Per la sedicesima volta Mara Venier alla conduzione del contenitore di Rai Uno. In un’edizione svogliata e senza slanci

Ci sono parecchie novità nella “Domenica In” appena ripartita. La prima è la curata regia di Duccio Forzano in stile anni ’90 colori pastello compresi. La seconda è l’ingombrante mancanza di voglia della conduttrice di essere lì, e che si materializza quasi fisicamente, come fosse una carta da parati. Mara Venier l’aveva detto a ogni lancio, l’aveva ribadito al Tg1, l’aveva confermato durante la conferenza stampa cogliendo al balzo un battibecco con i giornalisti a proposito del “caso Dargen” che aveva scaldato penne e cuori lo scorso inverno dopo Sanremo: «Siccome è arrivato l’ultimo anno del programma e non me ne frega più niente, è arrivato anche il momento di dire le cose come stanno». Nello specifico si trattava della solita bacchettata alla stampa, sport praticato da chiunque in tempi recenti neanche la Rai fosse un campo di padel, ma in generale il concetto voleva essere chiaro: la sedicesima conduzione sarà l’ultima. 

 

Il ritorno di "Domenica In"
Per questo dall’entrata in studio ai saluti finali, Venier ha la stessa aria della studentessa delle medie costretta a fare i compiti di algebra nel pomeriggio del dì di festa anziché starsene in giro a fare ben altro. Però sta lì, per la sedicesima (e ultima) volta, un po’ sbuffando e un po’ autocelebrandosi, per non far perdere l’abitudine al suo fedele pubblico. Così il giochino per regalare qualche spiccio col telefono a disco per dare una ventata di freschezza, mostra solo lei, in una personalissima edizione di “Techetechetè” formato “Domenica In”: il suo repertorio, quella volta che ha visto, incontrato, ospitato, le sue lacrime, le sue risate e i complimenti che le sono stati rivolti e via dicendo. Poi è la volta degli ospiti, a partire dalle sue relazioni per passare ai suoi amici, che leggono dal suo telefono i suoi messaggi, in un tutto già visto, già sentito, masticato e persino digerito.

 

Una stagione diversa
Ma qui spunta la terza innovazione di questa edizione: l’inaspettata insofferenza della padrona di casa. Quell’aria di famiglia a cui Mara Venier aveva abituato nei tre lustri precedenti si trasforma in un lancio di frecciatine continuato, dov’è la camera, il microfono, insomma dov’è il filmato, dove vado, non si sente, uffa, una puntata incasinata e così via. Al punto che il senso di colpa dello spettatore aumenta, neanche fosse stato proprio ogni singolo portatore di telecomando ad averla trascinata lì a forza, perché incapace di immaginare un altro volto al suo posto. E schiacciato dalle sue responsabilità, abbassa il capo e subisce, anche lo spazio di cronaca nera dopo la lasagna, anche le interviste “da donna a donna” con i violini di sottofondo. Tanto dura poco, tanto è l’ultima volta.