Diritti
In Germania il parlamento approva la legge sull'autodeterminazione delle persone trans
Il Paese si aggiunge ai tanti che negli ultimi anni hanno introdotto norme per facilitare il percorso di riaffermazione di genere. In Italia, grazie a una sentenza del 2015, il trattamento chirurgico non è indispensabile per rettificare l’attribuzione di sesso anagrafico, ma la comunità trans da tempo chiede una riforma
Il parlamento tedesco, dopo un anno discussione, ha approvato la nuova "legge sull’autodeterminazione". Una norma per rendere più facile per le persone transgender, intersessuali e non binarie di cambiare il proprio nome all’anagrafe adeguando i propri documenti all’identità di genere quando questa non corrisponda al sesso biologico. La legge fa parte del pacchetto di riforme sociali volute dal governo guidato da Olaf Scholz. La camera bassa del Parlamento tedesco, il Bundestag, ha approvato la norma con 374 voti favorevoli, 251 contrari e 11 astensioni.
Andrà a sostituire quella attualmente in vigore che risale al 1981 e richiede che per le persone transgender un primo via libera da due medici "sufficientemente esperti dei problemi particolari del transessualismo" e poi un secondo da un tribunale. In sostanza valuta l'incogruenza di genere come una malattia e non una normale variante identitaria, come stabilito dall'OMS.
Nello specifico, la norma appena approvata consente ai maggiorenni di poter cambiare nome o genere nel registro dello stato civile presentando una semplice autodichiarazione all’anagrafe. Una volta effettuata la modifica non si potrà effettuare un nuovo cambio per l'anno successivo. Per quanto riguarda i minori di età pari o superiore a 14 anni, possono presentare la dichiarazione da soli con il consenso dei genitori o dei tutori legali. Per i minori di 14 anni sono invece i genitori o i loro tutori legali a dover presentare la dichiarazione. La legge entrerà in vigore tra qualche mese.
La Germania entra così tra quei paesi europei che facilitano il percorso di riaffermazione di genere. In Europa, la Danimarca è stato il primo Stato a concedere il diritto all'autodeterminazione nel 2014. Hanno poi seguito Irlanda, Belgio, Portogallo, Norvegia, Svizzera, Spagna e Scozia dove il Parlamento di Edimburgo ha approvato una riforma in questo senso che non solo elimina la necessità di una diagnosi medica di incongruenza di genere ma abbassa l'età minima da 18 a 16 anni per poter richiedere il cambiamento legale. In alcuni paesi, al contrario, la legge non richiede soltanto l’operazione di riassegnazione sessuale, ma indica esplicitamente che è necessaria la sterilizzazione che questa inevitabilmente comporta, ad esempio in Bulgaria, a Cipro, in Finlandia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia.
In Italia pochi sanno che dal 2015 Cassazione ha detto "no" alla sterilizzazione forzata per la rettificazione degli atti di stato civile delle persone transgender. La legge italiana che contiene norme in materia di “rettificazione di attribuzione di sesso”, è la legge 164 del 1982, che di per sé non contiene né ha mai contenuto la parola “sterilizzazione”, ma di fatto chiedendo l’obbligatorietà di un’operazione chirurgica implicava anche l’obbligo di sterilizzazione. Con una decisione storica la prima sezione della Corte di cassazione (sentenza n. 15138/2015) ha deciso che per ottenere la rettificazione degli atti anagrafici non è obbligatorio l'intervento di adeguamento degli organi riproduttivi. Tuttavia le procedure per il cambiamento del genere all’anagrafe sono soggette a singole decisioni dei tribunali. Non basta, dunque, una semplice procedura amministrativa, come avviene in altri paesi (ad esempio la vicina Spagna). La giurisprudenza è maggioritaria di tutti i Tribunali italiani, proprio per questo in Italia da tempo, la comunità trans si batte per una sua riforma.