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Roger Ballen e l’arte che abbraccia il teatro dell’assurdo
Una mostra in Svizzera sul fotografo di New York influenzato da Beckett. Che costruisce un contrappasso di follia per il criminale nazista Mengele
La settimana scorsa si è conclusa Art Basel che oltre a essere la fiera d’arte più importante al mondo, è l’occasione per i musei della città svizzera di dare sfogo a una programmazione di altissimo livello. Il Tinguely Museum, progettato da Mario Botta e dedicato all’artista svizzero celebre per le sue macchine gigantesche, offre due nuove esposizioni: la prima è di Janet Cardiff & George Bures Miller, che ci fanno vivere un percorso davvero suggestivo. Noi però ci vogliamo concentrare sulla seconda, “Call of the Void” di Roger Ballen.
E siccome il museo che lo ospita è serio, ha chiamato Ballen a confrontarsi con un’installazione del “padrone di casa” Jean Tinguely. “Mengele. Dance of Death” è un gruppo scultoreo di 18 elementi che l’artista recuperò negli anni ’80 da un incendio che distrusse la fattoria della famiglia Mengele, che discendeva dal medico/mostro responsabile degli esperimenti più brutali della storia.
Ballen è nato a New York nel 1950 (ma vive da quarant’anni a Johannesburg) e respira la fotografia fin da ragazzino: la madre lavorava nell’agenzia Magnum. Appena diciottenne comincia a fotografare tutti gli eventi più significativi, dalle proteste studentesche del ’68 a Woodstock, ma la prima fotografia che lo soddisfa, a suo stesso dire, è quella di un gatto morto sul ciglio della strada. Si iscrive a psicologia, studia Jung, Beckett e Ionesco. È il teatro dell’assurdo a interessarlo e dice che l’unica cosa che cerca con la sua fotografia è scendere a patti con il puro caos: nella mostra di Basilea questo aspetto è prepotente e nelle fotografie a parete sembra esprimere l’esigenza di individuare l’animale nell’essere umano e l’essere umano nell’animale. Sono crude e disturbanti, sempre quadrate e in bianco e nero e mostrano una realtà assurda di donne, uomini, ratti, cani, gatti, gufi, teschi, manichini, peluche che appaiono attori di un macabro spettacolo senza logica.
È davvero il teatro dell’assurdo che aveva studiato da ragazzo. Al centro della sala una baracca in legno dove i suoi soggetti lasciano la bidimensionalità per animare una dimora al limite e allo stesso tempo senza limiti. Un limbo inquieto, in un territorio nel quale forse preferiremmo non andare, ma dal quale siamo irrimediabilmente attratti. È la bellezza della tragedia, è il fascino per una realtà riprodotta con manichini e disegni che balla tra orrore e sogno, violenza e alienazione. La tensione aumenta se si pensa che è un confronto con “Mengele. Dance of Death”, perché Ballen ci appare come sacerdote di una sorta di contrappasso che brucia i posteri del criminale ed esalta la follia, gli ultimi, i disadattati che lo scienziato, lui sì pazzo davvero, ha cercato di spazzare via dalla storia del mondo. Fino al 29 ottobre.
LUCI
Ventidue borse Louis Vuitton disegnate e cucite da altrettanti artisti (grandi nomi come Daniel Buren, Donna Huanca, Urs Fischer, Amélie Bertrand e molti altri) sono oggetto di un’asta benefica organizzata da Sotheby’s e della stessa casa di moda. Le borse saranno poi esposte nella sede parigina di Sotheby’s dal primo al 5 luglio.
E OMBRE
Attraverso un bando il Comune di Genova vuole individuare cinque artisti e musicisti under 35 per alcune serate alla Sala Verde del Museo Archeologico Ligure. Li pagano? No. Le spese? A carico di chi si esibisce. La solita solfa del “pagamento in visibilità”, grave se promossa da un Comune, triste se da un Museo.