Accade oggi
Passa il Premierato al Senato e l'autonomia alla Camera. Schlein: "Meloni spacca l'Italia"
Rinvio in giudizio per Pozzolo. Orban provoca col motto di Trump. Per il Ppe scontato accordo su von der Leyen. Israele approva i piani di battaglia per il Libano. Le notizie del giorno
Premierato: primo sì del Senato. Meloni esulta: "Rafforziamo la democrazia"
Il Premierato viene approvato in Senato mentre il tricolore sventola in aula e nelle piazze, con due significati contrapposti. Fratelli d'Italia esulta con flashmob per il primo sì a Palazzo Madama alla riforma costituzionale diventata una bandiera identitaria del partito della premier. E sventola anche alla manifestazione delle opposizioni in piazza Santi Apostoli "in difesa della Costituzione e dell’unità nazionale", contro il Premierato e l'autonomia. Una piazza allargata, con Pd, Avs, M5s e +Europa, ma non unitaria di tutte le opposizioni, compatte invece nel no in Aula. Sono 109 i sì alla riforma, 77 i contrari, e un astenuto, il senatore delle autonomie Durnwalder. Votano anche i ministri-senatori, Elisabetta Casellati, che in questi mesi ha fatto della riforma la sua missione, e poi Ciriani, Santanchè, Zangrillo, Musumeci e Matteo Salvini.
Fratelli d'Italia è presente in forze per il sì alla «madre di tutte le riforme», come l'ha subito ribattezzata la premier Giorgia Meloni, che appena dopo il via libera plaude sui social: «Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati». È «la prima pietra di una riforma storica», per Casellati, "il treno è partito e non si fermerà». La giornata in Senato passa senza le tensioni - tra risse sfiorate e dibattito andato avanti a singhiozzo - che hanno caratterizzato il dibattito nei giorni scorsi. La diretta tv da un po' da deterrente. E poi la battaglia si è già spostata in piazza. «Sono sicuro - avverte a inizio seduta il presidente Ignazio La Russa - che in questa occasione non vi sarà alcun motivo di disturbo del civile confronto che ci si aspetta in questo casi». Le opposizioni scelgono tutte di votare per mettere agli atti il proprio no, seppure con sfumature diverse, abbandonando l'idea dell'Aventino che invece era stato messo in atto sul voto sull'articolo che rappresenta il cuore della riforma, perché introduce l'elezione diretta del premier. Il primo a intervenire è il senatore a vita Mario Monti, che con parole affilate dichiara il proprio no alla riforme: «Non credo che avvicinerà i cittadini alla politica, lo dico con rammarico. Non è una riforma fatta nell'interesse dei cittadini ma nell'interesse della categoria dei politici, per cui ho molto rispetto». «In questa bulimia di potere - attacca il capogruppo Pd Francesco Boccia - avete completato questo scambio politico tra le forze della maggioranza: l'autonomia Spacca Italia (senza Lep) della Lega; i pieni poteri alla presidente Meloni, infine l'asservimento al Governo del potere giudiziario». «Noi ci teniamo a dire che non si chiama scambio ma accordo politico tra forze di maggioranza, che hanno tutto il diritto di farlo», è la replica indiretta del capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, che garantisce per il suo partito: «Quello che è certo è che da parte della Lega ci sarà massimo rispetto di questo accordo politico». A fine seduta, Alberto Balboni, presidente della commissione Affari Costituzionali e relatore si butta alle spalle le tensioni degli ultimi sei mesi: «E' stata dura ma abbiamo portato a casa una buona riforma, anche molto migliorata rispetto al testo iniziale. Non è vero che la maggioranza non ha ascoltato, ha ascoltato gli esperti, le opposizioni nei limiti in cui era possibile farlo».
Ora la riforma passa alla Camera, dove entrerà però nel vivo con ogni probabilità non prima di settembre. Solo in autunno, secondo la road map di Casellati, si aprirà il nuovo cantiere, quello della legge elettorale.
