Sculture su ruote, tatuatori tatuati, vestiti da sposa per uomo. Una mostra a Milano tra performance e guerra

Il primo degli artisti della mostra “Rolling Refugee Home Museum On Wheels” è il curatore Sergey Kantsedal, che organizza una conferenza stampa buia e itinerante: sappiamo che tra i principali obiettivi degli invasori russi ci sono le centrali elettriche ucraine. Dall’inizio del conflitto tutte le grandi centrali sono state bombardate e non solo perché senza elettricità le controffensive nei territori occupati arrancano, ma anche perché è il primo degli strumenti per sfinire la popolazione, privandola persino del sonno. Infatti le persone sono costrette, per scaldarsi, a usare stufe che consumano tanto ossigeno e quindi devono spostarsi spesso di stanza in stanza.

 

E allora ecco anche noi giornalisti, per quella manciata di minuti, diventare parte di una performance poco comoda e molto efficace, durante la quale ci viene spiegato che artiste e artisti negli ultimi dieci mesi hanno abitato la Fabbrica del Vapore, in un appartamento che sta proprio sopra gli uffici della palazzina Liberty che apre il complesso industriale dove un tempo si producevano materiali per ferrovie e tramvie. E la mostra che inaugura - come atto conclusivo della residenza - con i prodotti rotanti sembra avvinghiata nel titolo e nella produzione di Alina Kleytman che alle sue sculture ha messo, infatti, le ruote.

 

Il lavoro di Kleytman è spigoloso e aggressivo, ci parla dei traumi dell’infanzia, e anche se quelle ruote sembrano poesia nomade, perché l’arte è migrazione e la vita è viaggio, la lirica lascia il posto a un gusto amaro al pensiero che forse è solo un espediente per scappare più velocemente.

 

Oltre a lei, in mostra, opere di Katya Kopeikina e Vladislav Plisetskiy: la prima ha accolto alla Fabbrica molti tatuatori (anche lei usa questo mezzo), ma oltre a questo ha dipinto i suoi compagni di viaggio, riproponendo in modo volutamente grottesco persone e situazioni del quotidiano, restituendo grande intimità. E tutta l’esposizione sembra in realtà uno spazio privato, una casa-laboratorio più che un allestimento tradizionale. Nel cuore di Plisetskiy invece si entra attraverso un video realizzato con il cellulare, nel quale ha raccolto la reazione di molte ragazze e ragazzi alla notizia, il 24 febbraio dell’anno scorso, dello scoppio della guerra: rimanere? Combattere? Andarsene? Suo è anche una specie di showroom di abiti da sposa per uomini, una sorta di retrospettiva paradossale di questo giovanissimo artista che ci fa respirare, oltre alla guerra, anche il clima e la forza della cultura underground che a Kiev era molto florida. Non si è spenta, anzi è divenuta resistenza. Questo progetto, voluto dall’Assessorato alla Cultura e sostenuto da veraLab, è in continua evoluzione e durerà fino al 12 aprile.

 

LUCI
Il governo fa sapere che intende recepire la direttiva Ue che riduce l’Iva sull’importazione delle opere d’arte dal 10 al 5,5%: il mercato dell’arte italiano vale meno dell’1% di quello mondiale anche a causa delle normative fiscali. Conviene vendere e comprare all’estero e questo ferma la produzione e la ricerca. È la volta buona? Bah.

 

E OMBRE
È uscito il 26° rapporto annuale di Artprice, un’analisi del mercato dell’arte che ci dice che in occidente il settore delle aste cresce raggiungendo il suo massimo storico: 12,6 miliardi di dollari, con un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. Regno Unito +8%, Germania +6%, Giappone +10% etc etc… E L’italia? -11%. Daje, continuiamo così.