Due membri dell’Unione europea. Due paesi del Mediterraneo con migliaia di chilometri di coste. Due mete sicure per i migranti. Eppure due piani di accoglienza esattamente all’opposto: mentre nel canale di Sicilia l’Italia grazie all’operazione Mare Nostrum salva migliaia di profughi, i greci stanno facendo il record di rimpatri forzati.
Così vicine - appena 90 chilometri separano il Salento dall’isola di Corfù - eppure Roma e Atene sembrano lontanissime. Un approdo per chi si mette in cammino che diventa una sfida al destino.
Per chi parte dal nord Africa a bordo di bagnarole che a stento tengono il mare e vengono intercettate dalle navi della Marina e della Guardia Costiera la meta è la Penisola o il resto del Continente. Solo nell’ultima settimana a Reggio Calabria sono arrivati in 2.700, in Sicilia oltre mille, e poi Puglia, Campania e perfino Sardegna. Superata la quota record di 100 mila arrivi dallo scorso ottobre quando in 366 persero la vita al largo di Lampedusa a causa del naufragio di un’imbarcazione libica.
Ogni mese il Viminale stanzia più di 9 milioni di euro per far fronte al carburante e alle indennità degli equipaggi. Ma il carico per la collettività è in realtà molto più alto. Il bilancio di un anno di missione potrebbe superare i 237 milioni. Necessari a salvare migliaia di vite.
Per chi invece arriva da Est, passando a piedi dalla Turchia e tocca il suolo europeo in Grecia, il destino potrebbe essere più beffardo. Da i porti di Patrasso o Igoumenitsa i profughi sono in balia delle forze dell'ordine locali: botte, abusi e detenzioni degradanti sono all'ordine del giorno. Vivono nelle bidonville in attesa del primo traghetto utile per Bari, Brindisi o Ancona. Ci provano per raggiungere la Germania, la Francia o la Svezia e in molti casi muoiono soffocati dentro i container. Se scoperti vengono rispediti al mittente senza curarsi dei loro diritti.
E ora rischiano di finire la loro corsa con un rimpatrio preventivo. Lo raccontano i numeri diffusi dal quotidiano Kathimerini: sono 332 a giugno, contro 185 del giugno 2013, 248 a luglio, contro 175 dello scorso anno. Altri 434 a luglio hanno scelto di seguire il piano di rimpatrio volontario messo a punto dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono 8500 da rispedire indietro entro la fine dell’anno.
A spiegare questo mini-esodo al contrario è la Direzione stranieri dell'Attica, la regione intorno al capoluogo Atene. Una accelerazione delle procedure di espulsione per i cittadini del Nord Africa: Libia, Egitto e Algeria in testa. Anche se il maggior numero di ritorni è verso l’Albania, il Pakistan e la Georgia. Nel mese di maggio un balzo in avanti che supera il 50 per cento.
La polizia conferma che è in atto uno sforzo per diminuire il numero di immigrati irregolari perché le strutture hanno raggiunto i limiti di capacità: «In particolare nei centri di detenzione di Amygdaleza e Maroussi sono stati arrestati 2.500 stranieri, mentre altri 500 sono sparsi nei centri di detenzione di tutta la regione».
Nel frattempo dal primo luglio è scattato il nuovo programma di rimborso dell’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) per il periodo 2014-2015, come ha confermato il capo locale Daniel Esdras: 13 milioni di euro da usare per il ritorno volontario di 8.500 stranieri ai loro paesi d'origine. Più di 1500 euro a testa, dopo averne spesi almeno il doppio per raggiungere la fortezza Europa.
Il costo è coperto dal Fondo europeo per i rimpatri e una piccola percentuale di risorse nazionali. Per facilitare i rimpatri volontari di detenuti stranieri i funzionari Oim possono entrare liberamente nei locali del centro di detenzione Amygdaleza e iniziare l’iter di ritorno a casa.
Indicativo nello scorso mese di luglio il ritorno volontario di 201 prigionieri, mentre l'anno scorso erano “solo” 134. Secondo i dati ufficiali da agosto 2012 sono tornati ai loro paesi di origine oltre 50 mila persone. In tutta la Grecia su una popolazione di 11 milioni e mezzo di abitanti, circa un milione sono i migranti più o meno di passaggio.
Ad Atene non nascondono la loro preoccupazione per la situazione esplosiva della Siria e della Libia, l’eterno conflitto di Gaza, la tensione in Iraq e l’esodo dei cristiani del Kurdistan massacrati dalle truppe jihadiste dell’Isis. E si preparano alle prossime ondate con mezzi straordinari.
La marina greca schiererà due cannoniere e una fregata in appoggio alla guardia costiera per controllare il flusso di migranti in arrivo dal Medio Oriente. Per metterle in servizio useranno un escamotage: far figurare le navi della marina militare in prestito alla guardia costiera (che non è un’unità militare) per evitare attriti con la vicina Turchia.