Schlein in piazza con le opposizioni: "La sedicente patriota spacca l'Italia"
La piazza contro il premierato e l'autonomia. La piazza per l'unità del centrosinistra. A Santi Apostoli, gremita e asfissiante sotto l'anticiclone africano, le bandiere si mischiano e il coro 'unità, unità' si leva più volte. Elly Schlein chiude la manifestazione e a quella richiesta, dal palco, risponde così: «Mi appello a tutte le forze di opposizione: basta divisioni. Teniamoci strette le nostre differenze che sono preziose, ma facciamoci trovare pronti, uniti e compatti». Ieri nella storica piazza dell'Ulivo manca la foto di gruppo sul palco ma nel retro sono tutti abbracci, strette di mano e capanelli tra i leader delle opposizioni. Ai centristi assenti si rivolge Schlein: «Abbiamo invitato tutti, rispettiamo le scelte di ciascuno. C'è sempre tempo per allargare quando gli obiettivi sono comuni». Chiama a una '«mobilitazione permanente» la segretaria dem. «La prossima volta saremo in una piazza più grande. Questa è la prima ma non sarà l'ultima». Anche Fratoianni e Bonelli spingono sull'acceleratore. «Per dileggiarci ci hanno detto tante volte 'vi unite solo per battere la destra'. Battere questa destra è un formidabile programma politico, serve generosità, umiltà e unità. E' possibile», scandisce Fratoianni. Conte, molto applaudito quando sale sul palco, parla di ''risposta unitaria'' di fronte all'aggressione della maggioranza verso il grillino Leonardo Donno e di "battaglie unitarie" che sono "sempre benvenute". E aggiunge: «La mia presenza qui? Non è una novità. Non è che ci si alza la mattina e si cambia collocazione». Presente anche l'Anpi, le Acli, l'Arci. Come nelle piazze uliviste dei tempi andati. E spunta pure qualche esponente di quella stagione come Franco Giordano e Gavino Angius. Arrivano in piazza i senatori reduci dal primo sì al premierato. «La destra -dice Schlein- ha sempre sognato di smantellare la repubblica parlamentare per l'uomo o la donna sola al comando, ma abbiamo già dato: siamo in piazza perché siamo tutti e tutte antifascisti». E poi Conte: «Non lo consentiremo. Le istituzioni non possono essere ridotti a 'casa Meloni' con cognato, amici e codazzo di yes man». Magi guarda già al referendum: "Sfidiamo Meloni". E De Luca prevede senza esitazioni: "Meloni il referendum lo perde". E quindi l'autonomia, anzi lo Spacca Italia come lo hanno ribattezzato le opposizioni. Schlein parla di Meloni «sedicente patriota" che divide il Paese. E poi Bonelli: "Meloni ha venduto il Sud a Salvini. Dobbiamo essere uniti per costruire un'alternativa che mandi Meloni all'opposizione". Si parla molto anche della inchiesta di Fanpage. E qui Schlein torna a incalzare Meloni: «Che aspetti a cacciarli? Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo". E Magi: «Cosa aspetta Meloni a condannare il fatto Gioventù nazionale, la giovanile del primo partito di maggioranza, faccia adunate neo naziste al grido di 'Duce Duce'? Non abbiamo ascoltato una parola di condanna o per dissociarsi». Bonelli: «Siete la vergogna dell'Italia». E Conte consiglia una lettura ai giovani di Fdi: «Meloni, a questi ragazzi comprate una Costituzione e un buon manuale di storia».
