Attualità
26 luglio, 2025Dopo giorni di silenzio, l'archistar indagato nel nuovo filone sull'urbanistica della procura milanese affida ai social un lungo messaggio: "Quel warning a Sala non era una minaccia ma un allarme. I miei messaggi pubblicati in maniera decontestualizzata"
“Amo questa città. Sono un architetto e non un cementificatore”. Si chiude così, dopo giorni di silenzi, un lungo messaggio pubblicato sui social dell’archistar Stefano Boeri, tra gli indagati del nuovo filone dell’inchiesta sull’urbanistica della procura di Milano. “Nei giorni scorsi - ha scritto il “padre” del Bosco verticale - sono stato oggetto di una violenta campagna diffamatoria, dovuta in particolare alla diffusione di una serie di frammenti decontestualizzati di miei messaggi privati trasmessi agli organi di informazione prima che ai miei legali e al sottoscritto. Una situazione incresciosa, non nuova in Italia, che sull'onda di un processo mediatico trasforma in colpevole chi, come nel mio caso, è semplicemente coinvolto in un'indagine preliminare”.
“Su molti media - ha proseguito il presidente della Triennale di Milano - dei frammenti di miei messaggi sono stati pubblicati e tra loro montati in modo pretestuoso, senza alcun riferimento al contesto in cui erano stati formulati, così da suggerire un'immagine totalmente distorta della mia vita professionale e della mia storia privata. Il warning espresso in un mio messaggio al sindaco di Milano non era una minaccia, ma invece un vivo allarme per l’operato della Commissione Paesaggio del Comune, che continuava a bocciare il progetto della nostra Torre Botanica adducendo ragioni che non avevano nulla a che vedere con i compiti attribuiti alla Commissione stessa”.
Poi Boeri ha dello la sua - non tanto sulle inchieste in corso (“Resto convinto che l’unica sede di un qualsiasi processo giudiziario debba essere il tribunale”) - quanto sulle tante critiche, al di là della stretta cronaca giudiziaria, che sta ricevendo il modello-Milano: “Non serve all’Italia - per l’architetto - la demolizione di un modello, quello milanese, di governo della complessità urbana. Un modello che da almeno venticinque anni ha saputo produrre, grazie ad una serie di straordinarie accelerazioni, ricchezza per un intero Paese”.
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