Servizi assenti, discriminazioni e informazioni contrastanti. Così nel nostro Paese la lotta all'Aids è al palo. E le associazioni Lgbt devono operare dove lo Stato non arriva. In anteprima per L'Espresso la ricerca lunga un anno di Arcigay sulla salute sessuale

Servizi poco istituzionalizzati o del tutto assenti. In qualche caso avversati o legati alla sensibilità e alla disponibilità del singolo. A distanza di 40 anni dalla scoperta del virus dell’HIV è Arcigay che illumina il punto esatto dove tutto crolla nella narrazione, assorbita in questi anni di pandemia, sull’importanza della triade: prevenzione, terapia, cura.

In Italia la diagnosi e prevenzione è una triste lotteria affidata al luogo in cui si è nati. «La partita contro il virus dell’HIV la possiamo vincere domani. Basterebbe una diagnosi precoce, l’accesso a terapie e informazioni. La persona che vive con Hiv con carica virale azzerata non trasmette il virus. Ma fare questo in Italia è problematico», lo racconta a L’Espresso Ilenia Penni, responsabile salute nella segreteria nazionale Arcigay che insieme ai volontari ha mappato per un anno 31 tra le più importanti città italiane, da Milano a Catania, sullo stato dei servizi nell’ambito della salute sessuale.

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Non ci sono primati positivi in questa ricerca, soltanto ombre. Si parte dalle informazioni al paziente. Frammentate. «Abbiamo chiamato- raccontato gli attivisti- diverse volte gli stessi enti e abbiamo ottenuto informazioni differenti a seconda dell’operatore che ci rispondeva. Ad esempio, sul giorno in cui è possibile fare il test». E ancora: numeri di telefono o mail di contatto non funzionanti, a dispetto delle riforme sulla digitalizzazione nella PA. «In qualche caso l’informazione è data solo sulle bacheche informative presso la struttura».

La ricerca rompe anche lo squilibrio di assistenza sanitaria tra Nord e Sud: non vale per il benessere sessuale. Qui il divario è visibile tra piccoli e grandi centri. Sono le grandi città i punti di riferimento per i servizi assenti nel presidio sanitario ed è qui che bisogna recarsi per il trattamento dei casi specifici. «Questo costituisce sicuramente un problema per le emergenze che richiedono un servizio di prossimità, e nel caso non raro in cui il capoluogo sia distanti-sottolinea Pennini- ci sono persone che per accedere a un test devono fare chilometri. Come in Piemonte. Spesso, può capitare, che i test siano disponibili soltanto a orari assurdi dalle sei di mattina alle otto, ad esempio. C’è molta reticenza nel sottoporsi a certi test, difficoltà di tipo anche logistico non aiutano».

A differenza delle altre città, Siena è priva di un presidio dedicato all'Hiv. E i presidi non sempre sono gratuiti, anonimi e ad accesso diretto. Difficile anche trovare abbinato a questi servizi un'attività di counseling pre e post test, fondamentale per aiutare le persone a comprendere quali sono i comportamenti a rischio e sostenerle in caso di esito reattivo.

Non esiste solo l’HIV. Assenti i servizi di screening anche per le più comuni clamidia, gonorrea, sifilide, condilomi anogenitali e herpes genitale, malattie la cui incidenza continua a crescere interessando in particolare i giovanissimi tra i 15 e i 24 anni e le donne. Le città, tra le trentuno mappate, in cui non è possibile testarsi gratuitamente sono: Barletta, Belluno, Catania, Lecce, Palermo, Reggio Calabria, Rieti, Siena Venezia, Viterbo.

La PreP, uno degli strumenti che in altri Stati sta portando a un enorme riduzione delle nuove diagnosi da HIV, viene proposta in 22 città su 31 ma solo a Milano c'è una sperimentazione che permette la somministrazione gratuita. Implementare questo strumento in ogni parte d’Italia porterebbe a un enorme beneficio in termini di salute pubblica.

Dentro questo labirinto di mancanze fioriscono gli episodi di discriminazione (su più della metà dei territori mappati) che colpiscono soprattutto le persone con Hiv. La parola ai pazienti: «Quando l’infermiera è venuta a conoscenza dello stato sierologico del mio compagno si è rifiutata di fargli una semplice iniezione. Aveva paura». «Ero in cura da un dentista che fissa l’appuntamento sempre alle sette di sera. Ho capito dopo che lo faceva perché a fine turno sanificava lo studio». Tutto questo nonostante la ricerca scientifica abbia da tempo dimostrato che una persona con Hiv, che segue regolarmente la terapia e ha una carica virale stabilmente non rilevabile, non trasmette il virus.

 

Di fronte a uno Stato che non vede o finge di non vedere - oltre al lavoro svolto in tutte le 31 città dai comitati arcigay - in 14 centri soggetti del settore hanno strutturato servizi dedicati alla promozione della prevenzione, benessere e salute sessuale: precisamente Catania, Ferrara, Firenze, Mantova, Milano, Modena, Padova, Pesaro, Reggio Calabria, Roma, Torino, Treviso e Varese. Questi servizi non si sostituiscono a quelli sanitari ma garantiscono da anni a tante persone che temono gli ospedali o che trovano difficoltà nei servizi di testing sanitari, di fare il test e avere informazioni in ambienti accoglienti e non giudicanti. La filosofia del buonsenso, l'Italia che "fa da sé" mentre la politica resta a guardare.