Il Vaticano e Sant'Egidio. Il cardinale Matteo Zuppi e l'ex premier Romano Prodi. Avvenire e la Cei. I ragazzi delle piazze hanno un alleato sorprendente, con cui programmano le prossime mosse

Benedette sardine: ecco la rete "bianca" che sostiene Mattia e gli altri

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Sardine benedette: per sintonia, molto prima che per strategia. Dal Vaticano a Romano Prodi, da Sant’Egidio alla Cei. Sardine che si appoggiano alle parrocchie, hanno avuto contatti con il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, e stretto relazioni con la Comunità fondata da Andrea Riccardi, già prima che tutto cominciasse: anche quando Mattia, Andrea, Giulia, Roberto gli altri non si erano ancora ritrovati a piazza Maggiore, a sorpresa, in dodicimila, il 14 novembre, ecco anche allora quei fili c’erano già.

L’ultima conferma che c’è anche questo pezzo di realtà, alle spalle dei molti e variopinti mondi che sostengono e si ritrovano nel movimento delle Sardine arriva proprio di fronte alla basilica di San Giovanni, a Roma, nel bel mezzo del più importante tra i 130 flash mob organizzati in poco più di un mese dal gruppo di ragazzi che, di colpo, ha scippato a Matteo Salvini il monopolio della piazza. Conferme fatte di dettagli. Come questo. All’imbrunire del 14 dicembre, nella piazza tappezzata di Sardine, avvicinandosi al camion da cui parlano gli oratori, l’unico politico eletto che è dato rintracciare tra le transenne è infatti il consigliere regionale del Lazio Paolo Ciani. Non certo una prima fila, latore però di un ambiente preciso, tutt’altro che secondario. Eletto nella maggioranza che sostiene il governatore (e segretario dem) Nicola Zingaretti, Ciani è una figura chiave della comunità di Sant’Egidio, creatura dell’ex ministro Andrea Riccardi. Fondatore nel 2018 di Demos (democrazia solidale) con Mario Giro, altro peso massimo di quell’universo, adesso Ciani è a piazza San Giovanni per accompagnare Pietro Bartolo, per trent’anni medico a Lampedusa e da giugno europarlamentare (sostenuto da Demos), a sua volta l’unico eletto ammesso - guarda caso - sul palco sardino, che in generale rifugge la commistione partitica. Applauditissimo il suo intervento, dopo quello della presidente dell’Anpi Carla Nespoli, e prima di quelli - giusto per dare l’idea della vastità che si è voluta rappresentare - della presidente dell’Arcigay Molise Luce Visco, della ragazza di origine palestinese Nibras Asfa, della collaboratrice di Sea Watch Giorgia Linardi. L’attenzione ai migranti e all’accoglienza, sono del resto il punto sul quale le prudenti sardine si sono esposte di più: arrivando ad elencare tra i punti fondanti del movimento l’abolizione dei decreti sicurezza firmati Salvini (dettaglio di cronaca: dal palco di San Giovanni, Mattia Santori ha parlato all’inizio di un più tiepido «ripensamento», segno di politicismo alle porte). Il no al decreto sicurezza è da sempre, del resto, la richiesta di tutte le comunità cattoliche.
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Dal Vaticano la benedizione non si è fatta attendere. «Bisogna cogliere la spinta positiva del Movimento», ha detto il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, durante un evento al Bambin Gesù. Ma la settimana scorsa anche monsignor Nunzio Galantino, l’ex segretario generale della Cei, più defilato, ha chiarito: «Hanno provato a farmi parlare male delle Sardine, ma i giovani mi commuovono, ovunque siano». E da Avvenire la copertura è stata totale. «Obiettivo raggiunto», è il titolo prescelto all’indomani della piazza di San Giovanni (evento al quale il quotidiano dei vescovi ha dedicato il titolo d’apertura); alla vigilia della manifestazione, il direttore Marco Tarquinio aveva lasciato lo spazio della sua rubrica delle lettere quasi interamente a un sostenitore del flash-mob, mentre già il 24 novembre, a soli dieci giorni dal primo fulminante esordio, aveva chiarito: «Per me il movimento impresso dalle Sardine è un movimento che promette di essere, oltre che sorprendente, davvero utile. Utile alla nostra democrazia presente, e a quella futura». Più generoso di un endorsement, dentro un insieme intrecciato di fili che si tengono tutti insieme. E al quale, al contrario di fenomeni come quello del Popolo viola - più identitario e segnato dalle divisioni, meno preoccupato di mettere tutti insieme - le Sardine sembrano fare da lievito, secondo la più classica delle rappresentazioni del cattolicesimo popolare.