L'Autonomia delle Regioni è legge dopo una seduta a fiume
Con 172 sì e 99 no l'aula della Camera, dopo una seduta fiume durata tutta la notte, ha approvato in via definitiva il ddl sull'autonomia differenziata. Il provvedimento, che porta la firma del ministro Calderoli, ora è legge. Il via libera arriva qualche ora dopo l'ok in prima deliberazione al premierato da parte del Senato. Opposizioni all'attacco: «Oggi si consuma il secondo atto di un vergognoso baratto sulla pelle degli italiani: ci avete tenuto qui per tutta la notte con quale urgenza se non quella di ottenere lo scalpo del Sud appena prima dei ballottaggi per meri fini elettorali: il premierato per Fdi, l'autonomia differenziata per la Lega: un cinico baratto che colpisce la democrazia e spacca un paese che ha bisogno di essere ricucito. In 24 ore avete attaccato la Costituzione e colpito la coesione e l'unità nazionale del nostro paese» afferma in dichiarazione di voto la segretaria del Pd Elly Schlein, che aggiunge: «Suggerirei che cambiaste il vostro nome in 'brandelli d'Italia' o 'fratelli di mezza Italia', visto che la state spaccando». Schlein aggiunge: "Oggi la destra approva un disegno antistorico e lo fa di notte perché forse si vergogna, la verità è che ci troviamo di fronte al governo più antimeridionalista della storia repubblicana». «Come abbiamo fatto ieri sera, in una meravigliosa piazza Santi Apostoli gremita di partecipazione, noi opposizioni insieme lavoreremo per fermare questo sfregio all'unità nazionale e abbiamo una ragione in più per farlo per il clima di violenza crescente verbale e fisica che abbiamo visto in parlamento e nel paese» denuncia la segretaria dem.
Ue: per il Ppe scontato accordo su von der Leyen. Orban provoca col motto di Trump
Il mancato accordo tra i leader lunedì non è una battuta di arresto per il bis di von der Leyen. Anzi, l'incontro ha mostrato «che Ursula von der Leyen non è in discussione» e che la candidata del Ppe «ha il sostegno del Consiglio europeo e questo è già un segnale di stabilità». A dirlo è il presidente dei popolari, Manfred Weber, che arriva alla riunione del suo gruppo irraggiando ottimismo. La compagine dei popolari ha accolto anche 14 nuovi membri, dalla danese Alleanza liberale, agli olandesi di Nuovo contratto sociale, che ha eletto il suo ex portavoce, al partito degli agricoltori della BBB, alla principale forza di opposizione ungherese, in forte ascesa, Tisza, che aggiunge sette eurodeputati al gruppo. Weber, che cinque anni fa era lo spitzenkandidat dei popolari e che fu scartato dal presidente francese Emmanuel Macron, non risponde alle domande sulle posizioni tenute nascoste del capo dell'Eliseo, ma ribadisce che il sostegno dei leader Ue c'è non solo su von der Leyen ma anche sul socialista Antonio Costa per il Consiglio europeo e per la liberale estone Kaja Kallas. «Questa è una buona base per ulteriori negoziati al tavolo e ciò accadrà nei prossimi giorni- dice -. Il punto di partenza del Consiglio è prima di tutto la stabilità, il che significa che vogliamo trovare un'intesa comune e che ci occuperemo degli interessi dei cittadini». Non parla di allargare a Fratelli d'Italia ma sottolinea che la nuova Europa, quella uscita dalle elezioni europee, è di centrodestra, e ha punito liberali e verdi, e le nomine devo riflettere il nuovo scenario. Un chiaro segnale di chiusura verso l'alleanza ai Greens. Anche per il premier popolare polacco, Donald Tusk rassicura sul fatto che con socialisti e liberali «siamo davvero vicini a raggiungere un accordo» sulla triade proposta nelle ultime ore. L'Ue, intanto, si prepara a vedere a capo della presidenza di turno del Consiglio Ue il governo ungherese. Dal 1° luglio Budapest prenderà le redini delle riunioni del Consiglio e dei negoziati con il Parlamento e la Commissione europea, in un semestre di passaggio di legislatura, quindi non molto impregnato sui file legislativi. L'ambasciatore ungherese promette che sarà una presidenza come le altre, che non bloccherà i dossier su cui non sono d'accordo, che saranno «mediatori onesti», ma lo slogan scelto sa di provocazione. "Make Europe great again" rimanda al Maga americano scelto da Donald Trump nella campagna del 2016. Niente affatto. Rimanda all'idea che insieme siamo più forti e che possiamo diventare un attore globale indipendente, spiega l'ambasciatore, ma il dubbio rimane. E sarà interessante sentire il premier Viktor Orban parlare delle priorità della presidenza al Parlamento europeo, alla plenaria di luglio o di settembre. Intanto da Budapest arriva il via libera alla nomina del premier olandese uscente Mark Rutte alla guida della Nato. I due ieri hanno avuto degli scambi a margine della cena dei leader a Bruxelles e il premier magiaro ha ottenuto rassicurazioni sul fatto che «nessun personale ungherese prenderà parte alle attività della Nato in Ucraina e che non verranno utilizzati fondi ungheresi per sostenerle». Via libera a Rutte anche dalla Slovacchia. Ultimi sì che portano il segretario uscente a dirsi fiducioso su una decisione a favore di Rutte. La nomina è attesa al vertice di Washington del 9-11 luglio.
