Cividale del Friuli

Per aiutare il figlio affetto da autismo la mamma torna sui banchi di scuola 

di Anna Dazzan   16 luglio 2019

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Alessio 14 anni deve affrontare le superiori. Il preside chiede aiuto alla madre. Che lascia il lavoro e torna in classe. Una storia di inclusione e forza di volontà

Quando si introduce un elemento esterno in un sistema che si trova in stato di quiete, questa si interrompe entrando nel caos fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio. La scuola italiana può essere spiegata scomodando il concetto di entropia ma tenendo ben presente che la quiete a cui ci riferiamo non è quasi mai sinonimo di perfezione, anzi. Il quattordicenne Alessio è l’elemento esterno in questione, ammesso nel 2014 alle superiori dopo aver terminato i tre anni di secondaria di primo grado e scoperchiando in pochi giorni quelle che fino a quel giorno erano state le certezze e le aspettative di dirigenti, insegnanti e studenti dell'Istituto tecnico economico “Paolino d'Aquileia” di Cividale del Friuli, in provincia di Udine.

Alessio, infatti, ha una forma di autismo piuttosto grave: in situazioni per lui disagevoli reagisce con sputi, grida e gesti che agli occhi di chi gli sta intorno paiono incontrollati e incontrollabili, come ribaltare banchi e spaccare occhiali. Tanti occhiali, almeno quindici in poco tempo. Nel giro di due settimane dall’inizio delle lezioni, i genitori di Alessio sono convocati dal preside della scuola che li mette di fronte a quella che ha tutta l’aria di essere una decisione perentoria e senza contraddittorio. “Qui Alessio non può rimanere”. Il sistema scuola pare non essere in grado di includere elementi esterni che ne scombinino il (seppur precario) equilibrio e cerca di rigettare la causa di questo imprevisto caos.
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Ma, la scuola non ha fatto i conti con un altro sistema che si muove al suo fianco e ritiene di avere tutti i requisiti per rappresentare la componente che porterà a un nuovo e migliorativo stato di quiete. Maria e Stefano sono i genitori di Alessio e nonostante la vita non sia stata per loro molto semplice - o forse proprio grazie a ciò - hanno tenuto sempre la testa alta convinti che non fosse certo la diagnosi di autismo a privare di dignità e diritti loro figlio. Terminati con fatica i tre anni di scuola media, utili a comprendere una realtà fatta di inadeguatezza e impreparazione, ma anche a rafforzare la convinzione che la scuola dell’obbligo è per un adolescente una necessità e non un’imposizione, la famiglia di Alessio non arretra di un solo centimetro rispetto alla tabella di marcia della sua crescita e formazione. Costi quel che costi, ma Alessio che ha 14 anni e un diploma di scuola secondaria di primo grado in mano, deve poter frequentare le superiori. Il cambiamento verso un nuovo stato di equilibrio è in atto e la condizione di attraversamento del caos è rappresentata dalla proposta del preside. “Se volete che Alessio frequenti la mia scuola, al suo fianco ci deve essere qualcuno che lo aiuti e ci aiuti”. Maria non ci pensa un momento e, dopo aver deglutito con sconsolazione e rabbia le inidonee logiche educative imposte da cooperative sociali che vivono di appalti sempre al ribasso, mette in stand-by la sua carriera da contabile e a 46 anni torna sui banchi di scuola.

Nei successivi cinque anni, durante i quali Maria e Alessio non hanno mancato una lezione, ma nemmeno un compleanno dei compagni di classe né tantomeno una gita, cadono una a una tutte le resistenze. Gli altri studenti non si fanno più distrarre dalle crisi di Alessio e, soprattutto, accolgono tra loro la presenza di una cinquantenne che incredibilmente sta dalla loro parte dell’aula. La dirigenza capisce che questa può essere un’occasione per tutti, sviluppando nuovi programmi di inclusione scolastica e gli insegnanti si ricordano che l’apprendimento è un affare che riguarda tutti, sempre. Sono proprio loro, infatti, a proporre all’inizio di quest’ultimo anno scolastico il passaggio finale che porta i due sistemi inizialmente isolati, quello scolastico e quello di una famiglia dove vive una persona autistica, a interagire creando un nuovo e più corretto equilibrio.

Dopo aver prima imparato e poi rielaborato per la comprensione di suo figlio autistico tutte le lezioni di tutte le materie di cinque anni di istituto tecnico agrario, Maria è stata invitata a partecipare alla maturità. A 51 anni e con alle spalle una carriera da contabile costruita su un diploma di ragioneria conseguito nel 1987, Maria ha affrontato nuovamente l'esame negli stessi giorni di suo figlio Alessio. Poco importa il voto con cui entrambi si sono diplomati tecnici agrari. Molto, invece, significa quello che ora sanno di poter fare. Ancor più rilevante, se ce lo consentono, è però quello che la scuola ha capito di poter e dover essere, ovvero un sistema che si deve concedere il lusso di potersi evolvere, a seconda di chi ne fa parte, alla ricerca di un sempre migliore - e possibile nonostante le apparenze - equilibrio in stato di quiete.