Tutte le correnti chiedono all’Anm una protesta contro la legge sulla giustizia. Ma gli scandali hanno indebolito la credibilità delle toghe. E l’opinione pubblica ha smesso di mobilitarsi

Magistrati pronti allo sciopero contro la riforma Cartabia. Non succedeva dai tempi di Silvio Berlusconi

Magistrati pronti allo sciopero contro la riforma della giustizia varata dal governo. Non succedeva dai tempi d'oro del premier imputato Silvio Berlusconi, quando le toghe si mobilitarono più volte contro le cosiddette leggi-vergogna, dirette ad abolire i reati dei ricchi (evasione, falso in bilancio), annientare le prove (rogatorie estere, intercettazioni) o fermare i processi a politici e ministri (immunità, lodo, scudo). Anni dopo, tutte le correnti ora tornano a chiedere all'Associazione nazionale magistrati di proclamare lo stato di agitazione e prepararsi a scioperare, dopo Pasqua, contro la riforma Cartabia, intitolata al ministro della giustizia del governo Draghi.

 

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Il testo di legge finale, rielaborato più volte fino alle ultime modifiche di sabato scorso, ha l'appoggio dichiarato di tutto l'ampio schieramento di forze politiche che sostengono il governo, che restano divise solo su qualche possibile emendamento. La riforma in cantiere prevede un nuovo sistema elettorale per il Consiglio superiore della magistratura, di tipo maggioritario, con due posti per ogni collegio, assegnato per sorteggio. Introduce la prima forma di separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con possibilità di cambiare funzione solo una volta, nei primi dieci anni. E stabilisce che i magistrati vengano giudicati anche in base al risultato finale dei loro processi, con un «fascicolo per la valutazione», affidato ai capi degli uffici, sui provvedimenti confermati o respinti nei successivi gradi di giudizio.

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La riforma è stata contestata da tutte le correnti della magistratura, per una volta unite, dai conservatori ai centristi, dagli indipendenti ai progressisti, con critiche severe che investono tutti i punti chiave. I rappresentanti delle toghe hanno spiegato, in particolare, che il maggioritario rischia di rafforzare, anziché indebolire, il potere delle correnti e di personaggi come l'ex magistrato Luca Palamara, indagato e radiato per lo scandalo delle nomine. Mentre certe norme varate in nome del garantismo potrebbero avere effetti controproducenti, con il pm a vita che perde ogni imparzialità e diventa inquisitore, o con il giudice di grado superiore che evita di annullare una condanna sbagliata per non danneggiare un collega amico, magari della stessa corrente.

 

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La riunione del direttivo centrale dell'Anm, che deciderà sullo sciopero o altre forme di agitazione, è fissata per martedì 19 aprile, lo stesso giorno in cui alla Camera è previsto l'avvio dell'esame finale della riforma Cartabia. Ma in questi anni il quadro politico e giudiziario è molto cambiato. In passato le proteste dei magistrati avevano raccolto l'adesione di una parte importante dell'opinione pubblica. Nel luglio 1994 il «decreto salva-ladri», che in piena Tangentopoli prevedeva il divieto di arrestare gli accusati di corruzione, fu ritirato dallo stesso governo Berlusconi, dopo la mobilitazione del «popolo dei fax» e la presa di distanze dell'allora ministro leghista Roberto Maroni. Nel quinquennio 2001-2006 le varie leggi-vergogna, contestate da movimenti di piazza come i girotondi, furono disapplicate nei tribunali e annullate dalla Corte costituzionale. Gli attacchi politici esterni finivano per rafforzare e ricompattare la magistratura. Negli ultimi anni, però, è esplosa una crisi interna, senza precedenti. Il correntismo, gli scandali, l'arretratezza e l'inefficienza del sistema giudiziario hanno corroso a poco a poco la credibilità della magistratura.

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Negli anni peggiori della nostra storia, quando l'Italia era dominata da mafia, terrorismo e corruzione, il lavoro dei giudici era molto più difficile e pericoloso di oggi. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri magistrati, da Palermo a Milano, da Torino a Roma, hanno dovuto sacrificare la vita per la giustizia. E sono diventati un simbolo ideale per una generazione di giovani magistrati e per tutti i cittadini onesti. Oggi come personaggio simbolo della giustizia italiana bisogna rassegnarsi a indicare il magistrato-deputato Cosimo Ferri, il capo-corrente che trattava le nomine giudiziarie con i politici indagati. E ora tratta la riforma della giustizia con il governo. Alle ultime elezioni delle toghe, ha vinto la sua corrente.

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