Israele approva i piani di battaglia per il Libano
Cresce il timore di uno scontro totale imminente tra Israele e gli Hezbollah libanesi, con conseguenze difficili da prevedere non solo per il Medio Oriente. In serata, dopo l'ennesima giornata ad alta tensione al confine nord dello Stato ebraico, l'Idf ha annunciato che i piani operativi per un'offensiva in Libano sono stati «approvati e validati», accelerando «la prontezza delle forze sul terreno». Poche ore prima, da Gerusalemme, era stato il ministro degli Esteri Israel Katz ad evocare esplicitamente una «guerra totale» che «distruggerebbe gli Hezbollah e colpirebbe duramente» il Paese dei Cedri. L'annuncio dei militari israeliani arriva dopo mesi di attacchi di Hezbollah e dei gruppi palestinesi alleati sul nord di Israele: i miliziani sciiti, alleati dell'Iran, avevano aperto le ostilità già a poche ore dal 7 ottobre, in solidarietà con Hamas. In una situazione che sembra precipitare, gli Usa stanno cercando di tirare il freno d'emergenza. L'inviato speciale di Joe Biden, Amos Hochstein, dopo la tappa in Israele, è arrivato a Beirut proprio per incontrare la leadership libanese ed esortare le parti ad evitare «una guerra più grande». Fatto sta che anche anche oggi non si sono fermati i razzi e i droni lanciati da Hezbollah, seguiti da raid dello Stato ebraico oltre confine. Il tutto in una guerra mai dichiarata apertamente. «Credo che né Israele né Hezbollah vogliano effettivamente l'espansione del conflitto» ma «con quello che accade ogni giorno c'è uno slancio nella direzione» di un conflitto, ha avvisato il segretario di stato Usa Antony Blinken. Nel ribadire nel pomeriggio la posizione del governo di Benjamin Netanyahu, Katz aveva preso spunto da un video diffuso dai miliziani sciiti con immagini di obiettivi sensibili e postazioni militari di unità scelte e sistemi di difesa area nel nord di Israele e soprattutto nel porto di Haifa. «Nasrallah si vanta di aver fotografato i porti di Haifa, gestiti da grandi compagnie internazionali provenienti dalla Cina e dall'India, e minaccia di danneggiarli. Siamo molto vicini al momento di decidere se cambiare le regole del gioco contro Hezbollah e il Libano. Israele pagherà un prezzo ma ristabiliremo la sicurezza per i residenti del nord», aveva messo in guardia il ministro israeliano. Al 256esimo giorno di guerra intanto la situazione non si sblocca a Gaza: una possibile tregua e il rilascio degli ostaggi restano un miraggio che compare e scompare. Israele resta ancorato alla decisione che non ci saranno altri negoziati se non quelli incentrati sulla roadmap rilanciata da Biden nelle settimane scorse. «Non esiste alcun fattore che possa cambiare questo. Non ci saranno - ha spiegato una fonte al corrente delle trattative - negoziati su nessun altro piano, oltre a quello accettato dal Consiglio dell'Onu». E non si fermano i combattimenti «ravvicinati» e i raid a Rafah e nel centro dell'enclave palestinese. Proprio a Nuseirat, Al Jazeera che ha citato fonti dei media locali tra cui Radio Hamas, ha riferito di 17 morti palestinesi dopo un attacco israeliano. Il premier Benyamin Netanyahu invece è tornato ad attaccare gli Usa definendo «inconcepibile» che Washington negli ultimi mesi «abbia trattenuto armi e munizioni a Israele». «Il segretario Blinken mi ha assicurato che l'amministrazione sta lavorando giorno e notte per rimuovere questi colli di bottiglia. Spero proprio che sia così. Dovrebbe essere così». Poi ha ricordato che «durante la Seconda guerra mondiale, Churchill disse agli Stati Uniti: "Dateci gli strumenti, faremo il lavoro". Anche io dico: dateci gli strumenti e finiremo il lavoro molto più velocemente».
