre positivi su dieci». Quando esce quella notizia, il professore viene contestato dai vertici regionali. Perfino gli altri due primari di Padova, che avevano collaborato con Crisanti a quel lavoro di verifica (definito in gergo medico «approfondimento diagnostico»), sono costretti a prendere le distanze dal collega, dichiarando di non essere stati coinvolti e informati sugli esiti della ricerca.

 

A quel punto L’Espresso ricostruisce l’intera vicenda dei test rapidi: la nostra inchiesta giornalistica rivela tra l’altro, grazie a testimonianze e documenti inediti, come i due primari che si erano dissociati dallo studio di Crisanti hanno poi spiegato riservatamente (parlando con altri medici loro colleghi di Padova) di aver subito forti pressioni politiche, provenienti dai vertici della Regione Veneto, per spingerli ad attaccare il lavoro del professore.

 

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A quel punto i due primari, insieme al direttore generale della sanità veneta, vengono spinti a replicare al nostro articolo, in una conferenza stampa, sostenendo di non aver mai parlato di pressioni politiche e negando di aver ricevuto richieste o inviti ad attaccare Crisanti. A ristabilire la verità dei fatti è la trasmissione televisiva Report, che nella puntata «Il giallo Veneto» pubblica l’audio di uno dei due primari. Nella registrazione si sente, in particolare, il responsabile del pronto soccorso dell’ospedale di Padova, Vito Cianci, che dichiara testualmente ad almeno un altro medico, riferendosi proprio alla sua presa di distanze dallo studio sui test rapidi: «Siamo stati presi per il collo! Con tutte le relative possibili minacce sottostanti che possono provenire in maniera indiretta o velata».

 

I giornalisti d’inchiesta di Report mandano in onda sui Rai3 anche la parte fuori onda di una loro intervista a Luciano Flor, dove è lo stesso direttore generale della sanità veneta a rivelare le motivazioni della posizione delle autorità sanitarie regionali: la potenza economica e legale della multinazionale Abbott, che ha prodotto quei primi test rapidi. «Detto inter nos - confida Flor a mezza voce al giornalista di Report, Danilo Procaccianti - la ditta ci fa causa e ci chiede i danni… Quindi meglio dire: lo studio non c’è. Perché credi che mi sia affrettato a dire che lo studio non c’è?».

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Nella conferenza stampa contro l’Espresso, anche la primaria di Malattie Infettive, Anna Maria Cattelan, aveva preso le distanze dal lavoro di Crisanti, dichiarando: «Abbiamo fatto delle valutazioni di confronto tra i due tipi di tamponi, ma mai un vero studio scientifico». Oggi entrambi i primari, Cianci e Cattelan, firmano come autori, insieme a Crisanti, lo studio accettato da Nature, che fin dal titolo denuncia il «fallimento» dei test rapidi e le disastrose conseguenze della scelta di abbandonare i tamponi molecolari. Il titolo integrale, in inglese, è il seguente: «Impact of antigen test target failure and testing strategies on the transmission of Sars-CoV-2 variants».

 

La vicenda aveva avuto anche un risvolto giudiziario: il professor Crisanti era stato denunciato da Azienda Zero, l’ente di governo della sanità del Veneto, per le sue dichiarazioni critiche nei confronti delle scelte regionali sui test rapidi. Come raccontato sempre dall’Espresso, però, la Procura di Padova ha verificato la correttezza delle parole di Crisanti, archiviando la denuncia, e ha chiesto invece alla Corte dei Conti di valutare una possibile richiesta di risarcimento delle spese legali sostenute dalla Regione Veneto per quell’esposto rivelatosi totalmente infondato.

 

Nei mesi drammatici della seconda ondata, dopo aver ignorato i dubbi documentati dalla ricerca ora approvata da Nature, la Regione Veneto ha esautorato il professor Crisanti e ha affidato la gestione dei controlli sul Covid al dottor Roberto Rigoli, primario di microbiologia dell’ospedale di Treviso e grande sponsor dei test rapidi, di cui assicurava personalmente la sensibilità e l’affidabilità. La Procura di Padova, però, oggi accusa il dottor Rigoli di falso ideologico e turbata libertà di scelta del contraente: secondo i magistrati, l’esperto scelto da Zaia avrebbe «attestato falsamente di aver effettuato l’indagine scientifica» e di aver «provato il kit della Abbott su alcuni soggetti». La Regione Veneto, insomma, dopo aver ignorato il vero studio dei primari e professori di Padova sui test rapidi, avrebbe accreditato quello falso di Treviso.  

Il dottor Rigoli respinge ogni accusa e va considerato innocente fino alle sentenze finali dei giudici. Ma gli scienziati di Nature hanno già dato il loro verdetto: i test rapidi della Regione Veneto vanno bocciati.