Lo show con Costantino della Gherardesca sdogana la critica al cosiddetto giorno perfetto. Un documento spietato da lasciare ad amici e parenti

Ti ho visto in televisione. A un certo punto sembrava questo il massimo riconoscimento sociale, magari una mano che salutava davanti alla telecamera, che bello esserci in quelle case, all’improvviso. Nel tempo poi, si sa, tutto va a rotoli e dal “ciao mamma” rubato si è arrivati alla cronaca del tutto, grandi fratelli, piccoli cugini, derive i cui effetti nefasti sono davanti agli occhi di alcuni. 

 

Ma esiste un piccolo, seppur assai divertente programma, che addirittura è andato oltre: trattasi di “Quattro matrimoni”, (Sky) nato nel remoto 2009, in cui delle spose agguerrite sono chiamate a giudicare le cerimonie, gli abiti, il cibo delle altre per decretare poi la vincitrice. 

 

Carino, niente da dire, le cattiverie danno estremamente più soddisfazione delle gentilezze e l’ironico cinismo di Costantino della Gherardesca funziona nonostante sia sempre nella stessa modalità per ogni sua comparsa in tv. Ma se per un attimo si gira il punto di vista e si abbandona il piacere dello spettatore al ludibrio altrui, quel che rimane è che due persone decidono per amore della lucina rossa (e se tutto va bene, una crociera premio con tanto di fila al buffet tra turisti sudati) di farsi radiografare pubblicamente, spernacchiare senza remore e lasciare come prova ai (loro) posteri che il giorno retoricamente definito come “il più bello della tua vita” è stato semplicemente un disastro. Praticamente si prende atto che vale tutto, e alla sposa si può dire a voce alta che il vestito le sta malissimo, che l’allestimento è pacchiano, il menù scadente, la location senza pathos, le promesse raffazzonate, il rito inutile, il marito panzuto e gli invitati molesti. 

 

Per carità, nella furia guardona le nozze hanno sempre trovato un posto nella prima fila televisiva, a partire dalle cronache zuccherose di Davide Mengacci ricalcate poi in tempi recenti da Anna Tatangelo con la medesima retorica per nulla aggiornata. In “Quattro matrimoni” però non solo si sdogana il pettegolezzo ma lo si fa con l’accondiscendenza dei protagonisti, delle stesse vittime delle malelingue, chiamate a dire “sì lo voglio” anche all’idea che quel giorno venga comunque fatto a brandelli davanti a non pochi testimoni, oggetto di critiche feroci da lasciare in eredità ai propri cari. Altro che foto nella cornice in silver posizionata nel salotto buono. 

 

In attesa di una surreale versione vip, dove Diletta Leotta potrebbe giudicare discutibile l’iban nella partecipazione di Simona Ventura e sentirsi ipoteticamente rispondere che quattro abiti per una sola cerimonia sono parecchi, viene solo da dar ragione al caro vecchio Woody Allen: «Io non voglio mai sposarmi: voglio solamente divorziare».

 

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DA GUARDARE
Ci si può pensare a lungo ma difficile che venga in mente qualcosa di meglio di Riccardo Muti che dirige l’orchestra Cherubini per omaggiare Giacomo Puccini a cent’anni dalla morte. Un concerto in mondovisione andato in onda su Rai Tre da recuperare per forza su RaiPlay. Per vivere d’arte (e d’amore) almeno per una sera.

 

MA ANCHE NO
È tutto vero al punto che sono aperti i casting: Amadeus riporta sul Nove, per il suo esordio, i campanacci stonati della Corrida. Dilettanti allo sbaraglio ripescati dalla tv in bianco e nero creata da Corrado, rivisitati senza appeal da Carlo Conti e ora simbolo di una presunta innovazione. Peccato.