Pozzolo, procura di Biella chiede il rinvio a giudizio
La procura di Biella ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti del deputato Emanuele Pozzolo, unico indagato nell''inchiesta per lo sparo di Capodanno a Rosazza (Biella) in cui rimase ferito Luca Campana, 31anni, genero di Pablito Morello, allora caposcorta del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, anche lui presente alla serata. Dopo la chiusura delle indagini, la procuratrice della Repubblica di Biella, Teresa Angela Camelio, ha depositato presso la cancelleria del giudice dell'udienza preliminare la richiesta che il parlamentare. attualmente sospeso dal suo partito, FdI, venga processato. Oltre alle lesioni personali colpose patite da Luca Campana, Pozzolo deve rispondere anche di altri reati: accensioni ed esplosioni pericolose, omessa custodia di armi, porto illegale in luogo pubblico della la pistola revolver marca North American Arms e cinque cartucce espansive. L'arma, modello revolver Mini Dlx, calibro 22 long rifle, secondo gli inquirenti era detenuta esclusivamente in regime di 'licenza da collezione'. Ora si attende che venga fissata la data fissazione dell'udienza preliminare. Lo sparo era stato esploso durante la festa nei locali della pro loco, organizzata dalla sorella sindaca del sottosegretario Delmastro, presenti amici con famiglie e bambini e alcuni uomini della scorta. Pozzolo, stando alle testimonianze, non era tra gli invitati. Aveva trascorso i festeggiamenti in famiglia nella casa di Campiglia Cervo, a pochi chilometri da Rosazza. Si era quindi presentato alla festa dopo mezzanotte quando ormai tutti stavano ripulendo il salone. Ed è in quel momento che Pozzolo avrebbe tirato fuori il mini revolver per mostrarlo ad alcuni ospiti. Il colpo, partito in modo accidentale dal mini revolver, era andato a conficcarsi in una gamba di Campana, poi portato in ospedale. Dopo lo sparo l'arma era stata presa in consegna e messa al sicuro da Pablito Morello, ex caposcorta di Delmastro. Il sottosegretario, invece, ha sempre spiegato che al momento dello sparo si trovava fuori dai locali della pro loco di Rosazza. Interrogato dai carabinieri, Pozzolo aveva negato di aver sparato, versione poi sempre ribadita dal parlamentare. Le testimonianze raccolte in questi mesi, però, sono tutti contro di lui. Ad accusarlo di avere avuto in mano la pistola al momento dello sparo, in modo diretto o indiretto erano stati, tra gli altri, Campana, lo stesso Morello e Davide Eugenio Zappalà, assessore comunale a Biella. Emanuele Pozzolo è poi risultato positivo al test dello stub, per la ricerca di tracce di polvere da sparo, uno degli accertamenti tecnici disposti insieme a quello balistico. Per ricostruire la dinamica la procura di Biella si è affidata anche all'esperta Raffaella Sorropago che ha di fatto confermato le accuse verso l'unico indagato. Ma la perizia dell'altri perito di parte, incaricato dall'avvocato Andrea Corsaro, difensore di Pozzolo, ha contestato la ricostruzione della collega.