Fili che si continuano a intrecciare, anche a ritroso. Il 30 novembre, durante la Ventiseiesima edizione del Premio del Volontariato internazionale, la Focsiv, acronimo che sta per la Federazione delle associazioni di volontariato cattolico, ha conferito due menzioni speciali proprio al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e al medico di Lampedusa, Pietro Bartolo. A consegnare quei riconoscimenti, il giornalista e caporedattore di Stranieri in Italia, Stephen Ogongo. Cioè proprio il coordinatore delle sardine romane, balzato in cronaca la scorsa settimana per l’ingenua apertura alla partecipazione di Casapound (a forza di dire, in una intervista, «non siamo partitici», «apriamo a tutti», aveva finito per non dire no all’ipotesi di una loro partecipazione). Mondi legati, come si vede. E ancora. Se la settimana scorsa le sardine hanno fatto la loro prima assemblea nazionale allo Spin Time Labs, il palazzo occupato di Roma dove - dopo che il Comune aveva staccato la luce per morosità - a riattaccare l’energia in primavera era stato l’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski in persona, risale addirittura a 25 anni fa l’approdo di Ogongo alla pontificia Gregoriana, l’università dei gesuiti, dove successivamente ha anche insegnato: «Le sardine sono contro la cultura dell’odio», ha spiegato nell’ultima sua intervista la sardina di origine keniota.
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Fuori da Roma, il lessico non cambia. «Odierai il prossimo tuo», è il titolo del libro-manifesto pubblicato dall’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, raccontato già a fine ottobre durante l’ospitata a Che tempo che fa, affiorato sui media proprio in contemporanea con l’emergere delle sardine: «L’antisovranista», ha titolato su due pagine il Corriere della Sera; «il Cardinal sardina», lo hanno ribattezzato i giornali di destra; mentre il neocardinale, ordinato in ottobre da Papa Francesco e già compagno di scuola di Riccardi, nell’intervista con Fabio Fazio scartava secco l’aggettivo di «buonista» per parlare invece della necessità dell’accoglienza e dei rischi della cultura dell’odio.

Ovviamente non si tratta di una strategia: è piuttosto un puzzle dettato dalla necessità, tessere che si compongono dallo stesso ampio lato - mentre all’opposto si staglia il sovranismo salviniano-e-non-solo. In un brodo di cultura che comincia ad addensarsi proprio con l’avvento del governo gialloverde. È nel corso del 2018 che parte (su spinta di Ogongo) il movimento Cara Italia, che ha il suo perno nei migranti senza cittadinanza - come ha ampiamente raccontato a ottobre L’Espresso. È nel corso degli stessi mesi che poi la sardina Mattia Santori, come si può vedere dalle sue pagine social, moltiplica l’attenzione verso l’attività del governo di Conte e Salvini. Lo stesso accade a un’altra futura sardina, la calabrese Jasmine Cristallo, che ha animato la rivolta dei balconi contro l’allora ministro dell’Interno e adesso si ritrova nel network nato a Bologna. Del resto, a ben ricordare, è proprio nell’inverno 2018-2019 che comincia a maturare quella specie di rivolta spontanea al salvinismo che, per esempio, si addensa attorno al «buonisti un cazzo», famoso manifesto esibito in strada durante una manifestazione in difesa dell’allora sindaco di Riace Mimmo Lucano e diventato paradigma di un’epoca.
L'intervento
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A preparare quel cartello in erano stati i giovani del collettivo La Garra di Terlizzi, feudo peraltro vendoliano in provincia di Bari. «Ma non si tratta di essere buoni o cattivi, si tratta di essere umani», aveva spiegato il consigliere comunale Giuseppe Volpe, uno degli ideatori. È quello l’altro pilastro delle sardine: la sinistra in qualche modo extraparlamentare, più civica che dem. Comunque per lo più non eletta, fuori dai palazzi Come l’ex europarlamentare bolognese Elly Schlein. O l’ex Sel Marco Furfaro, poi voluto da Nicola Zingaretti nella direzione del Pd: tra i protagonisti dell’Assemblea del Pd bolognese di metà novembre, Furfaro adesso si vede spesso nei vari raduni sardini (si dice che faccia da coadiutore sul fronte della comunicazione, nell’attesa che il gruppo sfrondi le ingenuità). La doppia chiave - rossa, ma anche bianca - si intravede a ben guardare a tutti i livelli. Lo stesso Santori, crocifisso per il suo lavoro nella rivista RiEnergia (trimestrale di divulgazione scientifica a cura della società di ricerca Rie, fondata da Alberto Clò e Romano Prodi), vede tra le sue molte attività (istruttore di atletica per bambini, di frisbee per gli universitari, eccetera) anche quella di presidente dell’associazione La Ricotta, attraverso la quale raccoglie fondi per rimettere a posto i playground della periferia bolognese: l’associazione è stata fondata in memoria dell’amico Davide Galletti, già segretario del più grosso circolo Sel di Bologna, scomparso prematuramente; la serata per il tesseramento 2019 è stata organizzata nei locali della parrocchia bolognese Sacra Famiglia. Insomma: sinistra, ecologia e libertà, ma in oratorio. Un insieme che sta dentro i crismi di una continuità resistente e che, di nuovo, sembra pronto a scavalcare i confini dell’Emilia-Romagna.

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