Putin in Corea del Nord a caccia di munizioni e armi
Vladimir Putin, a caccia di munizioni e armi per la sua guerra all'Ucraina, rinsalda l'asse con la Corea del Nord e assicura che i legami bilaterali saranno «portati a un livello più alto» grazie al lavoro di concerto con Kim Jong-un. Lo zar ha lodato il leader dello Stato eremita come «alleato solido contro l'egemonia dell'Occidente» e lo ha ringraziato, nel giorno del suo arrivo a Pyongyang, per il supporto dato al suo sforzo bellico, rimarcando la comune resistenza agli Stati Uniti e promettendogli «sostegno indefettibile di fronte al nemico astuto, pericoloso e aggressivo». Il capo del Cremlino ha tracciato i contorni della visita di stato di due giorni in un articolo pubblicato dal Rodong Shinmun, l'organo del Partito dei Lavoratori di Kim, secondo leader straniero a farlo dopo il presidente cinese Xi Jinping nella visita al Nord del 2019. Putin ha rimarcato il «percorso comune» su «dossier internazionali chiave» e la comune sorte di Paesi più sanzionati al mondo, assicurando che Mosca è «felice di vedere i nostri amici nordcoreani difendere in modo efficace i propri interessi a dispetto di decenni di pressioni economiche, provocazioni, ricatti e minacce militari da parte degli Stati Uniti». L'intelligence sudcoreana ha denunciato il Nord per le forniture di munizioni alla Russia, mentre Washington ha riferito di informazioni secondo cui Pyongyang ha di recente spedito a Mosca lanciamissili e vettori balistici. Il Dipartimento di Stato americano ha stimato l'obolo di Kim a Putin in oltre 10 mila container di «carichi di proiettili di grosso calibro» per 5 milioni di pezzi totali. Gli europei hanno promesso a Kiev un milione di pezzi entro fine 2024 e Washington ha ritardato le forniture per le resistenze del Congresso. Gli analisti hanno ipotizzato che parte del piano di Putin sia assicurarsi le forniture d'artiglieria, intensificando gli scambi e la cooperazione in settori quali l'istruzione, il turismo e la cultura, fino al «trattato di partenariato strategico globale», secondo la Tass. Mentre Kim vuole beni primari, carburanti, cibo e tecnologia militare. «Non siamo di fronte a forme di alleanza - ha notato Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino - ma a una convergenza di interessi e necessità». Mentre Jenny Town, direttrice di 38 North, sito web ben informato sullo Stato eremita, ha ritenuto improbabile che la visita dello zar preveda l'annuncio di accordi: «Molte attività che le parti portano avanti sono sanzionate e c'è riluttanza a metterle nero su bianco». In vista della missione di Putin al Nord, la seconda da luglio 2000, alti funzionari di Corea del Sud e Usa hanno tenuto colloqui in cui hanno condiviso l'opinione che l'evento non dovrebbe portare all'escalation della cooperazione militare, secondo una nota del ministero degli Esteri di Seul. Washington teme comunque che l'appoggio del Cremlino incoraggi Kim a destabilizzare la penisola coreana. Le esercitazioni militari del Nord sono in crescita tra lanci di missili, test d'artiglieria, manovre di paracadutisti e blindati. In mattinata soldati nordcoreani hanno sconfinato al Sud, che ha sparato colpi di avvertimento per farli tornare indietro. Mentre i militari di Seul hanno riferito che Pyongyang ha ripreso i lavori nel suo settore di zona demilitarizzata (Dmz) al confine con decine di soldati morti o feriti per lo scoppio di mine. Da ultimo, il think tank svedese Sipri ha stimato nel rapporto 2024 che il Nord abbia 50 ordigni nucleari, in significativo rialzo sui 30 del 2023. Il vertice di Pyongyang, rimessa a lucido con bandiere dei due Paesi per le strade e gigantografie di Putin come in Ryomyong Street, ha avuto una lunga preparazione: da inizio anno tra le due capitali hanno viaggiato 18 delegazioni di alto livello a coprire tutti i settori. Nei giorni scorsi, immagini satellitari hanno mostrato diversi cargo parcheggiati all'aeroporto di Pyongyang. Intanto, non è solo l'aiuto militare di Kim a irritare Usa e alleati. «Il sostegno della Cina alla Russia nella guerra contro l'Ucraina deve finire», ha ammonito il segretario di Stato Antony Blinken in una conferenza stampa a Washington con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. »E faremo di tutto per tagliare anche il sostegno della Corea del Nord», ha aggiunto.